RAI Archives - La Storia di Castel Bolognese https://www.castelbolognese.org/tag/rai/ Tue, 24 Feb 2015 20:57:38 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 Quando la Rai arrivò a Castello, ricordi dal 1954 https://www.castelbolognese.org/miscellanea/quando-rai-arrivo-castello-ricordi-dal-1954/ https://www.castelbolognese.org/miscellanea/quando-rai-arrivo-castello-ricordi-dal-1954/#respond Mon, 09 Feb 2015 22:28:38 +0000 https://www.castelbolognese.org/?p=4419 Spettacoli improvvisati e un ferro da stiro in palio, a 60 anni dall’arrivo della tv tre amici ripercorrono la vicenda Durante la nostra fanciullezza e adolescenza ci appariva come un miracolo il fatto che si potesse ascoltare direttamente qualcuno che ci parlava da molto lontano, ma dopo il 1954 il …

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Spettacoli improvvisati e un ferro da stiro in palio, a 60 anni dall’arrivo della tv tre amici ripercorrono la vicenda
Da sinistra: Rino Villa, Tonino Tronconi e Angelo Minarini

Da sinistra: Rino Villa, Tonino Tronconi e Angelo Minarini

Durante la nostra fanciullezza e adolescenza ci appariva come un miracolo il fatto che si potesse ascoltare direttamente qualcuno che ci parlava da molto lontano, ma dopo il 1954 il miracolo appariva ancora più grandioso. quando non solo le voci ma anche le immagini ci apparivano, anche se solo in bianco e nero, attraverso un apparecchio che si chiamava televisione.
In quel 1954 la Rai si diede molto da fare perché tutti conoscessero questo portento, che avrebbe cambiato totalmente il modo di vivere degli italiani, ed una sua squadra, sul finire del mese di agosto venne a Castello per incrementare la diffusione di questo nuovo mezzo di comunicazione. Allora ero impiegato in una ditta castellana esportatrice di frutta, mentre, nel tempo libero, recitavo nella filodrammatica del paese e fu per questa seconda ragione che venni contattato da Tino, l’attore decano della compagnia, che mi chiese di partecipare la sera ad uno spettacolo che la Rai avrebbe trasmesso, a circuito chiuso, a chi in paese un apparecchio televisivo, il cui numero, credo, si potesse contare sulle dita di una mano.
E quella sera in piazza Fanti, oltre all’autobus della squadra Rai che presentava documentari e documenti per illustrare i grandi progressi della televisione, venne eretto un palcoscenico improvvisato sul quale si esibì un ristretto numero di attori che presentò una serie di spettacoli vari, dalle romanze di musica classica a piccoli scherzi scenici, dalle barzellette alle zirudele, il tutto alla presenza di un numeroso pubblico che espresse il suo gradimenti con tanti applausi, anche a scena aperta.
Sono passati sessant’anni ed anche le memorie più resistenti hanno qualche lacuna, ma qualcosa è ancora nitido nei miei ricordi. Le romanze cantate da Marta Prelati, scomparsa nello scorso mese di luglio, che ogni volta sollevavano tante emozioni, le sgridate di Tino, deceduto nel 2004 a pochi giorni dal centesimo compleanno, gli incoraggiamenti di Emilio Gondoni e Albino Lanzoni, che si erano prodigati nell’organizzazione, anche loro non più tra noi. Ma due persone le ho trovate: Angelo Minarini, già allora affermato fotografo, che, oltre alle esibizioni sul palcoscenico, ha immortalato quelle immagini in uno scatto che venne poi pubblicato ne Il Resto del Carlino di martedì 31 agosto 1954; e Tonino Tronconi, che con una canzone, cantata allora con la voce roca tanto di moda nei cantanti di oggi, suscitò tanto divertimento e tanti applausi, da meritarsi alla fine il premio messo in palio da un rivenditore di elettrodomestici, per chi avesse avuto più successo: un ferro da stiro.
Ricordo bene anche la mia esibizione: indossavo una veste bianca e in testa una buffa corona composta da fiori di varie forme e colore. Ho recitato il monologo in dialetto romagnolo dal titolo L’orgia di Nerone, composto da Ugo Piazza di Faenza (fratello del Masì del Lunèri di smembar) per prendere in giro una mania che c’era a quel tempo, di voler andare a Cinecittà a recitare nel cinema. E a tal proposito emerge un curioso ricordo personale. Abbiamo detto che la piazza Fanti era gremita di gente. In mezzo a tante persone una ragazza, da poco trasferitasi a Castello da Solarolo, rivolgendosi alla sorella si espresse in commenti poco lusinghieri a proposito di quel “burattino vestito di bianco con i fiori in testa”… quella ragazza è diventata mia moglie.

Rino Villa

tratto da Il Nuovo Diario Messaggero del 30 agosto 2014

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Quando c’era il servizio opinioni della RAI… https://www.castelbolognese.org/miscellanea/quando-cera-servizio-opinioni-rai/ https://www.castelbolognese.org/miscellanea/quando-cera-servizio-opinioni-rai/#comments Mon, 09 Feb 2015 22:22:50 +0000 https://www.castelbolognese.org/?p=4417 Dopo l’avvio dei programmi televisivi nel 1954, la RAI (acronimo di Radio Audizioni Italiane, società che successe alla fascista EIAR nel 1946 e che proprio nel 1954 si trasformò in RAI – Radiotelevisione Italiana) impiantò al proprio interno un servizio opinioni per avere un ritorno sulla qualità e la quantità …

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Tessera di intervistatore rilasciata a Tristano Grandi per l'anno 1986

Tessera di intervistatore rilasciata a Tristano Grandi per l’anno 1986

Dopo l’avvio dei programmi televisivi nel 1954, la RAI (acronimo di Radio Audizioni Italiane, società che successe alla fascista EIAR nel 1946 e che proprio nel 1954 si trasformò in RAI – Radiotelevisione Italiana) impiantò al proprio interno un servizio opinioni per avere un ritorno sulla qualità e la quantità di ascolti nel Paese, specie per i costosi programmi televisivi. Per questo motivo la RAI nella primavera del 1958 pubblicò un bando per la ricerca di intervistatori part-time in molti Comuni italiani, tra i quali Castel Bolognese, cui rispose mio padre Tristano Grandi che iniziò il suo incarico nell’ottobre dello stesso anno, pochi giorni prima della mia nascita. Sempre dal 1958 fin verso la fine degli anni ’70 si alternò con lui nel ruolo di intervistatore, ogni 15 giorni, il maestro Sergio Zurlo.
Il sistema era semplice, seppur rudimentale, ma efficace tanto che, senza troppi cambiamenti, ha resistito per quasi quarant’anni: sulla base di un elenco di maggiorenni, maschi e femmine, scelti annualmente con determinati criteri dettati dalla RAI all’anagrafe comunale, il babbo riceveva ogni quindici giorni una lista di 60 nominativi, 30 maschi e 30 femmine che nei successivi 15 giorni avrebbe dovuto contattare in numero di 2 maschi e 2 femmine al giorno. A lui era lasciata la scelta di organizzarsi su chi intervistare prima o dopo nelle varie giornate, anche perché, almeno fino alla metà degli anni ’60, in casa nostra non c’era l’automobile e pertanto i giri in campagna, anche quelli impegnativi sulle colline di Serra e Campiano erano fatti tutti dal babbo in bicicletta (..ma era stato Tenente dei Bersaglieri!) in qualsiasi stagione. Ragione per cui magari i più lontani erano raggiunti in giornate col tempo più clemente, specie d’inverno, lasciando le interviste nel paese alle giornate più rigide o con la pioggia o nelle quali altri impegni scolastici lo occupavano. Per ogni intervista il babbo riceveva un compenso e, quando si motorizzò, anche il compenso chilometrico per le trasferte in campagna, nonché l’abbonamento gratuito al “Radiocorriere-TV” che in tutti quegli anni non è mai mancato in casa nostra assieme al settimanale “La Domenica del Corriere” prima ed “Oggi” poi.

Busta espresso con l'indirizzo della RAI

Busta espresso con l’indirizzo della RAI

L’intervista era abbastanza breve e richiedeva pochi minuti: una prima parte riguardava l’attività svolta nel giorno precedente dall’intervistato (dormire, lavorare, mangiare ecc.) e su questa veniva modulata la richiesta di specificare se avesse ascoltato la radio o avesse visto la televisione, in quali ore e quali canali. La seconda parte dell’intervista verteva sui gradimenti dei programmi radiofonici e televisivi, la terza riguardava la proprietà di apparecchi radiofonici e/o televisivi, elettrodomestici ed altro, mentre l’ultima parte era prettamente statistica sull’intervistato ed il suo nucleo familiare. Nei primi anni esse venivano raccolte in enormi fogli bianchi che a metà degli anni ’70 furono sostituiti da una modulistica oblunga, stampata in rosso e piena di caselle rotonde e quadrate che occorreva riempire con la biro: i risultati infatti all’inizio erano raccolti manualmente dalla RAI, mentre dopo subentrò una lettura ottica. Al termine dell’incarico quindicinale il babbo riuniva tutti i moduli compilati delle interviste fatte e li spediva alla RAI con “espresso” che spesso assieme andavamo ad imbucare direttamente in stazione, la domenica sera, al treno delle 22.30 nella apposita carrozza postale, vero e proprio ufficio postale ambulante che faceva servizio pubblico da Ancona a Bologna. Con il passare del tempo e l’aumento dei canali radio e televisivi quei moduli si fecero sempre più complessi e inclusero anche i dati relativi all’ascolto di TV e radio libere: qui da noi si vedeva la famosa “Tele Capodistria” che trasmetteva in lingua italiana e (scandalo!!) anche film osè nella notte.

Busta della RAI indirizzata a Tristano Grandi

Busta della RAI indirizzata a Tristano Grandi

Alcune volte, sia in bicicletta che con l’automobile, seguivo il babbo nel suo peregrinare; si pensi che fino alla metà degli anni ’70 una vasta zona della Serra era ancora priva di corrente elettrica e lì le radio (chi l’aveva) erano a pile. Nelle case di campagna, ove ancora erano molte le famiglie coloniche, l’arrivo del babbo, conosciuto da tutti anche per il suo lavoro di insegnante, era spesso una festa: non mancavano a volte il vino e gli zuccherini fatti in casa, anche perché di solito il dopo intervista si trasformava in una serie di richieste al babbo, vuoi perché magari era capitato nella casa di un suo scolaro, oppure perché gli venivano chiesti chiarimenti sul pagamento del canone televisivo ed altro. In paese, con famiglie più ristrette, l’accoglienza era sempre calorosa, ma diversa. Poi arrivò l’immigrazione, ed entrare nelle case si fece man mano sempre più difficile. Non mancarono gli incidenti: nella sua lettera di dimissioni il babbo ricorda “due morsi di cane: uno ad un polpaccio nella gamba sinistra, l’altro all’avambraccio sinistro, oltre a qualche vestito strappato” tuttavia egli afferma che “un importante aspetto positivo di questo lavoro è stato quello che mi ha permesso di entrare in contatto con tutte le realtà sociali del mio paese, mi ha permesso di visitare tuguri dove la miseria e anche la limitata igiene imperavano, così come in ville dove tutto manifestava splendore e ricchezza.” E prosegue: “un episodio mi è rimasto impresso in modo particolare: un giorno entrai in una casa che, vista dall’esterno, era sufficientemente accogliente e cercavo un componente di quella famiglia che abitava una stanza a pian terreno: erano imigrati dal meridione. Pochi arredi adornavano la stanza, c’era una tavola illuminata da una fioca luce a petrolio, attorno alla tavola una decina di persone: vecchi, giovani, bambini; tre generazioni. Sulla tavola una grande padella dalla quale ogni persona prelevava un po’ di cibo, lo portava alla bocca con la forchetta, unico piatto per tutta la famiglia riunita per la cena“.

Il "babbo" dell'Auditel

Il “babbo” dell’Auditel

Poi la necessità di avere sempre più in fretta informazioni sul gradimento dei programmi si fece pressante con l’arrivo delle TV commerciali. La RAI quindi d’un canto mantenne il servizio opinioni, ma richiese dai suoi intervistatori notizie più “fresche”; per questo motivo il babbo iniziò a trasmettere telefonicamente ogni sera, tra le 20 e le 21, i risultati delle interviste svolte nella giornata, poi arrivò nel 1988 un primitivo computer per la trasmissione telematica degli esiti. Dall’altro canto, la RAI sperimentò un marchingegno che, collegato alla TV di casa, e personalizzato per ogni componente di quella famiglia, raccoglieva in tempo reale e trasferiva a Viale Mazzini le notizie sui programmi visti nella giornata, insomma il babbo dell’AUDITEL.
Nel 1989, anche a causa di alcuni inasprimenti fiscali su questi lavori part-time, il babbo decise di rassegnare le dimissioni a partire dal 1° novembre di quell’anno. Gli successe per un breve periodo Luigi Simoni, ma già nel 1994 il meccanismo delle interviste era tramontato ed aveva lasciato il posto totalmente all’AUDITEL che tuttora imperversa e regna sovrano ed inappellabile sui destini dei programmi televisivi.
Il babbo, con orgoglio, ha potuto lavorare col “nonno” dell’AUDITEL per ben 36 anni ed ha sempre conservato di quell’impegno un graditissimo ricordo considerandolo sempre una matura ed edificante esperienza.

Paolo Grandi

Contributo originale per “La storia di Castel Bolognese”.
Per citare questo articolo:
Paolo Grandi, Quando c’era il servizio opinioni della RAI…, in https://www.castelbolognese.org

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