Liverani Archives - La Storia di Castel Bolognese https://www.castelbolognese.org/tag/liverani/ Sun, 23 Aug 2020 15:31:59 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 Relazione sulla formazione e sul funzionamento di una squadra di soccorso in comune di Castelbolognese https://www.castelbolognese.org/fatti-storici/xx-secolo/seconda-guerra-mondiale/relazione-formazione-funzionamento-squadra-soccorso-in-comune-castelbolognese/ https://www.castelbolognese.org/fatti-storici/xx-secolo/seconda-guerra-mondiale/relazione-formazione-funzionamento-squadra-soccorso-in-comune-castelbolognese/#respond Tue, 30 Sep 2014 19:49:01 +0000 https://www.castelbolognese.org/?p=4257 La proposta di creare una squadra di soccorso in questo Comune, risale all’agosto del 1944, ad opera del prefetto della Provincia e dell’ufficio Tecnico comunale. La pratica attuazione però si è avuta solo dal 30 novembre dello stesso anno, in seguito alle prime granate cadute nell’abitato del paese nella notte …

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La proposta di creare una squadra di soccorso in questo Comune, risale all’agosto del 1944, ad opera del prefetto della Provincia e dell’ufficio Tecnico comunale. La pratica attuazione però si è avuta solo dal 30 novembre dello stesso anno, in seguito alle prime granate cadute nell’abitato del paese nella notte dal 29 al 30.

La mattina del 30 novembre con lettera del Commissario Prefettizio del Comune, lo scrivente fu mobilitato civilmente ed inviato ad assumere il Comando di una Squadra di Soccorso, intesa al ricupero di morti e feriti dalle macerie, alla demolizione di muri pericolanti, alla puntellatura di coperti e di solai; in una parola, di aiuto a tutti i colpiti dalla guerra che aveva raggiunto la nostra zona.

Il sottoscritto nell’agosto 1944 inviato a fare parte di tale squadra, aveva declinato l’invito per ragioni di carattere politico, ma al 30 novembre, quando l’urgenza del soccorso batteva alle nostre porte, senza discussione accettava l’incarico affidatogli, soddisfatto di potere continuare anche da vecchio, la carriera di pompiere che aveva disimpegnato volontariamente per trent’anni, quale Vice e quale Comandante.

Alla data del 30 novembre la squadra consegnatagli era così composta:

1. Cavallazzi Arnaldo – Comando
2. Cupido Francesco
3. Impiduglia Filippo
4. Severi Giuseppe
5. Manna Luigi
6. Recchioni Eros
7. Cimatti Luigi
8. Serantoni Vincenzo

I primi tre risposero all’appello, gli altri cinque come da elenco non ubbidirono alla chiamata.

In breve sostituirà i disertori, in modo che fino dai primi giorni di funzionamento la squadra risultò composta dai seguenti elementi:

1. Cavallazzi Arnaldo – Comando
2. Liverani Ariovisto
3. Cupido Francesco
4. Impiduglia Filippo
5. Dalpozzo Armando
6. Piancastelli Carlo
7. Grazioli Oreste
8. Tampieri Antonio

Tale squadra riuscì anche dal lato tecnico essendo composta di tutti appartenenti all’arte muraria.

All’atto della formazione, ai componenti della squadra venne consegnato un bracciale con la dicitura ‘U.N.P.A.’ che ebbero cura di portare al braccio sinistro, per sottrarsi al lavoro obbligatorio imposto dai tedeschi. Fino dai primi giorni della formazione della squadra vi fu sempre qualcosa da fare: sopraluoghi, visite a cantine e rifugi, smorzamento di incendi, estrazioni di cadaveri dalle macerie, trasporto di feriti, nonchè puntellature, abbattimento di muri pericolanti, ecc., mentre la squadra era sprovvista di puntelli, senza scale, senza chiodame, né badili, né picconi, né corde. Agì sempre con mezzi di fortuna. I pochi militi di squadra, sprovvisti di ogni attrezzo, hanno dato quanto potevano delle loro forze, delle loro energie, esposti continuamente al pericolo e senza ricevere alcun compenso.

Al 15 gennaio 1945 il milite Tampieri Antonio cessò da ogni attività, mentre vennero assunti l’ing. Degiovanni Plinio, il rag. Dalprato Giovanni e Lanzoni Amilcare.

Il 22 gennaio 1945, il Comandante della squadra Cavallazzi Arnaldo venne ferito da scheggia di granata in piazza Camerini, mentre era diretto alla Canonica della Chiesa di S.Petronio, per ragioni inerenti alle sue funzioni. La scheggia che aveva colpito il piede sinistro, costrinse il Cavallazzi a venti giorni di letto, dopo i quali, zoppicante, riprese il suo servizio. Al riparo dei muri del Cimitero del Capoluogo essendovi appostata artiglieria tedesca, il cimitero era continuamente battuto da quella Alleata; difficoltà quindi per trasportarvi le numerose salme dei cittadini che cadevano quotidianamente o che morivano all’ospedale per ferite.

Anche in questo campo, la squadra si rese benemerita, accollandosi il trasporto dei morti.

In data 15 febbraio un nuovo milite venne a fare parte della squadra: Cani Aldo.

Il giorno 17 febbraio dopo un violento cannonneggiamento Alleato un generoso componente della squadra, Liverani Ariovisto, inviato in giro di perlustrazione nella zona colpita, rimaneva gravemente ferito da scheggia di granata. Portato dai colleghi e dai militi del Pronto Soccorso all’Ospedale di Imola, il giorno successivo vi decedeva.

Il Liverani, che lascia moglie e due teneri figli, fu compianto da tutto il paese e ricevette largo tributo di benevolenza dai militi della U.N.P.A. di Imola e specialmente dal loro Comandante sig. Ettore Mongardi. Per ragioni di sfollamento il milite Degiovanni ing. Plinio abbandonò la squadra, che alla data del 1° marzo restò così composta:

1. Cavallazzi Arnaldo – Comando
2. Cani Aldo
3. Cupido Francesco
4. Dalpozzo Armando
5. Dalprato rag.Giovanni
6. Grazioli Oreste
7. Impiduglia Filippo
8. Lanzoni Amilcare
9. Piancastelli Carlo

Castelbolognese, in principio della seconda decade di gennaio 1945, in seguito a richiesta di alcuni castellani veniva incorporata nella provincia di Bologna ed in seguito anche la squadra di Soccorso in oggetto fece richiesta di essere incorporata nell’organico Provinciale in una sua comunicazione diretta al Comando del distaccamento U.N.PA. di Imola che informava: ‘È stata ottenuta l’approvazione del Ministero dell’Interno di incorporare i componenti della squadra U.N.P.A. di Castelbolognese nell’organico del Comando Provinciale di Bologna a partire dalla data che stabilirà il Capo della Provincia e che verrà comunicata appena possibile. Il riconoscimento della squadra che non si era potuto ottenere dalla Provincia di Ravenna, in seguito agli avvenimenti bellici che ci aveva tagliato fuori da ogni comunicazione con la nostra Provincia era venuto attraverso quella di Bologna. La squadra locale assumeva il titolo di Distaccamento U.N.P.A. del Comando Provinciale di Bologna.

Il primo aprile veniva assunto un nuovo milite nella persona del perito industriale Ponzi Giulio.

In questo frattempo, la nostra squadra era stata fornita dal Comando Provinciale e da quello del Distaccamento di Imola, di qualche indumento, di vari attrezzi, di materiale per fasciature e di lacci di gomma. Man mano che la primavera avanzava anche le azioni belliche crescevano di intensità, il nostro territorio erasi trasformato in un campo di battaglia, ed il fiume Senio che dal lato sud dell’abitato dista appena 700 m., metteva a dura prova i gregari del soccorso.

Le truppe tedesche creavano continuamente imbarazzi ad il servizio era reso sempre più disagevole; i pochi militi erano continuamente impegnati a trasportare morti e feriti, a smorzare incendi che si sviluppavano anche a coppie, alla costruzione di muretti a secco sotto gli archi dei portici a protezione delle scheggie, alla distribuzione di calce per disinfezione ed a cento altri lavori, pur di rendersi utili alla popolazione.

Nei giorni che precedettero la liberazione furono ancora più intense le azioni belliche e gli sforzi della squadra vennero in conseguenza moltiplicati e solo a liberazione avvenuta, alcuni militi del Distaccamento si sentirono sciolti dagli impegni che volontariamente si erano assunti e così i gregari: Dalprato rag.Giovanni, Dalpozzo Armando, Impiduglia Filippo; ritornarono ai loro lavori abituali, che avevano abbandonato all’atto della iscrizione nella squadra di soccorso.

Il giorno 15 del mese di aprile una nuova disgrazia venne a colpire i superstiti del Distaccamento U.N.P.A.; il milite Cani Aldo, abile sminatore, dopo aver esposto tante volte generosamente la propria esistenza, incaricato di sminare un passaggio sul Senio, inciampava nell’ultima mina rimasta, rimanendo gravemente ferito. Trasportato all’Ospedale Civile di Faenza il giorno 28 aprile vi decedeva lasciando nella desolazione la moglie e l’unica figlioletta.

I superstiti del Distaccamento continuarono ancora a rendersi utili, a liberazione avvenuta, nelle molte esumazioni e nel ricupero di cadaveri giacenti sotto le macerie fino alla data del 15 maggio.

Dopo tale data l’organizzazione U.N.P.A. è da considerarsi sciolta.

Una parte del materiale avuto in consegna dal Comando Provinciale di Bologna è stata restituita, altro materiale è da ricuperare ed altro ancora è stato razziato dalle soldatesche germaniche.

Tutto il servizio dell’U.N.P.A. dal 30 novembre 1944 alla liberazione è stato compiuto gratuitamente.

Castel Bolognese, 30 maggio 1945

IL COMANDANTE DEL DISTACCAMENTO

Cavallazzi Arnaldo

(Documento conservato nell’Archivio privato Scilla Cavallazzi Liverani)

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Domenico Liverani (1805-1877), cenni biografici https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/personaggi/domenico-liverani-1805-1877-cenni-biografici/ https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/personaggi/domenico-liverani-1805-1877-cenni-biografici/#respond Tue, 10 Sep 2013 17:54:13 +0000 https://www.castelbolognese.org/uncategorized/domenico-liverani/ Domenico Liverani nacque a Castelbolognese il 31 agosto 1805 da Marco e da Luigia Pirazzoli. Fino da ragazzo aiutava il padre nel mestiere di salumiere e nello stesso tempo studiava nel locale ginnasio. In quegli anni si stava formando la banda, diretta da don Gaspare Scardovi, così che sentendosi trasportato …

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Domenico Liverani (53689 byte)

(Castel Bolognese 31 agosto 1805 – Bologna 20 maggio 1877)

Domenico Liverani nacque a Castelbolognese il 31 agosto 1805 da Marco e da Luigia Pirazzoli. Fino da ragazzo aiutava il padre nel mestiere di salumiere e nello stesso tempo studiava nel locale ginnasio. In quegli anni si stava formando la banda, diretta da don Gaspare Scardovi, così che sentendosi trasportato verso la musica si iscrisse seguendo le prime lezioni di clarinetto, strumento che prediligeva, e integrando con passione lo studio prendendo lezioni gratuite da Pietro Barbieri, persona facoltosa e suonatore di clarinetto. Questi, intuita la buona disposizione del giovane, provvide, assieme ad altri, ad iscriverlo al Liceo musicale di Bologna, nell’anno 1822.
Il Liverani ebbe suoi insegnanti i maestri Pietro Avoni, Benedetto Donelli e Stanislao Mattei, che lo istruirono pure nel suono del pianoforte e nella composizione. Superato il Liceo con pieno merito, si mise al lavoro anche per disobbligarsi verso i suoi benefattori, suonando e componendo musica per clarinetto, quando un inglese, alla cui figlia il Nostro insegnava piano e canto, consapevole del valore di lui, volle portarlo con sè all’estero affinchè fosse conosciuto ed apprezzato.
Infatti, a Parigi, a Londra e in tante altre città, incontrò enormi successi. Tornava per brevi soggiorni in Italia, specie a Bologna e nel suo paese e questo fino al 1838 quando la municipalità di Bologna lo chiamò per l’insegnamento in quel Liceo, osteggiato però da coloro che gli rimproveravano di avere composto un inno rivoluzionario sui moti del 1831, influenzato senza dubbio dagli ideali patriottici professati dalla famiglia Barbieri che aveva frequentato all’inizio dei suoi studi.
Ma i pochi detrattori non riuscirono nel loro intento. Il prestigio tanto alto raggiunto da Liverani e le illustri amicizie di cui godeva in Italia e in Europa, gli permisero di superare l’ostacolo. Fra queste amicizie annoverava il grande compositore Gioacchino Rossini, cantanti quali la Pasta, la Malibran, il Rubini, il famoso clarinettista Cavallini ed altri.

Diamo ora alcuni cenni sulla attività svolta da Liverani in campo musicale. Ne parla il ‘Dizionario universale dei Musicisti’ di Carlo Schmidl informando che Liverani fu autore di studi per clarinetto, di fantasie, trascrizioni per clarinetto e pianoforte e anche di un terzettino sull’opera ‘Il Trovatore’ per pianoforte, clarinetto e violoncello. Dalla ‘Cronaca di Bologna’ di Enrico Bottrigari apprendiamo che il Nostro, in occasione dei festeggiamenti allestiti nel 1847 per l’onomastico di Pio IX, diresse la banda civica che suonava un inno scritto dall’abate Garelli e da Lui musicato. Lo stesso cronista ci informa che il 21 giugno 1848, nell’anniversario dell’incoronazione del papa, venne eseguito dalla banda un lavoro di Rossini la cui strumentazione era stata scritta dallo stesso Liverani. Infine, dalla medesima fonte, mutati i tempi in quanto siamo nel 1860 a pochi mesi dal plebiscito che avrebbe unito l’Emilia-Romagna al Piemonte, sappiamo che durante le grandi feste organizzate a Bologna, venne cantato, alla presenza di Vittorio Emanuele II, “un inno allusivo alle circostanze, da ben sessanta signore vestite in bianco con fiori rossi dalle verdi foglie, collocate tutte sul palcoscenico. La musica, benchè conosciuta, risultò di molto effetto mercè la diligente premura del maestro Liverani che la diresse e l’abilità delle esecutrici”.

Liverani fu particolarmente dotato nell’allestimento di feste specie nel campo della musica, tanto che, in occasione dell’inaugurazione del monumento a Gioacchino Rossini, a Pesaro, gli fu concessa la cittadinanza onoraria e la Croce di cavaliere dell’ordine mauriziano per il prezioso lavoro svolto nell’organizzare le varie cerimonie. Di Lui si raccontava sapesse leggere la musica di primo acchito con la pagina capovolta.

Il nostro concittadino non dimenticò mai i suoi benefattori ed il paese dove si portava non appena i suoi impegni glielo permettevano. Non dimenticò nemmeno la Banda, da dove aveva mosso i primi passi della sua brillante carriera, inviando ad essa una cassetta piena di musica da lui composta.

Cessò di vivere a Bologna il 20 novembre 1876 (1) lasciando largo rimpianto.

(1) In realtà la data esatta di morte è il 20 maggio 1877, come risulta da uno studio più recente, datato 1993, dal titolo Domenico Liverani e Gioachino Rossini: testimonianze di un’amicizia dagli autografi rossiniani, a cura di Silvana Medini Damonte. La data di morte è ricavata dagli Atti dello Stato Civile, a. 1877, n. 866, conservati all’Archivio di Stato di Bologna.

Lettera di Gioacchino Rossini a Domenico Liverani (28441 byte)

Una delle tante lettere scritte da Gioacchino Rossini a Domenico Liverani, che testimonia la profonda amicizia esistente fra i due. Il testo della lettera è il seguente: “Carissimo Liverani, E’ con somma gioia e viva riconoscenza che io accetto la dedica del Grande Concerto per Clarinetto con orchestra da voi composto, questo lavoro alquanto fantastico ed a pari tempo sentimentale è degno del suo autore (che è il migliore de’ miei amici) a cui sono lieto di offrire una delle corone che freggiavano (jadis) il fronte di Rossini vostro. Passy de Paris 18 agosto 1865”

tomba liverani
Certosa di Bologna: tomba di Domenico Liverani (foto Soglia 2007)

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Certosa di Bologna: tomba di Domenico Liverani, particolare della lapide (foto Soglia 2007)

Testo tratto da: “Domenico Liverani, 1805-1876, e Domenico De Giovanni, 1844-1925: due prestigiosi musicisti castellani” / [testo, ricerche e scelte grafiche di Pietro Costa]. – Castelbolognese: Amministrazione comunale. Assessorato alla cultura, 1981.

N.B. La nota sulla data di morte è a cura di Andrea Soglia. La data, come segnalato, non risulta esatta nello studio di Pietro Costa risalente al 1981.

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Domenico Liverani (1805-1877), profilo biografico https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/personaggi/domenico-liverani-1805-1877-profilo-biografico/ https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/personaggi/domenico-liverani-1805-1877-profilo-biografico/#respond Tue, 10 Sep 2013 17:53:38 +0000 https://www.castelbolognese.org/uncategorized/domenico-liverani-1805-1877/ di Giuliano Castellari Il 13 agosto del 1805 nacque a Castel Bolognese Domenico Liverani, figlio di Marco e di Luigia Pirazzoli. Dice l’Emiliani, storico locale del XIX secolo “… La sua famiglia non possedeva un largo censo, ed il padre esercitava il mestiere del pizzicagnolo [salumiere] con probità ed onoratezza, …

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domenico liverani

Domenico Liverani (Castel Bolognese 13 agosto 1805 – Bologna 20 maggio 1877)

di Giuliano Castellari

Il 13 agosto del 1805 nacque a Castel Bolognese Domenico Liverani, figlio di Marco e di Luigia Pirazzoli.

Dice l’Emiliani, storico locale del XIX secolo “… La sua famiglia non possedeva un largo censo, ed il padre esercitava il mestiere del pizzicagnolo [salumiere] con probità ed onoratezza, e godeva anche, in Paese e fuori, una fama di buon pizzicagnolo. Il nostro Domenico quindi, compiuto il corpo grammaticale nel patrio Ginnasio, venne iniziato al mestiere del padre. Amando però egli con vero trasporto la musica, prediligendo fra tutti gl’istrumenti musicali il clarinetto, e, poco più che dodicenne, si fece inscrivere, come di questo istromento, alla Banda musicale, che si stava allora formando in Paese sotto la direzione di Don Gaspare Scardovi, esperto Maestro nell’Arte musicale…“.(1) 

Lì ebbe modo di apprendere il lessico musicale e grazie a Pietro Barbieri, un appassionato clarinettista locale, si affezionò a tale strumento.  La seppur breve applicazione lasciò presagire una spiccata musicalità ed un felice avvenire se tale passione veniva convenientemente coltivata con studi appropriati. Tale convincimento fu condiviso sia dal Barbieri come pure da altri castellani i quali gli sponsorizzarono gli studi presso il Liceo Filarmonico di Bologna. Detto Liceo era una nuova creazione frutto del pensiero anticonformista dell’epoca napoleonica, infatti nacque come da una costola della prestigiosa Accademia Filarmonica; una istituzione, questa, dal cui seno avevano preso lustro i maggiori musicisti europei. La patente che questa istituzione rilasciava apriva le porte di corti, teatri, accademie, scuole, salotti, cappelle musicali, ecc. in quanto gli Accademici docenti erano scelti fra i più prestigiosi, agli allievi non rimaneva che applicarsi, il risultato era garantito. 

Il Liceo Filarmonico di Bologna prese avvio il 30 novembre 1804 presso i locali dell’ex-convento di S. Giacomo(odierno conservatorio), lo storico Vettori ci informa che:
“… Nel 1798 il Direttorio Esecutivo della repubblica Cisalpina decretò la consegna alla Deputazione dell’Accademia Filarmonica di tutti gli oggetti e cimeli di musica risparmiati dall’avocazione ai beni nazionali, per essere custoditi nei locali del soppresso convento degli Agostiniani di San Giacomo Maggiore(ora sede del Conservatorio Musicale). All’Accademia Filarmonica fu inoltre commissionato un piano di pubblica istruzione che venne approvato dal Consiglio comunale di Bologna nelle sedute del 26 e 28 aprile 1804. In questo modo la secolare Accademia si eresse a scuola per il pubblico insegnamento della musica. 

Così il 30 novembre 1804, nei locali dell’ex convento, si diede apertura al Liceo Filarmonico. 
Erano gli anni in cui padre Stanislao Mattei, successore del Martini nella scuola di composizione, formava numerosi allievi, tra i quali si ricordano G. Donizetti, E. Morlacchi, G. Pacini ed il giovane Rossini, aggregato all’Accademia una prima volta nel 1806 come cantante, a soli quindici anni. Successivamente, varie difficoltà sorte nella gestione del Liceo tra maestri filarmonici ed esterni all’istituzione portarono ad una definitiva distinzione di ruoli tra Accademia e attività didattiche, sfociata nella creazione dell’attuale Conservatorio Statale “G. B. Martini…”. (2)

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Il Liverani iniziò l’anno scolastico nel 1822 e fino al 1824 fu allievo del maestro Petronio Avoni per la scuola di clarinetto, dal 1822 al 1827 del maestro Benedetto Donelli per la scuola di pianoforte e dal 1824 al 1827 del Padre Stanislao Mattei o. f. m. conv. per la scuola di composizione. A conclusione di quest’ultimo corso esordì col saggio intitolato “Avelina”, una cantata per Soprano, Coro e Orchestra, opera scolastica da cui è possibile scorgere la soda lezione contrappuntistica impartita dal Mattei, allievo del Padre Martini.

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Padre Stanislao Mattei

Gli elementi appresi saranno alquanto proficui, ne sono testimonianza le opere risalenti alla sua maturità e a noi pervenute.

Lo storico Emiliani dice che “…Aveva Domenico completati da pochi mesi il corpo liceale, e per sciogliere i suoi benefattori dall’obbligo che volontariamente si era assunto a suo riguardo, stava egli procurandosi un onesto guadagno, facendo lezioni private di Pianoforte e di Canto, quando un gentiluomo inglese, del quale il Liverani istruiva la figlia, volle condurlo seco, sebbene ancora giovane, a Parigi ed a Londra, perchè anche all’estero si rendesse noto il suo nome… Si trattenne poi ora nell’una ora nell’altra di quelle città, passando di trionfo in trionfo – non senza però far qualche breve visita all’Italia, a Bologna ed al suo Paese nativo(3) – … Giunto egli in Parigi col gentiluomo inglese, qui sopra ricordato, organizzò subito un Concerto musicale e pubblico a benefizio dei danneggiati in un incendio ad Amburgo, al quale Concerto, s’intende gratuitamente, presero parte, con altri Artisti, le celebri Pasta e Malibran(4)

La versatilità che il Liverani deteneva nell’uso del clarinetto, durante la permanenza all’estero, ha senz’altro facilitato incontri diretti con i protagonisti della scena musicale dell’epoca, non escluso il Rossini, di stanza a quel tempo a Parigi, come è pure probabile che ne abbia frequentato il salotto. E’ innegabile che frequentando l’ambiente culturale europeo ha avuto modo di comprendere l’importanza della patente di Accademico Filarmonico al pari di un titolo nobiliare come pure di uno strumento di accreditamento al pari di un lasciapassare. 

L’Archivio dell’Accademia Filarmonica custodisce il verbale della seduta del 16 marzo 1826 in cui si legge al punto 2):
Si Legge Petizione del Sig. Domenico Liverani di Castel Bolognese Professore di Clarinetto chiedente di essere aggregato all’Accademia nell’ordine dei Suonatori numerari = avendo il med.o prodotti tutti li documenti, e date tutte le prove richieste dallo Statuto; e trovandosi in prima regola, è stato posto il partito quale è risultato di tutti voti bianchi affermativi = perciò si è ordinato sia al medesimo spedita la Patente di accademico suonatore numerario, pagate però le spese in Z 5=20= oltre l’annua corrisposta di paoli trè per entrare nella Congreg.e del Suffraggio, dove è di già stato inscritto“.(5)

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Domenico Liverani

Dalle fonti storiche a noi pervenute il Liverani, nell’arte del clarinetto, dominava incontrastato nella sua Bologna quando Rossini ivi si trasferì definitivamente nel 1830 per le cariche conferitegli presso l’Accademia Filarmonica, è innegabile che fra i due si stabilì un vicendevole apprezzamento artistico, preludio di una amicizia filiale e duratura.
Nel 1831 riceve l’incarico dalla municipalità bolognese di sostituto del maestro Avoni, era quello un particolare momento storico, i moti risorgimentali esacerbavano gli animi, dice l’Emiliani che “… Il Liverani nel 1831, in una sua visita a Bologna durante un suo momentaneo ritorno in Italia, aveva musicato un Inno di guerra rivoluzionario…” (6) il Costa, altro storico locale, asserisce che fu “…influenzato senza dubbio dagli ideali patriottici professati dalla famiglia Barbieri che aveva frequentato all’inizio dei suoi studi…” (7), ma è altrettanto plausibile che per il solo amore della musica il castellano abbia messo mano a tale inno, sta di fatto che nel 1834 è vacante la cattedra di clarinetto e quell’inno costituì una macchia disonorevole sul percorso accademico del Liverani, l’Emiliani ci informa che “… l’opposizione partiva da alcuni uomini, alquanto influenti nella città, che aveva avversato il moto rivoluzionario di quell’anno, e che ascrivevano a peccato imperdonabile per il Liverani la composizione suddetta…”. (8)

L’amicizia del Liverani col Rossini, che in quel periodo godeva di fama per la propria professionalità e di prestigio per la carica che ricopriva nell’Accademia Filarmonica, hanno indubbiamente favorito il Liverani, visto che “… la Filarmonica ne sovrintendeva l’attività didattica con una propria Deputazione, mentre il Municipio era il responsabile amministrativo…” (9)

E’ opinione che il nuovo incarico accademico non lo distolse definitivamente dalla attività concertistica in ambito europeo, il 9 aprile del 1841 il Liverani scrive a Michele Costa, Direttore del Reale Teatro di Londra, presentando le proprie scuse per non potersvisi recare per indisposizione e ne allega anche la garanzia del Rossini.

Nel 1845 gli muore la madre; Rossini l’1 maggio inviò al Liverani, che si trovava a Ferrara, una lettera di condoglianze (10). Presumibilmente agli inizi del 1846 è a Roma assieme al celebre tenore Nicola Ivanoff (11), infatti il Rossini scrive a quest’ultimo il 12 febbraio e fra le altre cose ricorda di dire al Liverani “… rimanga pure per tutto il carnevale… ” (12).

Lo storico bolognese Bottrigari ci informa che nel 1847 è a Bologna per i festeggiamenti dell’onomastico di Pio IX, ne musicò un inno scritto dal Garelli e lo pose in esecuzione con la Banda cittadina (13)

Agli inizi del 1848 lo ritroviamo ancora a Roma assieme ad Ivanoff (14), Rossini scrivendo a quest’ultimo dice del Liverani che spera sia guarito della sua “morale malattia da cui era afetto negli ultimi giorni della sua permanenza a Bologna” (15), ma già a marzo è a Bologna in tempo utile per incontrarsi col Rossini prima che questi fugga a Firenze impaurito dai moti popolari

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Gioachino Rossini

In quell’anno ricorrevano pure le celebrazioni per l’anniversario dell’incoronazione del Papa, il Rossini, che aveva promesso ai notabili bolognesi il suo interessamento, si affidò al Liverani, prova ne è la seguente lettera “… ditemi se vorrete avere la bontà di mettere per la Banda l’accompagnamento del coro che a giorni vi manderò io non metto che l’accompagnamento di piano nel quale però indicherò tutti i colori…” (16) si trattò per il castellano di strumentare per banda quell’inno (17), doveva essere cantato da 200-300 coristi con altrettanti strumentisti ed eseguito in Piazza Maggiore od in alternativa sulla Montagnola la sera del 21 giugno (18-19), il Rossini fece stampigliare sul frontespizio la dicitura “Coro in Passo Doppio offerto alla Guardia Civica di Bologna da Rossini. Poesia del Av.to (20).
A proposito della strumentazione del Liverani, il Rossini dice “…Direte a Liverani che il Coro da lui Istrumentato fece buon esito alla Filarmonica [fiorentina] (21).

Nel 1852 il Rossini, chiede aiuto al Liverani “… Avreste ognora presso di voi quel Coro che voi sì magistralmente strumentaste nel Tempo degli assassini politici? Se ne potrebbe formare senza voci un Passo doppio per la Banda? Scrivetemi in proposito, vorrei contentare un impiegato del gran Sultano che non mi lascia vivere per questo oggetto…” (22), in data 11 marzo il Rossini ringrazia il Liverani “…. della cura Sollecita che presta per contentare l’Impaziente impiegato del Gran Sultano…” (23), il 29 marzo il Rossini scrive a Gaetano Fabi e dice “… Non intendo che Liverani soporti le spese di copia della musica speditami, io voglio esserle riconoscente per le sue premure e non già per le sue munificenze mi capite??? Salutatelo e ditele che ubbidisca L’anziano…” (24)
Il castellano è quanto mai attivo nella sua Bologna e non smette di far apprezzare l’opera rossiniana, nel 1848 lo si trova alle prese con un concerto in piazza a Bologna, nel 1853 dirige lo Stabat Mater nel palazzo dei principi Ercolani.

E’ altrettanto doveroso ammettere che pure il Rossini si presta ad accontentare il Liverani che è alla ricerca di un buon pianoforte, ne è testimonianza la lettera del giugno 1853 che il Rossini gli indirizza apostrofandolo “Celeberrimo Professore Enciclopedico in Musica” e dice “… Sono pure sventurato nel eseguimento delle vostre comissioni, avrà esaminato almeno duecento Pianoforti verticali senza trovarne uno ostabile …” (25)

In molteplici occasioni epistolari si riscontra il desiderio fra i due musicisti di trascorrere giornate assieme, in una di queste dice “… Ho Liverani con me e sono felicissimo di passare secoli qualche giorno…” (26) e successivamente dice ancora di ringraziarlo per i regali inviatigli per il suo onomastico e “… più di tutto avrei gradito la sua Persona, ma debbo contentarmi d’averlo posseduto per qualche giorno in Monte Catini…” (27)

Nel 1860, in occasione delle celebrazioni in onore di Vittorio Emanuele in visita a Bologna, il Liverani “… fu l’organizzatore ed il direttore della serata musicale, datasi al Teatro Comunale…” (28)

Nel 1864 la citt� di Pesaro si curò di celebrare il Rossini e in quella circostanza fu ancora il Liverani ad occuparsi dell’ aspetto musicale, dice l’Emiliani “…Egli fu uno dei principali organizzatori e direttori delle grandiosi feste fatte in Pesaro, quando in questa città fu inaugurato il monumento a Gioacchino Rossini, per la quale cosa ebbe poi egli il Diploma di cittadino di Pesaro e la croce di Cavaliere dell’Ordine Mauriziano…” (29) per l’impegno profuso in tutti quegli anni alla valorizzazione dell’opera del celebre compositore. 

Il Rossini, in più occasioni, scriveva al castellano scherzando sulla onorificenza concessagli (30) e in una delle ultime inviate dice “… Come vedete ora che Siete Cavaliere non vi do più del Minghino!…” (31), il Liverani desiderava che il Rossini continuasse a chiamarlo affabilmente come sempre, così quest’ultimo scrivendo al Fabi dice “…. Abbracciate Liverani e ditele avere ricevuta la sua lettera, e che ritornerò a chiamarlo Minghino…” (32)

La memoria del Liverani è ancora attualmente viva in seno all’Accademia Filarmonica bolognese, poichè lasciò in gestione un beneficio, disposto per testamento, tendente ad assegnare un premio annuo fra gli accademici professionisti, noto come Legato Liverani (33)

Desidero terminare questi brevi cenni biografici citando una lettera di Rossini al Liverani che porta la data Passy 29-8-1864 ed indirizzata a Minghino “… Voi foste per molti anni (e ne conveniste meco) un impetuoso ministro degli affari inutili, ora mi è caro dichiarare siete il Ministro Indispensabile della mia fama!! Mi è noto quanto avete oprato per l’organizzazione delle feste musicali che tanto mi hanno onorato nella Sola e Cara mia Patria Pesaro… Grazie dunque mio Minghino per le reiterate prove che mi date della vostra Romagnola affezione…” (34).

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Autografo di Domenico Liverani

Termino ricordando che il Liverani compose, con molta probabilità, nell’agosto del 1865 il suo capolavoro in musica: il Concerto in Do minore per Clarinetto e Orchestra e che dedicò a Rossini, così come risulta dalla lettera “…Carissimo Liverani E’ con somma gioia e viva riconoscenza che io accetto la dedica del Grande Concerto per Clarinetto con orchestra da voi composto, questo lavoro alquanto fantastico ed a pari tempo sentimentale è degno del suo autore(che è il migliore de’ miei amici) a cui son lieto di offrire una delle corone che fregiavano(Jadis) il fronte di Rossini vostro.” (35).

Il Liverani chiuse gli occhi al mondo il 20 maggio del 1877 a Bologna.

Note

(1) – Giovanni Emiliani, Cenni Storici e Biografici di Castelbolognese, manoscritto, Bibl. Com. Castel Bolognese, p. 268
(2) – Romano Vettori(a cura di), Accademia Filarmonica di Bologna,Alfa Studio Editoriale, Bologna, 2005, p. 25; cf. Nestore Morini, L’Accademia Filarmonica di Bologna(1666-1966), I, Fondazione e vicende storiche, Tamari Editori in Bologna, 1967, pp.133-137
(3) – G. Emiliani, op. cit., p. 271
(4) – G. Emiliani, op. cit., p. 273
(5) – Verbale II/5, pp. 200-201
(6) – G. Emiliani, op. cit., p. 272
(7) – Pietro Costa, Domenico Liverani e Domenico De Giovanni Due prestigiosi musicisti castellani, Amministrazione Comunale Castelbolognese, 1981, p. 9
(8) – G. Emiliani, op. cit., pp.272-273
(9) – Luigi Verdi, La Musica a Bologna Accademia Filarmonica. Vicende e personaggi, A. M. I. S., Bologna, 2001, p. 141
(10) – Lettera, Rossini a Domenico Liverani, “Celeb.e Professore di Clarinetto Ferrara”, Bologna, 1-5-1845
(11) – Lettera, Rossini a Domenico Liverani, “Celeb. Professore di Clarinetto Roma”, Bologna, 5-1-1846
(12) – Lettera, Rossini a Nicola Ivanoff, “Celebre Tenore Roma”, Bologna, 12-2-1846
(13) – Enrico Bottrigari, Cronaca di Bologna, I, Zanichelli, Bologna, 1960, p. 182
(14) – Lettera, Rossini a Nicola Ivanoff, “Celebre Tenore Roma”, Bologna, 10-2-1848
(15) – Lettera, Rossini a Nicola Ivanoff, “Celebre Tenore Roma”, Bologna, 4-3-1848
(16) – Lettera, Rossini a Domenico Liverani, “Celebre Professore di Musica Bologna”, Firenze, 10-5-1848
(17) – Lettera, G. Gaspari a Angelo Catalani, in questa lettera confidenziale ed alquanto critica nei confronti di Rossini, riguardo quell’inno dice:”…Mi si dice da persona che lo ha scorso, [si riferisce alla bozza autografa di Rossini] essere una cosa tenue, e per sovrappi� non istromentato; cosicchè ebbe incarico di metterlo a banda il prof. Liverani…”, Bologna, 15-6-1848
(18) – Lettera, G. Gaspari a Angelo Catalani, “…Fu poi disposto di eseguirlo con 200 voci e proporzionati strumenti da fiato o sulla piazza di Bologna, o nella Montagnola la sera del 21 prossimo cor.te onde solennizzare l’anniversario dell’incoronazione del Sommo Pontefice…”, Bologna, 15-6-1848
(19) – Lettera, G. Gaspari a [Angelo Catalani], conferma l’avvenuto concerto “… La sera del mercoledì scorso festeggiando Bologna l’anniversario dell’incoronazione del S. Padre, fu eseguito l’inno dal Rossini donato alla nostra guardia civica, essendosi nella pubblica piazza eretto un vasto ponte a parecchie gradinate per contenervi un trecento cantanti, e un numero parimente considerevole di strumenti a fiato…”
(20) – Lettera, Rossini a Nicolino[Nicola Ivanoff], Firenze, 24-5-1848
(21) – Lettera, Rossini a Gaetano Labi, Firenze, 6-7-1848
(22) – Lettera, Rossini a Domenico Liverani, Firenze, 4-3-1852
(23) – Lettera, Rossini a Nicola Ivanoff, “Celebre Artista S.P.M.”, Firenze, 11-3-1852
(24) – Lettera, Rossini a Gaetano Fabi, Firenze, 29-3-1852
(25) – Lettera Rossini a Domenico Liverani, “Celeberrimo Professore Enciclopedico in Musica”, Firenze, .. – 6 – 1853
(26) – Lettera, Rossini a Angelo Mignani, Montecatini, 14-7-1853
(27) – Lettera, Rossini a Nicolino[Nicola Ivanoff], Firenze, 28-8-1853
(28) – G. Emiliani, op. cit., p. 273
(29) – G. Emiliani, op. cit., p. 274
(30) – Lettera, Rossini a Domenico Liverani, “Compositore e Professore Distintissimo di Musica”, Parigi, 14-11-1864; nella lettera del 29-7-1865 porta l’intestazione “Compositore di Musica Cavaliere dei S.ti Maurizio e Lazzaro”
(31) – Lettera, Rossini [a Domenico Liverani], “Al Sig.r C.re Domenico Liverani Compositore e Virtuoso di Musica”, Passy, 29-9-1865
(32) – Rossini a Gaetanino[Gaetano Fabi], Parigi, 24-11-1865
(33) – Regolamento Interno della Regia Accademia Filarmonica di Bologna, Il Legato Liverani, punto 83-84, p. 13 del 13-11-1977
(34) – Rossini a Minghino[Domenico Liverani], Passy, 29-8-1864
(35) – Lettera, Rossini a Domenico Liverani, Passy, 18-8-1865,

Fonti

Lettere

– Civico Museo Bibliografico Musicale, Bologna
– Biblioteca Comunale “A. Saffi”, Forl�, Fondo Piancastelli
– Fabbri P., Rossini nelle raccolte Piancastelli di Forl�, Libreria Musicale Italiana, 2001
– Catalogo della mostra “Rossini nelle raccolte Piancastelli di Forl�”, 5 maggio 2001-3 giugno 2001 Lugo di Romagna a cura del dr. Sante Medri,

Manoscritti

– Emiliani G., Cenni Storici e Biografici di Castelbolognese, Biblioteca Comunale Castel Bolognese

Bibliografia

– Bottrigari E., Cronaca di Bologna, I, Zanichelli, Bologna, 1960
– Costa P., Domenico Liverani e Domenico De Giovanni Due prestigiosi musicisti castellani, Amministrazione Comunale Castelbolognese, 1981
– Medini Damonte S., Domenico Liverani e Gioachino Rossini Testimonianze di un’amicizia dagli autografi rossiniani, in Atti dell’Accademia Ligure di Scienze e Lettere, Vol. XLIX-1992, Genova, 1993,pp. 405-433
– Morini N. , L’Accademia Filarmonica di Bologna(1666-1966), I, Fondazione e vicende storiche,
– Verdi L., La Musica a Bologna Accademia Filarmonica. Vicende e personaggi, A. M. I. S., Bologna, 2001
– Vettori R.(a cura di), Accademia Filarmonica di Bologna,Alfa Studio Editoriale, Bologna, 2005, Tamari Editori in Bologna, 1967

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di Stefano Borghesi
tratto da Romagna Arte e Storia, n. 40 / 1994

Mons. Francesco Liverani
(Biblioteca comunale di Castel Bolognese, Fondo personaggi).

Mons. Francesco Liverani si spense nel 1894 a Cortona, ultima tappa di un esilio volontario in cui scontò le conseguenze di una presa di posizione anticonformista a favore dell’Unità d’Italia. Il Risorgimento nazionale costituì per lui, come per molti cattolici, un caso di coscienza, che affrontò con coraggio, ma senza fortuna.
Giordano Bruno diceva che quando il primo bottone dell’abito non viene abbottonato nel verso giusto, la successione dei rimanenti viene stravolta. Per il Liverani il bottone mal posto, che doveva aprire la sequela delle sue tribolazioni, fu la morte tragica e prematura del padre a Castel Bolognese, piccolo borgo di Romagna incuneato tra Imola e Faenza, ove il monsignore nacque il 22 febbraio 1823.
Nel 1831 il moto ordito da Ciro Menotti di Modena aveva innescato in Emilia, in Romagna e oltre un’insurrezione prontamente soffocata dall’intervento austriaco. Ma neppure la dura reazione di Gregorio XVI, appena salito al soglio pontificio, riuscì a spegnere il fermento rivoluzionario che faceva della Romagna una sorta di Vandea alla rovescia, continuamente turbata da violenti contrasti tra le fazioni avverse. L’assassinio di Paolo Liverani, padre di Francesco, fu uno dei tanti delitti consumati in quel clima insurrezionale. Il Liverani, sanfedista o “papalone” malvisto dagli avversari, fu colpito a morte da una fucilata al petto la sera del 31 luglio 1831 mentre recitava le orazioni affacciato ad una finestra della sua abitazione. Nell’inverno successivo i famigliari, duramente provati dalla luttuosa perdita, lasciarono Castel Bolognese per la vicina Imola, ove trovarono alloggio nel palazzo dei conti Tozzoni.
Nel febbraio 1833 fece solenne ingresso in Imola, per prendere possesso della Cattedra di San Cassiano, Giovanni Maria Mastai Ferretti di Senigallia, ex arcivescovo di Spoleto. Francesco, il più giovane dei maschi della famiglia Liverani, si attirò ben presto la benevolenza del nuovo vescovo, che lo convinse ad entrare nel seminario diocesano e, successivamente, lo mise in condizione di iscriversi all’Accademia dei nobili ecclesiastici di Roma, facendolo ammettere con i fratelli al ceto patrizio di Senigallia.
Quando dal conclave del 1846 il vescovo di Imola, nominato in precedenza cardinale, uscì eletto Papa Pio IX, si prospettò al Liverani, già membro dell’Accademia, una brillante carriera nella corte vaticana.
Fin dall’inizio del pontificato Papa Mastai lo gratificò con pubbliche manifesfazioni di amicizia, che sortirono gli effetti temuti dai molti invidiosi. Don Francesco, giunto nel frattempo alle soglie della laurea ad honorem e dell’ordinazione sacerdotale, fu nominato prelato domestico e insignito di molti altri titoli come quello di protonotario apostolico partecipante. Nel 1854 produsse uno dei risultati più consistenti dei suoi studi storico-letterari, ancora agli esordi ma promettenti: la pubblicazione di un trattato sulle reliquie della Natività conservate nella basilica romana di Santa Maria Maggiore, di cui era stato nominato canonico. Le accuse di plagio rivoltegli dai colleghi, il disaccordo con il cardinale Patrizi, arciprete della basilica messo in cattiva luce dal Liverani presso il papa per aver trascurato la disciplina, fecero divampare le ostilità mal celate. Il prelato romagnolo venne presentato come un uomo volubile, pazzo ed anche inaffidabile per presunte relazioni con persone sospette, tra le quali il mazziniano Aurelio Saffi da Forlì. Il Liverani, non favorito certamente dal suo temperamento impulsivo, fu sopraffatto dall’ondata di accuse e di malignità che raggiunsero l’obiettivo di inimicargli Papa Mastai.
Nel gennaio 1861 lasciò Roma e si portò esule volontario in Toscana. A Firenze frequentò il Gabinetto Vieusseux ove conobbe, tra gli altri, Giuseppe La Farina, Cesare Correnti, Alessandro Lamarmora. Da Firenze spediva al giornale piemontese “L’Opinione” una serie di articoli contro il cardinale Giacomo Antonelli, segretario di Stato (uno Stato ormai ridotto al solo Lazio) di Pio IX, inseriti poi tra i documenti in appendice al volume: Il Papato, l’Impero e il Regno d’Italia (Firenze, Barbèra, 1861). Nei capitoli quarto e quinto del libro l’autore attacca frontalmente il cardinale Antonelli e i suoi famigliari oriundi della Ciociaria, tra i quali il conte Filippo, governatore della Banca Romana: una vera e propria consorteria accusata di avere gettato “la rete su tutta Roma” e di avere trasformato il principato di Santa Chiesa in “una Società di traffico e di cambio”, ovvero in una sorta di tangentopoli del secolo scorso.
In queste pagine la vis polemica del Liverani tocca i vertici della sua veemenza, implacabile nel centrare i bersagli quanto quella di Lutero alle prese con “l’avarizia romana”. La denuncia degli scandali introduce alla tesi centrale sostenuta nel volume: la necessità da parte del papa di rinunciare al potere temporale, la cui funzione storica doveva considerarsi esaurita e di accordarsi con lo Stato italiano. Non è forse un caso che la pubblicazione coincidesse con la missione segreta affidata dal Cavour al Padre Carlo Passaglia, corifeo dei chierici antitemporalisti, nell’intento di risolvere pacificamente la questione romana.

La missione fallì e il Passaglia venne censurato. Il Liverani ne assunse le difese in un altro volume: La dottrina cattolica e la rivoluzione italica (Firenze, Barbèra, 1862), in cui scagliò gli strali acuminati della sua faretra contro il conservatorismo fanatico dei Gesuiti, i loro sofismi, i loro intrighi per fare definire dogma la necessità del dominio temporale pontificio. Negò inoltre al papa il diritto di emanare sanzioni canoniche per questioni politiche.
Il Liverani additava come vanto dell’Italia la compattezza del suo popolo nella credenza religiosa cattolica ed auspicava che questa solida tradizione spirituale e culturale fosse il germe del Risorgimento nazionale e sociale. Temeva che l’ostilità verso il patriottismo del popolo italiano potesse comportare la rottura della sua unità religiosa, mentre riconosceva che “le conquiste più splendide della fede sono in mezzo ai popoli più liberi”. Il suo pensiero politico, tuttavia, non può essere interamente compreso nella corrente del cattolicesimo liberale, condannato da Gregorio XVI nell’enciclica “Mirari vos” e affermatosi nell’età della Restaurazione con il Montalembert e il movimento dell'”Avenir”. Alcune convinzioni di fondo separavano mons. Liverani dal conte De Montalembert: il prelato di origine romagnola non condivideva del teorico francese la difesa del potere temporale e la formula “libera Chiesa in libero Stato”, ripresa poi dal Cavour in senso diverso.
Il Liverani può essere considerato un precursore della Conciliazione senza ignorare, tuttavia, i limiti della sua proposta: far rivivere il Sacro Romano Impero nella restaurazione dell’impero dei romani.
“La questione romana – egli scrive – sarebbe sciolta, sol che al titolo di Re d’Italia s’accompagni, col volere del pontefice, il titolo, il diritto e la corona d’Imperatore dei Romani” ed ancora auspica: “Non sia lungi il giorno, in che Vittorio Emanuele, novello Carlo, si presenti ad offrire al sepolcro di San Pietro l’Italia riscattata, e a prendere da quell’altare, per tanti secoli deserto, la corona dell’impero”.
Egli era profondamente convinto di non riesumare il misticismo medievale e di indicare alla rivoluzione italiana un obiettivo inserito nel percorso storico dell’Italia e compatibile con i tempi nuovi. Ma a distanza di tempo la sua proposta appare ancor più fragile e inconciliabile con il quadro politico dell’Europa moderna: un’utopia che non sapeva distinguere la sfera religiosa da quella politica e non si rendeva conto che l’alleanza trono-altare era storicamente superata. Per tali ragioni il Liverani non poteva essere compreso nè dagli intransigenti nè dai liberali. L’avversione dei suoi denigratori ebbe gioco più facile e il destino non poteva riservargli altro che solitudine ed oblio, per lui tanto più amari da sopportare quanto più aveva goduto degli onori e della protezione dei potenti.
La reazione dei Gesuiti della “Civiltà Cattolica” fu molto dura e gli scritti del prelato entrato in rotta con Pio IX sfuggirono all’Indice per l’intervento del cardinale napoletano D’Andrea, vicino ai liberali. Mons. Liverani venne privato di ogni carica e beneficio con l’aggravio dell’allontanamento dalla mensa eucaristica. La perdita del patrimonio lo costrinse a vivere in condizioni economiche disagiate.
Dopo aver lasciato Firenze, peregrinò inquieto per vari luoghi dell’Italia centrale, tra i quali Siena, Chiusi, Magione. La passione degli studi fu il solo lenitivo di tutti i suoi disagi. Innumerevoli nuove pubblicazioni evidenziavano una singolare vastità di interessi e di competenze. I soggiorni in Toscana lo stimolarono negli studi archeologici particolarmente rivolti ad individuare la chiave della lingua etrusca. Richiamandosi alle polemiche che seguirono il trattato delle reliquie di Santa Maria Maggiore, egli scrive: “D’allora in poi lo studio è diventato come una seconda natura e la dottrina l’unico respiro della mia vita… i libri sono stati il mio conforto, la mia consolazione e l’unico rifugio, nel quale ho trovato scampo in ogni calamità” .
Per i meriti scientifici acquisiti ricevette diversi riconoscimenti, tra i quali una onorificenza da parte dell’Imperatore d’Austria. Ma il riconoscimento più ambito venne da Roma, quando furono maturi i tempi in cui Papa Mastai potè ricredersi sull’illustre prelato. La riappacificazione con il pontefice ebbe luogo nel 1873 con la mediazione di una sorella dei Liverani stesso, superiora dell’Educandato di Fognano. La religiosa aveva ricevuto la vestizione dal cardinale Mastai Ferretti quando questi, nel 1846, sostò a Fognano, sulle colline di Faenza, durante il viaggio da Imola a Roma per recarsi al conclave. Per sua iniziativa, a conclusione di laboriosi preliminari, il fratello si decise a produrre una ritrattazione, in cui domandava perdono al papa anche per lo scandalo dato.
Prima dell’incontro che doveva suggellare la riconciliazione, il papa, informato che il monsignore era venuto a Roma ricoperto da poveri abiti, gli mandò il cardinale Nina con il sarto di palazzo per rivestirlo dalla testa ai piedi, ma il Liverani preferì presentarsi all’udienza indossando alcuni capi che aveva chiesto a prestito. Nel corso del colloquio, alla presenza del cardinale Nina, Pio IX risalì alle origini dell’amicizia, sottolineando che mons. Liverani “era figlio di tale, che era stato vittima della sua devozione verso la S. Sede” e ai canonici di Santa Maria Maggiore, venuti ad ossequiarlo per la festa di San Pio V, disse con sdegno: “Siete voi altri che mi avete fatto adirare contro il Liverani, ma egli è un galantuomo e voi siete una banda di ribaldi”. Garantì inoltre al prelato un assegno a vita, che contribuì solo in parte a sollevarlo dalle ristrettezze economiche. Il Liverani, tuttavia, non cedette all’invito di Pio IX che lo voleva ancora a Roma; gli assicurò la corrispondenza epistolare, ma restò fermo nel proposito di vivere per sempre lontano da quella città. Nel 1877 venne ad abitare a Cortona, ove rimase fino alla morte.
L’inserimento nel nuovo ambiente fu certamente molto difficile. In uno sfogo con il cardinale Nina, il Liverani lamenta: “Il vescovo di Cortona al quale feci una visita la prima volta che venni qua, dove trovai ancora l’amico Bartolini, non si è mostrato al mio ritorno quale avrebbe dovuto essere. Non voglio tediare V.E. con racconti prolissi. Io sono venuto a Cortona dopo essere stato affrontato in Magione dai framassoni in odio non della mia persona, ma della S. Sede e di S.S., quindi egli non dovrebbe essere mai causa per me di amarezza ed imbarazzi”. Ma sul conforto di Pio IX non poteva più contare. Da Roma gli giungevano notizie preoccupanti sulla salute del pontefice, che si sarebbe spento l’8 febbraio 1878.
Intanto a Cortona mons. Liverani portava in pegno l’orologio al Monte Pio e si scontrava con il clero locale. Significativo è il contrasto con il Padre Antonino Fioresi, dopo appena un anno di soggiorno a Cortona: “Nelle feste di S. Margherita -scrive il prelato- pregato dal P. Fioresi scolopio a soccorrere la nuova fabbrica, diedi quanto mi trovai di meglio alla mano e feci stampare un opuscolo, nel quale ingenuamente censurai quanto era stato scritto eziandio dai coetanei, intorno alla Santa. Questo ridestò un vespaio nel clero, che propose di rispondere; ma io prima che imbrandissero le armi ristampai il ragionamento con la giunta di altri tre che pongono in evidenza, quanto dubitando ed anche incespicando, era stato scritto nel primo ragionamento. Il p. Fioresi, a cui ne feci recapitare un esemplare, rispose insolentemente. Io stavo vicino alla stufa quando mi fu consegnata la sua lettera e senza replicare sillaba la gettai nelle fiamme”. Intervenne il rettore degli Scolopi per calmare le acque, ma lo sgarbo restò a conferma del pregiudizio alimentato nei confronti del prelato da parte non solo del clero, ma anche della gente di Cortona. Mons. Liverani aveva preso alloggio nel villino Marsili, ma si trovò a volte costretto a restare chiuso in casa, per evitare gli affronti. Dal contadino che gli lavorava l’orto alla guardia municipale venivano riportati pettegolezzi infondati. Le mormorazioni abbondavano soprattutto nel quartiere del Poggio. Un fanciullo con la complicità della madre diffuse turpi insinuazioni nei confronti del monsignore, che l’aveva rivestito e soccorso in quanto raccomandatogli dal priore di San Domenico. Le calunnie furono raccolte da ragazzacci, che non si trattennero dallo scagliare sassi contro le finestre del villino. Un giornale di Arezzo trasse pretesto da una banale questione letteraria, per ripetere le “novelle invereconde” che circolavano a Cortona e per svalutare lo storico, definito “liberale rinnegato e prete rinnegato”, “monsignore fatto, sfatto e rifatto”. Il Liverani annota: “La mano dei liberali insieme e dei retrivi faceva sbraitare tutti questi burattini”.
Non a caso egli evitò di lasciare a Cortona il poderoso manoscritto delle sue memorie, ampiamente documentato, che nel 1887 affidò invece alla nipote Paolina Gallerati di Imola, obbligandola ad aprirlo solo dieci anni dopo la sua morte. Da questa disposizione traspare la consapevolezza di avere raccolto una documentazione scottante, che il lettore scopre in tutto il suo valore storico, rimanendone fortemente colpito. Basti pensare ai giudizi espressi sulla figura e sull’operato del papa, che il memorialista intende presentare così come l’ha conosciuto: “Chi dicesse che Pio IX era altero e superbo, calunnierebbe e chi dicesse che era umile o sentiva bassamente di sè, mentirebbe. Egli era l’uomo delle contraddizioni e delle ripugnanze ed era tutt’insieme altezzoso e dimesso”. Sono riportati episodi incredibili come quello del Padre Giacinto, confessore del Cavour, obbligato da Pio IX a rivelare la confessione e molti altri dettagli scabrosi, riferiti ai momenti drammatici del pontificato, che ci presentano un papa volubile, influenzabile, non sempre coerente: “Pio IX era un angelo, ma non un galantuomo; Vittorio Emanuele era un galantuomo, ma non un angelo. Ecco perchè questi due uomini non hanno potuto incontrarsi insieme con gravissimo discapito e danno della Chiesa e della Patria”.
Mons. Liverani non intese schierarsi dalla parte nè degli adulatori nè dei denigratori: “Di Pio IX ho parlato con lealtà e franchezza, vivo e morto, e sempre con la riverenza dovuta alle somme chiavi. Perchè sarà sempre venerabile per me quel che fu da me venerato per cinquant’anni”. Alcuni non escludono che i suoi giudizi siano deformati dagli attriti personali e dai lati spigolosi del suo carattere; altri rilevano che le sue memorie manoscritte sono una fonte sfuggita alla stessa commissione incaricata del processo per la beatificazione di Pio IX. Si può tuttavia asserire che lo scandalismo alimentato intorno alla figura di mons. Liverani evidenzia che il prelato era tanto scomodo, da essere isolato e perfino ricoperto di disprezzo.
Quando a Cortona si svolsero i suoi funerali, un cronista del periodico locale “L’Etruria” annotò’: “Al corteo semplicissimo prese parte soltanto il Clero, la Misericordia e una piccola rappresentanza dell’Accademia Etrusca… I funerali riuscirono davvero meschini di fronte al merito dell’illustre Cav. Liverani. Le civili autorità e rappresentanze cittadine commisero la più vergognosa delle mancanze che mai può essere scusata al cospetto di un grande e autorevole cultore di studi come Francesco Liverani, la cui fama è nota per l’Italia”. Dell’estinto venivano elogiate le benemerenze nel campo degli studi, ma si ignorava l’adesione al Risorgimento.
Alla richiesta di informazioni da parte del Comune di Imola nel 1927, Cortona rispondeva che il prelato, nato a Castel Bolognese, era deceduto in Via Borghi n. 2, il 28 febbraio 1894 ed era stato sepolto con una semplice epigrafe nel Camposanto della Misericordia.
Oggi non resta più traccia nemmeno della tomba e i resti riesumati sono finiti nell’ossario comune come quelli di un uomo qualunque.

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Cortona, casa di vicolo Borghi n.2, dove mons. Liverani si spense il 28 febbraio 1894.

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L’opera di Domenico Liverani https://www.castelbolognese.org/miscellanea/arte-e-musica/lopera-di-domenico-liverani/ https://www.castelbolognese.org/miscellanea/arte-e-musica/lopera-di-domenico-liverani/#respond Tue, 10 Sep 2013 17:53:38 +0000 https://www.castelbolognese.org/uncategorized/lopera-di-domenico-liverani/ di Giuliano Castellari Allo stato attuale non esiste una catalogazione dell’opera del musicista, si è quindi cercato di reperire il materiale in più ambienti Museali e di Conservatori Musicali lasciando però la raccolta ad uno stato di ricerca aperta. Alcuni lavori eseguiti e ricordati nella sua biografia non sono a …

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di Giuliano Castellari

Allo stato attuale non esiste una catalogazione dell’opera del musicista, si è quindi cercato di reperire il materiale in più ambienti Museali e di Conservatori Musicali lasciando però la raccolta ad uno stato di ricerca aperta.

Alcuni lavori eseguiti e ricordati nella sua biografia non sono a noi pervenuti e quindi non sottocitati; dice l’Emiliani, nella biografia del Liverani, che “…Un giorno fu consegnata al Maestro della Banda di Castelbolognese una cassetta piena di buona Musica per Banda, sulla quale cassetta stavano scritte queste parole: Alla Banda del mio Paese – Castelbolognese. Quella cassetta, e quella Musica erano spedizione e dono del Professor Liverani.”(p. 274). Purtroppo non è dato attualmente sapere dove si trovano dette musiche.

OPERE

Clarinetto e Pianoforte

Melodie della danza caratteristica del popolo di Felsina concertate per Clarinetto e Pianoforte
dedica: A. S. E. La Principessa Teresa Simonetti, nata Marchesa Angelelli
Ed. Ricordi (lastra 25385)

Non v’ha rose senza spine
mazurka, coautore S. Golinelli Op. 125
per Clarinetto e Pianoforte
dedica: A Rossini
Ed. Ricordi (lastra 25149)

Frammenti di un album giovanile
1 –
2 –
entrambe concertate per Clarinetto e Pianoforte
Ed. Trebbi

Il lamento
Romance with an accompaniment for the piano forte
Ed. T. Welsh, London

Fantasia
concertata per pianoforte, clarinetto e fagotto
dedica: All’egregia Signora Clementina Bottrigari
Ed. Cipriani (lastra 930)

Canto e Pianoforte

Il ritorno
in Eco Felsinea
concertata per Soprano e Pianoforte
dedica: Al sommo Rossini da Valentino Zanotti
Ed. Ricordi (lastra 15657)

La fidanzata del paggio
Aria per Soprano e pianoforte
Testo di Salvatore Muzzi
dedica: Lady Adelaide Bingham
Ed. Canti (lastra 1082)

Clarinetto e Orchestra

Fantasia Terza sulla cavatina Niobe
concertata per Clarinetto e Orchestra
Ed. Cipriani (lastra 1720)

Avelina
cantata per Soprano, Coro e Orchestra
Saggio finale del corso di Composizione
per gli esperimenti del 6 Dicembre 1827
Manoscritto

Introduzione e variazioni
per clarinetto e orchestra(lastre 939-940)
dedica: All’esimio Professore Petronio Avoni
Ed. Cipriani

– Concerto
per Clarinetto e Orchestra in Do minore
Manoscritto

TRASCRIZIONI/VARIAZIONI

Clarinetto solo

– Six études mélodieuses pour clerinette d’après les opéras les plus célébres de Bellini, Donizetti, Rossini, Verdi, Donizetti, Rossini, Verdi
1 – Adagio finale, “Sull’orrida torre” dal Trovatore di Verdi (lastra 35366)
2 – Duetto, “Ai nostri monti” dal Trovatore di Verdi (lastra 35367)
3 – Terzetto,Guai se ti sfugge un moto” dal Lucrezia Borgia di Donizetti (lastra 35368)
4 – Quintetto, “D’un pensiero e d’un accento” dalla Sonnambula di Bellini (lastra 35369)
5 – Largo del Finale I, “Qual mesto gemito” dalla Semiramide di Rossini (lastra 35370)
6 – Tirolese, “Toi que l’oiseau” dal Guillaume Tell di Rossini (lastra 35371)
tutti per solo Clarinetto
dedica: A Rossini
Ed. Ricordi

Quartettino da I Puritani di Bellini
variazioni per Clarinetto
Ed. Lorenzi

Clarinetto e Pianoforte

– Due romanze di Schubert
1 – La serenata in FA minore (lastra 40311)
2 – Elogio delle lagrime in MI bemolle maggiore (40312)
entrambe concertate per Clarinetto e Pianoforte
dedica: Ai Nobili Coniugi Conte Francesco Isolani e Contessa Letizia Tattini
Ed. Ricordi

Duettino
dalla canzone TIRSI del M.° Rochetti Monteviti
concertato per Clarinetto e Pianoforte
dedica: A. S. E. La Principessa Maria Spada
Ed. Luigi Trebbi (lastra 113)

Melodia drammatica di Donizetti
concertata per Clarinetto e Pianoforte
Ed. Trebbi (lastra 186)

Melodia drammatica di Rossini
concertata per Clarinetto e Pianoforte
Ed. Trebbi(lastra 200)

Grande Duetto per due clarini del Maestro Pinsuti
concertato per due Clarinetti e Pianoforte
Manoscritto

– Due melodie del celebre Cav.e Rossini
1 – La promessa in Si bemolle maggiore (lastra 36661)
2 – L’invito in Re minore (lastra 36662)
entrambe concertate per Clarinetto e Pianoforte
dedica: Omaggio al mio illustre amico Professor Stefano Golinelli
Ed. Ricordi

– Suite des Etudes Melodiques
1 – A te o cara, quartetto dai Puritani di Bellini (lastra 41383)
2 – Donna gentil , canzone toscana del Bimboni (lastra 41384)
dedica: A Rossini
Ed. Ricordi

Melodie di Donizetti
1a parafrasi
2a parafrasi
concertate per Clarinetto e Pianoforte
dedica: Al Nobile Signore Antonio Lupo Parra
Ed. Ricordi

Cavatina dalla Traviata di Verdi
concertata per Clarinetto e Pianoforte
dedica: All’egregio dilettante Sig.r Pietro Cavalieri
Ed. Ricordi (lastra 25384)

Duettino
1 – Io resto fra le lagrime in Si bemolle maggiore
2 – Notturno da La serenata in Si bemolle maggiore di Donizetti
concertate per Clarinetto, Violoncello e Pianoforte
Manoscritto

Terzettino dal Trovatore di Verdi
concertata per Clarinetto, Violoncello e Pianoforte
Ed. Ricordi (lastra 27379)

OPERE RELIGIOSE

Deux Chant Religieux pour Clarinette avec accompagnement de Piano sur LE STABAT MATER de G. Rossini
1 – Cujus Animan (lastra 18575)
2 – Pro Peccatis (lastra 18576)
dedica: A Monsieur le Marquis Camille Pizzardi
Ed. Ricordi

Il ritorno di S. Giovanni Grisostomo
per Tenore “a solo”, Coro a tre voci(T 1; T 2; B) e Orchestra in Si bemolle maggiore
Manoscritto

Libera me Domine
per Tenore e Coro e Orchestra
Manoscritto

L’opera in onore di Domenico Liverani

Il ritorno di S. Giovanni Grisostomo di Domenico Liverani
per Tenore “a solo”, Coro a tre voci(T 1; T 2; B) e Orchestra in Si bemolle maggiore
riduzione a cura di A. Varotti per Clarinetto e Pianoforte opp. Organo
Milano, Conservatorio di Musica “G, Verdi”, 5/VII/2006

Concerto di Domenico Liverani
per Clarinetto e Orchestra in Do minore
riduzione a cura di A. Varotti per Clarinetto e Pianoforte opp. Organo
Faenza, 28/III/2006
Albino Varotti, o. f. m. conv.

Arethusa
Intermezzo per Clarinetto in Si bemolle con accompagnamento di Pianoforte
dedica: “Alla memoria dell’insigne Domenico Liverani, gloria d’Italia e vanto della città natale CASTELBOLOGNESE” Assisi, 30/XII/2005

Giuliano Ricci
Arethusa di A. Varotti
Intermezzo per Clarinetto in Si bemolle trascritto con accompagnamento di Orchestra di strumenti a fiato dal M° Giuliano Ricci direttore della Banda Città di Imola
(prima esecuzione assoluta avvenuta a Faenza nella Basilica di S. Francesco il venerdì 9 giugno 2006)

Stefano Golinelli
Toccata in Sol minore, Op. 48
per Pianoforte
dedica: Al mio illustre amico Cav.e D. Liverani
Ed. Ricordi (lastra 39490)

Stefano Golinelli
Improvviso Op. 20
per Pianoforte
dedica: A D. Liverani
Ed. Ricordi

Giuseppe Leonesi
Capriccio su motivi del Ballo in maschera di Verdi
per Clarinetto e Pianoforte
dedica: Dedicato al chiarissimo professore Domenico Liverani dal suo allievo Giuseppe Leonesi
Ed. Ricordi

DISCOGRAFIA

The Bel Canto clarinettist: seven operatic fantasies
by Cavallini, Liverani, Fasanotti/Spadina, Lovreglio and Dacci
Colin Bradbury, clarinet; Oliver Davies, piano
London, Clarinet Classics, 1996
CD

– Domenico Liverani
Brani per clarinetto e pianoforte
Corrado Giuffredi, clarinetto; Fausto Modugno, pianoforte
Tractus, 2006
TC 801201
CD

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