Ferlini Archives - La Storia di Castel Bolognese https://www.castelbolognese.org/tag/ferlini/ Mon, 19 Mar 2018 23:45:12 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 Il trebbo di Castel Bolognese del 13 marzo 1966 https://www.castelbolognese.org/miscellanea/vita-sociale/trebbo-castel-bolognese-del-13-marzo-1966/ https://www.castelbolognese.org/miscellanea/vita-sociale/trebbo-castel-bolognese-del-13-marzo-1966/#comments Sat, 18 Nov 2017 21:27:43 +0000 https://www.castelbolognese.org/?p=6156 testo tratto da La Piè, marzo-aprile 1966 Scriviamo a caratteri d’oro il Trebbo di Castelbolognese, la cittadina a noi prediletta perché consacrata dalla tradizione quale generoso asilo dove i viandanti sono dei graditi ospiti, quale nido di poeti e di eroi e dove la bandiera della libertà non è mai …

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testo tratto da La Piè, marzo-aprile 1966

Scriviamo a caratteri d’oro il Trebbo di Castelbolognese, la cittadina a noi prediletta perché consacrata dalla tradizione quale generoso asilo dove i viandanti sono dei graditi ospiti, quale nido di poeti e di eroi e dove la bandiera della libertà non è mai stata ammainata. Non avversi al moderno, rimangono i Castellani attaccati alle loro tradizioni, e proprio perché rimpiangono la loro Torre assassinata, guardano tutto ciò che rimane ancora di bello e di storico col fucile puntato e la baionetta innestata contro gli attentati alla composta armonia dei suoi palazzi, di chiese e di case, contro i patiti del grattacieli che sono riusciti, purtroppo, a rovinare tanti luoghi d’Italia, non esclusa la nostra Romagna.
Siamo stati ricevuti con signorile cortesia dal Sindaco Signor Nicodemo Montanari, che al saluto in vernacolo di Antonio Stanghellini rispondeva pure in vernacolo con altrettanta arguzia nel ricevere la pergamena ricordo, dipinta da Giannetto Malmerendi con la maestria che lo qualifica fra i maggiori artisti d’Italia.
Aldo Spallicci, forzatamente assente, non è forse stato mai tanto presente come lo era quel giorno nell’animo di tutti, desiderato, salutato con tanto affetto, e con lui la Signora Maria e la signorina Anna, sempre assidue partecipanti ai nostri raduni piadajôli. Ed a Spallicci è andato il più cordiale augurio di tutti, a lui artefice della rinascita e della meravigliosa affermazione delle caratteristiche più belle e nobili della Romagna. Al suo indirizzo hanno dedicato i piadajôli un particolare applauso per la sua conferma a Presidente dell’Associazione Nazionale Garibaldini, conferma per la quale il Presidente della Repubblica gli ha espresso il proprio vivo compiacimento, ed altrettanto hanno fatto molte personalità della politica e della cultura.
Centinaia di intervenuti da molte parti della Romagna e da altre regioni si sono trovati, dapprima in quella sala del Convento dei RR. Padri Cappuccini dove è allestita la magnifica Mostra d’arte Piancastelli; un insieme di opere di eccezionale bellezza, forse unica nel suo genere, allestita e custodita con grande amore e molta diligenza.
Dopo aver deposto una corona d’alloro al monumento che ricorda i Caduti per la Patria (le Vittime civili di guerra, ndr), e dopo lo scambio di saluti col Sindaco, questi ricambiava l’omaggio della pergamena con l’offerta di una medaglia d’oro-ricordo del Trebbo per l’On. Spallicci. Altra medaglia simile egli offriva alla poetessa Enrica Giarnieri Bolognini, nativa di Castello ma residente a Roma, che onora la sua Terra natale con una nobile attività letteraria e che, venuta a Castello in questa circostanza, declamava in Municipio, di fronte a molto pubblico plaudente, alcune sue liriche.

L’omaggio al Monumento alle Vittime civili di guerra. A destra sorregge la corona il “piadajolo” castellano Giuseppe Badiali (Archivio della Pro Loco, si ringrazia Paolo Grandi)

II sindaco di Castelbolognese affida ad Antonio Stanghellini la medaglia-ricordo del Trebbo offerta dal Municipio all’on. Spallicci. Sullo sfondo sono riconoscibili, a partire da sinistra, Oddo Diversi, Ubaldo Galli e Tonino Tronconi

Nicodemo Montanari e Antonio Stanghellini (Archivio della Pro Loco, si ringrazia Paolo Grandi)

Intervento di Antonio Stanghellini (Archivio della Pro Loco, si ringrazia Paolo Grandi)

Il sindaco Nicodemo Montanari consegna la medaglia-ricordo ad Enrica Giarnieri Bolognini (Archivio della Pro Loco, si ringrazia Paolo Grandi)

Enrica Giarnieri Bolognini mentre declama le sue liriche in aula consiliare. Dietro la poetessa è riconoscibile, con gli occhiali, Mario Santandrea

E’ stato, dal Municipio, gentilmente offerto un rinfresco, poi i piadajôli hanno consumato la colazione, ottimamente allestita nel noto Ristorante “Romagna” gestito dal forlivese “Elvino”. Si sono poi trasferiti nella grande Palestra dove hanno ascoltato e applaudito i poeti che hanno recitato composizioni in dialetto romagnolo. Ma prima hanno ceduto il posto alla poetessa Giarnieri, in qualità di ospite d’onore… in casa sua; allo scopo di rendere omaggio a Lei in occasione del suo momentaneo ritorno in patria, che ha volutamente coinciso col nostro Trebbo. E ad essa è stato consentito, eccezionalmente, di declamare versi suoi in lingua; il che ha fatto con vivace e appassionata voce, forse spinta particolarmente dall’argomento “castellano” delle sue liriche.
Le poetesse romagnole, cominciando dalia Signora Teresa Ricci Pazzaglia di Rimini, con le poesie: I scürs d’ la strèda e E Duturën, hanno dato l’avvio alle recitazioni in vernacolo. E’ seguita la Signora Maria Bertaccini Dogherìa di Forlì, con alcune delle sue poesie, sempre molto ricche di sentimento, la signorina Adriana Maria Belletti di Cesena con due poesie: Mërz, e Desidéri; la signora Giuseppina Baldini Subini di Cotignola, con: La vita dura, e Mama. Sono seguìti poi i signori uomini; primo il Dott. Giuseppe Pecci di Rimini, con: I do gazutïn; poi il vegliardo dall’anima di fanciullo: Edmondo Ferretti di Lugo, con: I nòstar dialèt; Gioacchino Viroli di Forlì, con: Sant’ énn fa; l’Avv. Giuseppe Casoni di Bologna, con: Sòta la lòna; il Dott. Vincenzo Strocchi di Faenza, con: Mo quand…, e Un surgatîn; Dario Paganelli di Forlì, con: Castelbulgnés; Ferruccio Tassinari di Dovadola, con: Rumâgna, e La biciclèta; il Dott. Domenico Penazzi di Bologna, con alcune delle sue trovate poetiche cariche di sano e vivace umorismo; Antonio Rossi di Cervia, con: A Bligny, e A Ravèna u’ n s’ trova piò un ravgnän; il Dott. Mario Santandrea di Castelbolognese, con: E mi Castel; il Dott. Domenico Minardi, pure di Castelbolognese, con: Matèna ‘d Nuvèmber, e Una fôla d’ una volta; Alberto Andreucci di Gatteo Mare, con: Daparmè, e Carità; Fausto Ferlini di Castelbolognese, con: La mi Torr, e Arcôrd ‘d Castèl vècc; Guido Magnani di Lugo, con: I du vcètt, e E suldadën. L’ infaticabile Ubaldo Galli, recitò da par suo alcune poesie di Spallicci, di Nettore Neri e di Enzo Guerra, e il Dott. Claudio Cerè di Imola, portò ancora una volta l’armonia della sua terra, già così bene espressa in tante poesie dall’indimenticabile padre suo; Ettore Baldini di Cotignola, con: La Buvëra, E Sbrazànt, e J’impiché; Alberto Bedeschi di Imola, con: A e sol, int’ i scalën, Turnénd da lavurë, e Riminiscënz; Leo Rimini di Faenza, con: Tramont, e Ricurd ‘d zuvantò; Giovanni Dongellini di Imola, con: Al côran e un môd ad dì, e Metereopatìa; Oddo Diversi di Castelbolognese, con: A man a man, e E Passador; Il nostro Prof. Federico Ravagli, la prima colonna, dop a l’Arzdôr, della Sucietë di Piadarül, non avendo potuto partecipare al Trebbo, aveva mandato una briosa poesia: Castelbulgnes; che fu letta, e cosi fu fatto per un’altra del forlivese Aurelio Orioli, residente a Parigi. Sorpresa piacevolissima, e fondata certezza della continuità dei nostri Trebbi è stata data dal fanciullo Valerio Brunetti che ha recitato una sua poesia intitolata: La Rumägna, e mi paés.
Giornata luminosa, indimenticabile.
Noi dobbiamo la più cordiale riconoscenza ai Castellani: Galli, Ferlini, Diversi, Minardi, Santandrea, Savelli, che si sono prodigati per l’ottima riuscita del Trebbo; alla Società Pro Loco di Castello, che ha donato a ciascun Piadajòlo una bellissima acquaforte, opera di Fausto Ferlini, raffigurante uno stilizzato panorama della vecchia “Castello”. Il fiorista Luigi Ricci, di Forlì, anche per questo Trebbo, come è oramai sua particolare cura dettata da molto buon gusto e da disinteressata amicizia verso i Piadajòli, ha riccamente ornato le tavole con svariate composizioni di fiori, ed i suonatori Giacomo Berardi e Corrado Fabbri hanno allietato il viaggio e altri momenti della giornata con le vecchie e sempre assai gradite arie che richiamano le care tradizioni romagnole.

Il cartoncino con il panorama del vecchio Castel Bolognese, opera di Fausto Ferlini, offerto dalla Pro Loco ai partecipanti al trebbo

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Fausto Ferlini (1917-1992) https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/fausto-ferlini-1917-1992/ https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/fausto-ferlini-1917-1992/#respond Tue, 10 Sep 2013 17:53:46 +0000 https://www.castelbolognese.org/uncategorized/fausto-ferlini/ Pittore ed incisore. Nel 1929 frequentò, presso l’Istituto Tecnico “F. Alberghetti” di Imola, un corso di tre anni per ebanista intagliatore perfezionandosi in seguito presso Giuseppe Pelvi (noto falegname del Paese). Portato alla pittura apprese i primi insegnamenti dal prof. Cassiano Balducci superando, nel 1934, gli esami di ammissione al …

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Pittore ed incisore. Nel 1929 frequentò, presso l’Istituto Tecnico “F. Alberghetti” di Imola, un corso di tre anni per ebanista intagliatore perfezionandosi in seguito presso Giuseppe Pelvi (noto falegname del Paese). Portato alla pittura apprese i primi insegnamenti dal prof. Cassiano Balducci superando, nel 1934, gli esami di ammissione al “Liceo Artistico” di Bologna. Allievo di G. Romagnoli, di G. Morandi e di G. Pizzirani si diplomò nel 1941 presso l’accademia di Belle Arti di questa città. La sua vasta produzione artistica ha praticamente avuto inizio nel 1947 dopo il ritorno dal servizio militare. Era definito il pittore poeta per aver scritto bellissime poesie in dialetto romagnolo e questo animo poetico traspare nei suoi dipinti e nelle sue incisioni. Raffigurava in prevalenza nature morte e paesaggi della sua terra nelle varie stagioni dell’anno in un’atmosfera che solo un poeta poteva immortalare. Le sue molteplici opere sono conservate in collezioni private di Bologna, Milano, Roma, Forlì, Lugo di Romagna, Faenza, Imola e Castel Bolognese.

Mostre personali: 1964 e 1967 Rovigo, 1968 Imola, 1972 Faenza, 1975 Bologna, 1975 e 1977 Lugo di Romagna, 1989 e 1991 Castel Bolognese e 1990 Casola Valsenio.

Biografia tratta da: Artisti di Castel Bolognese: personaggi scomparsi dal 16. al 20. sec. / Valentino Donati, Rosanna Casadio. – Imola : Santerno edizioni, 1998. (Catalogo della mostra tenuta a Castel Bolognese nel 1998.)

Fausto Ferlini mentre dipinge sulle colline romagnole nell’aprile del 1989 (si ringrazia Valentino Donati per la fotografia)

Fausto Ferlini mentre ritrae gli amici Valentino Donati e Stefano Borghesi nell’aprile del 1989 (si ringrazia Valentino Donati per la fotografia)



Fausto Ferlini

di Stefano Borghesi

Un ciliegio fiorito, una bella macchia di bianco sul fondo verde, si faceva ammirare da Fausto Ferlini, quando alla finestra del suo studio lo sguardo poteva spaziare nella campagna non ancora invasa dal cemento.
Giovanni Romagnoli associava il ricordo di Ferlini, spesso da lui incontrato a Castelbolognese, a quello spettacolo della natura, che aveva contemplato con lo stesso entusiasmo del suo ex allievo, del quale condivideva l’amore per le “cose semplici e buone”
La scuola del Romagnoli, frequentata all’Accademia di Bologna dal ‘36 al ‘41, rivive nel pittore castellano con una fedeltà non disancorata da rielaborazioni e intuizioni personali. Ferlini accoglie dal maestro la poesia del colore, che è anche poesia delle cose quotidiane riscoperte nel silenzio e nel raccoglimento, ma assimila altre esperienze (macchiaioli ed impressionisti) in un dettato pittorico che valorizza le possibilità del colore e in una tecnica dell’incisione (acqueforti e punte secche), in cui la sua creatività di artista, del tutto svincolata dall’insegnamento di Giorgio Morandi, tocca i vertici di una spiccata originalità. La pittura raffigurativa di Ferlini è il retaggio di una scuola classica che si incontra con il moderno, ma che spesso ha pagato con l’isolamento la diffidenza verso le esperienze avanguardiste. La sua proposta, tuttavia, risulta sempre rivoluzionaria, quando l’arte non ha più niente da dire e si annichilisce nella mera tecnica. Il figurativismo diventa allora il richiamo alla natura e all’ambiente realmente vissuti, che il sentimento del colore recupera nel loro autentico significato. I temi più cari a Ferlini sono le nature morte ed i fiori, esempio di una pittura dal vero che sfuma i toni del colore con effetti di morbida luce ed identifica una natura soggettivamente esperita, senza contorni definiti. Ci sono poi i ritratti delicati e le rappresentazioni del nudo di donna, lieve e soffice, che recupera contro l’edonismo l’idealizzazione della femminilità. I paesaggi, quelli soprattutto ispirati alla campagna romagnola, si fanno ammirare per il loro nitore raffigurativo, che sembra rimproverare alla modernità tutto ciò che ha inquinato o distrutto; gli interni famigliari, affettuosamente visitati, stupiscono come le rappresentazioni del presepe, in cui il pittore spesso si cimenta, stimolato dal desiderio recondito di dedicarsi solo all’arte sacra. La poetica di Ferlini riflette l’esigenza di preservare la serenità in un mondo che si lascia contemplare come la macchia bianca del ciliegio fiorito, fatto di cose belle e gentili, in cui riposano le memorie più care, sottratte alle frenesie dei tempi nuovi. Questo mondo si restringe spazialmente nella realtà del paese natio, ma diventa sconfinato quando Castello viene fatto rivivere dalla fantasia. Si trasformano allora in figure mitiche anche i popolani castellani, liricamente rievocati nel disegno a penna o nella prosa e nel verso dialettale, spogli di edulcorazioni retoriche, punti di forza di una produzione letteraria che l’autore, per la sua riservatezza, preferisce conservare inedita.
Non sembri arduo accostare la pittura di Fausto Ferlini alla narrativa serantiniana. Con Francesco Serantini il pittore castellano condivide le origini nella stessa realtà paesana, il ricordo appassionato di uomini e di tradizioni che avevano come cornice una solida cinta di mura turrite e fortificate, pervenute pressoché integre fino alla fine del secolo scorso, quando Monsieur Yriarte, un giornalista francese casualmente capitato a Castelbolognese, ne celebrò le caratteristiche paragonandolo ad una “miniature de Missel ltalien”. La fisionomia tardo medievale del Castello conservava ancora le tracce di una storia risalente alle vicende delle Signorie di Romagna, alla grandezza e alle nequizie dei Borgia, rivisitata dal Serantini stesso fino alla scoperta delle origini ufficiali: 13 aprile 1389.
Il confronto risulta più significativo se si considera che Serantini e Ferlini, rispettivamente nella narrativa e nella pittura, compiono una fusione tra il classicismo che è alla base della loro formazione culturale e il mondo della provincia con le sue memorie e i suoi colori. Essi interpretano l’umanità delle persone semplici, le loro vicende, lo sfondo paesaggistico con una stessa misura, che non consente eccessi enfatici e traducono in arte quei contenuti con la stessa immediatezza con cui potrebbe descriverli il vernacolo castellano.
In entrambi c’è la ricerca, sul filo della memoria, di volti e di luoghi perduti, come la torre trecentesca distrutta dagli eventi bellici, celebrata dal Serantini con un rimpianto venato di malinconia leopardiana: “Vaghe stelle dell’Orsa, guardie dei piloti, nel cielo del mio paese voi stavate a picco sopra la torre”. La torre era l’emblema più amato della storia e delle tradizioni patrie. Ad essa si richiama Fausto Ferlini nel grande olio su tavola donato al Municipio in occasione del sesto centenario della fondazione di Castelbolognese. Il quadro rappresenta l’approvazione del modellino della torre da parte del senato bolognese e la benedizione della posa della prima pietra. La raffigurazione è tutta dettata dalla fantasia. Il giudizio storico potrebbe addirittura contestare la presenza, a quei tempi impossibile, di frati cappuccini. Ma a Ferlini questo non importa, così come al giudizio estetico non importa che il Carducci faccia erroneamente tramontare il sole dietro al Resegone. Il pittore ci ha dichiarato con una amarezza non ancora dominata: “Non potevo ignorare quattrocento anni di presenza francescana a Castelbolognese bruscamente ed inspiegabilmente interrotta”. I cappuccini sono legati ai ricordi più belli dell’infanzia, sono i simboli di una fede che come l’arte privilegia le cose più semplici.
Il quadro, che ha il respiro di un grande affresco, sintetizza le aspirazioni di Ferlini uomo ed artista. La posa della prima pietra della torre è un rito semplice e solenne ad un tempo, che abbraccia insieme clero, senatori e notabili in vesti curiali, popolani ignudi. Ma anche in questo caso il vero protagonista e il colore, gaio e freschissimo in primo piano, che sembra sciogliere un inno ad un Castello lontano nel tempo, intravisto sullo sfondo, con toni più spenti, in un abbozzo del suo profilo medievale, piccolo pantheon dei fantasmi più cari. Riaffiora la rimembranza serantiniana: “Andremo con questi ippogrifi fin nella luna dove incontrerò tutti quelli che non ho visto oggi e la mia giovinezza fiorita… tanto, qui senza la torre non saprei ritrovare le stelle dell’Orsa che, ricordi, ci scintillavano sopra”.

Piccola galleria di opere di Fausto Ferlini

Fausto Ferlini poeta: registrazioni audio con declamazioni di sue poesie

 

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Fausto Ferlini: Ricordi Scolastici https://www.castelbolognese.org/storie-di-persone/fausto-ferlini-ricordi-scolastici/ https://www.castelbolognese.org/storie-di-persone/fausto-ferlini-ricordi-scolastici/#respond Tue, 10 Sep 2013 17:53:46 +0000 https://www.castelbolognese.org/uncategorized/fausto-ferlini-ricordi-scolastici-di-paolo-grandi/ Per tanti anni il professor Fausto Ferlini è stato insegnante di disegno nelle scuole medie di Castel bolognese, ove intere generazioni di castellani hanno imparato quell’arte; tra questi ci sono stato anche io che, ora come allora, non ero molto dotato nel disegno figurativo ove lui, allievo di grandi maestri italiani, …

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Per tanti anni il professor Fausto Ferlini è stato insegnante di disegno nelle scuole medie di Castel bolognese, ove intere generazioni di castellani hanno imparato quell’arte; tra questi ci sono stato anche io che, ora come allora, non ero molto dotato nel disegno figurativo ove lui, allievo di grandi maestri italiani, eccelleva e molto pretendeva dai suoi allievi. Eppure, tra alti e bassi, collezionando via via che passavano i trimestri lo striminzito 6 in disegno (che faceva il paio a quello in ginnastica …) sempre datomi “per misericordia” come ricordava il professor Ferlini a mia zia Virginia. La sua figura, quasi un burbero benefico, mi è rimasta nei ricordi molto chiara e con tanto affetto scrivo queste righe.

Il tiro della cimosa e i bestioni preistorici

Sulla scrivania di Fausto Ferlini non mancavano mai una o due cimose di feltro, di forma rettangolare o rotonda, comunque senza manico di legno, che venivano da lui utilizzate sia per cancellare quanto scritto sulla lavagna sia per cancellare … i mormorii della classe! Sì, perché il professore pretendeva attenzione assoluta alle sue lezioni e se qualcuno disturbava, lui fermava la lezione, cominciava una sequela litanica che spesso comprendeva il “bestione preistorico da cinquecentocinquanta zampe più quelle di scorta” e proseguiva con animali a numeroso teste, corna, ali ovvero equini da soma o con lunghe orecchie sempre ben forniti di zampe od altro. E mentre la litania continuava partiva come un missile verso il malcapitato scolaro disattento una delle cimose. A quel punto, che fare? La mira del professore infatti era perfetta ed il bersaglio veniva colpito 99 volte su 100. Poiché i banchi della sala di disegno avevano un grande piano mobile di legno, quasi fossero tavoli da progettazione, ma erano avvicinati tre a tre, se sedevi in quello centrale l’unica via d’uscita era, sempreché la mossa fosse celere, sgattaiolare sotto il banco e vedere la cimosa colpire il malcapitato compagno del banco dietro, che magari seguiva la lezione in religioso silenzio; se eri di lato il gioco era un po’ più semplice, ma la conclusione era la medesima: pulire il compagno incolpevole che si trovava stampata la cimosa sul maglione o in faccia e dopo un tuonante “e adesso bestione vai fuori!” prendere commiato ed uscire dall’aula.

Le pecore “pullman”, le marmellate e gli stracci lavati

Come ho detto, ero e sono tuttora assolutamente negato per il disegno ornato e figurativo. Quindi, quando si trattò di dipingere il presepe, fu un vero dramma. Iniziai a disegnare alcune pecore, con somma attenzione e spirito di dettaglio, posi le quattro zampe in fila, una dietro l’altra e sopra disegnai il corpo dell’animale; il risultato non fu un granché: le pecore assomigliavano al cane dell’AGIP da quanto erano lunghe: presentai il disegno al professor Ferlini che mi apostrofò: “cos’hai disegnato le pecore pullman? Non vedi che sopra ci stanno dieci persone?” La favola delle pecore pullman fece il giro della scuola.
Così come non ero in grado di disegnare le pecore, all’inizio facevo una gran fatica ad adoperare i colori a tempera. Per la mia atavica paura di sporcarmi (… per chi non lo sapesse, d’estate mia mamma mi vestiva tutto di bianco e mi ordinava di non sporcarmi …) mescolavo pochissimo i colori che così rimanevano densi e stavano in rilievo sulle parti dipinte, tanto che i miei “quadri” furono battezzati “le marmellate”. Ma poi imparai a sciogliere il colore… forse troppo bene perché a quel punto i miei fogli colavano di colore! E così le marmellate diventarono stracci lavati che Ferlini mi ordinava di passare sopra il termosifone ad asciugare prima di farglieli vedere.

Il giorno libero del venerdì

In tutta la sua carriera scolastica nessun Preside, neppure il severissimo Peppino Petralia, di cui noi ragazzini avevamo paura (!) gli riuscì mai a far cambiare il giorno libero: il venerdì. C’era un motivo: in quella giornata, dedicata al “mangiare di magro”, Fausto Ferlini si dedicava religiosamente alla cucina per preparare ottimi manicaretti di pesce. La sua giornata iniziava presto e lo si poteva incontrare al mercato coperto per una minuziosa visita al pesce esposto e poi al suo acquisto. Si fidava solo dei venditori castellani, che nel grande bancone di marmo fatto ad U posto tra le uscite su via Rondanini vedeva sulla destra Fausta ed al centro Isolina sempre aiutata dalla figlia Maria Armiento e spesso dagli altri figli Elio ed Emilia. Completato il giro della spesa, a casa, Fausto si dedicava alla pulizia del pesce, poi alla sua cottura. Tutto doveva essere pronto al rientro della moglie Francesca Camerini, maestra nella scuola elementare “Ginnasi”.

Professore, non son buono!

“Ma professore, non son buono!” Questa frase, presa pari pari dal nostro dialetto, era sulla bocca di tanti noi scolari quando il prof. Ferlini ci chiedeva di fare qualche cosa per la quale non ci sentivamo pronti: “E se non sei buono sei cattivo! E prega ( non ricordo più il nome del Santo) che ti faccia diventare buono per la gioia dei tuoi genitori” era di rimando la risposta.

La cassettina dei c

Fausto Ferlini, assieme ad Oddo Diversi ed Ubaldo Galli rimane tra i grandi poeti in dialetto romagnolo di Castel Bolognese; non v’è dubbio che lui amasse questa lingua, ma quell’intercalare, il ciô, comunissimo nel nostro parlare quanto l’italianissimo cioè, proprio non gli andava giù. Lui quindi aveva istituito sulla sua cattedra la “cassettina dei ciô” e pretendeva il versamento in essa di ben 5 lire (la mitica monetina di nichel con l’aratro) ad ogni ciô pronunciato. E non era una tassa da poco se penso che allora con 10 lire Miglia del Bar Giardino ci preparava un bel gelato! L’inflazione poi erose anche i ciô e la tassa aumentò a 10 lire. A fine anno scolastico, tutto l’ammontare della cassettina (… e non era poco!) era portato in beneficenza alle Monache Domenicane.

Paolo Grandi

fausto_ferlini_autoritratto

Autoritratto eseguito con un pennarello sopra un foglio di calendario durante un Collegio Docenti, poi donato alla professoressa Virginia Grandi, ora presso il nipote Paolo

Contributo originale per “La storia di Castel Bolognese”.
Per citare questo articolo:
Paolo Grandi, Fausto Ferlini: ricordi scolastici, in https://www.castelbolognese.org

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