campana Archives - La Storia di Castel Bolognese https://www.castelbolognese.org/tag/campana/ Sat, 28 Mar 2020 19:37:57 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 1949-2019: le campane di San Petronio suonano da settant’anni https://www.castelbolognese.org/edifici-e-monumenti/chiese/chiesa-di-san-petronio/1949-2019-le-campane-di-san-petronio-suonano-da-settantanni/ https://www.castelbolognese.org/edifici-e-monumenti/chiese/chiesa-di-san-petronio/1949-2019-le-campane-di-san-petronio-suonano-da-settantanni/#respond Sun, 22 Dec 2019 18:17:14 +0000 https://www.castelbolognese.org/?p=7387 di Paolo Grandi L’agonia del campanile di San Petronio iniziò il 24 e 25 maggio 1943 quando gran parte delle campane furono calate dai campanile delle chiese cittadine per ordine del Governo, requisite da fondere per usi bellici. Si salvò il concerto di San Petronio e da quel campanile fu …

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di Paolo Grandi

L’agonia del campanile di San Petronio iniziò il 24 e 25 maggio 1943 quando gran parte delle campane furono calate dai campanile delle chiese cittadine per ordine del Governo, requisite da fondere per usi bellici. Si salvò il concerto di San Petronio e da quel campanile fu calata solo la campana che avvisava le “messe basse”, che non faceva parte del concerto. Si sperava così di salvare almeno il gruppo di campane più completo ed intonato. Ma la sosta del fronte sul Senio era alle porte e l’artiglieria anglo-americana non risparmiò i campanili di Castel Bolognese. Quello di San Petronio, col suo carico di campane, fu più volte colpito, finché la vigilia di Natale del 1944 fu abbattuto da un colpo di artiglieria, crollando nel Presbiterio della chiesa e trascinando con sé campane, organo e parte del coperto.
Una curiosità su questo abbattimento: tra l’esercito anglo americano erano presenti anche volontari di altre Nazioni che speravano di liberarsi dal giogo tedesco e riconquistare la libertà e l’autodeterminazione; tra questi molti polacchi e tra essi Henryk Strzelecki (4 ottobre 1925 – 26 dicembre 2012) che proprio sparò il colpo ferale al nostro campanile. Ora il nome in sé non dice un gran che ma scorrendo la biografia di questo soldato, disegnatore di moda in tempo di pace, si scopre che, abbandonata l’idea di tornare nella natia Polonia che nel frattempo, pur liberata dal giogo nazista era piombata sotto quello comunista, si trasferì in Gran Bretagna e lì, mutato il nome in Henri Strzelecki fondò nel 1963 a Manchester insieme ad Angus Lloyd la famosa firma di moda Henri Lloyd.
Henryk Strzelecki è tornato due volte a Castel Bolognese tra gli anni ’90 ed i primi del presente secolo ed entrambe le volte si è recato dal fotografo Angelo Minarini a cercare foto di guerra e dall’allora Arciprete mons. Dall’Osso per consegnare una somma “in riparazione” dei danni da lui causati al campanile.
Naturalmente nel dopoguerra si pensò sia alla ricostruzione del campanile, sia alla fusione di un nuovo concerto di campane.
Lascio quindi la parola a don Garavini che così annota sulla cronaca parrocchiale.

1949: fusione delle campane

“Nella primavera di quest’anno, dietro le insistenze dell’arciprete fervono i lavori delle nuove campane presso la Ditta Brighenti di Bologna. Sarebbe stato vivo desiderio anche della popolazione di averle per Pasqua, o almeno per la visita della Madonna Pellegrina (B. V. del Piratello) che dal 5 marzo è in giro per le parrocchie della diocesi verso la bassa imolese, e il 24 aprile – domenica in albis – giungerà fra noi per restarvi fino all’altra domenica 1° maggio. Ma è un sogno impossibile ad avverarsi data la lentezza dei lavori e la ristrettezza del tempo”.

1949: inaugurazione delle nuove campane dell’arcipretale

“Ciò che era sembrato da principio un sogno sta per diventare consolante realtà. Le campane che non si sono potute avere né per Pasqua né per la “Peregrinatio Mariae” si avranno per le tradizionali Feste di Pentecoste. L’Arciprete fa continuamente la spola tra Castel Bolognese e Bologna dove è la ditta Cav. Giuseppe Brighenti fonditrice, per sollecitare i lavori inceppati sempre con mille pastoie burocratiche. Finalmente le 4 campane che pesano q.li 5,19 la maggiore, 3,67 la seconda, 2,64 la terza, 1,62 la piccola, arrivano fra la curiosità di molti castellani sul tardi del sabato sera 28 maggio 1949. Nel centro della chiesa si è già apprestata una grandiosa armatura che prende in lunghezza tutto lo spazio della navata centrale e con grandi sforzi vi vengono sospese per la Consacrazione del giorno dopo.
La prima ha scolpite all’esterno le immagini del Sacro Cuore di Gesù, della B. V. della Cintura protettrice, di San Petronio Patrono principale e San Michele Arcangelo con le seguenti epigrafi: “Conflatum A. MDCCCXVI sumptu sac. Francisci Favolini – Destructum immani bello a. MCMXLIV – denuo fundor in honor S.S. Cordis Jesu Mariae a Cingulo – Petronii Episc. Castri Bonon. Patr. Max. Michaelis Princ. Mil. coel. – et in obsequium erga Fratres Scardovi huius eccl. benefact. A. MCMXLIX tempore belli A. D. MCMXL – MCMXLV – Restitutum publico sumptu A. D. MCMXLVIIII – Opus Eq. Caesaris Brighenti Bononiensis”. Per la verità, siccome l’ultima parte dell’epigrafe dove dice: “Ablatum tempore .. etc” aggiunta in tutte le campane per ordine dello Stato potrebbe far credere che le campane vecchie siano state requisite come tante altre del paese, quelle di S. Petronio salvate dalla requisizione caddero dentro la tromba del campanile crollato per colpi di granate, sbriciolandosi la seconda, i frantumi della quale volarono in tutte le parti e salvandosi solo la quarta. Era stato requisito solo il campanello. Quindi il particolare a cui allude l’ultima parte dell’iscrizione è un errore storico.
La seconda ha le immagini del SS. Crocifisso, della B. V. del Rosario, di Sant’Antonio da Padova e di San Francesco di Paola, e la la seguente epigrafe: “Refectum A. MLCCCXVI Add. novo aere sumptuq. Sac. F. Favolinii – Tormenti bellici ictibus confractum A. MCMXLIV – Terbio Res Publica Italica me fudit in hon. Crucifixi D.N.J.C. – B.V. a Rosario Antonii Pat. Francisci Paul. – et in memoriam observantiae erga fratres Dalpane benefact. A. MCMXLIX – Ablatum … etc. come sopra”.
La terza ha le immagini dell’Addolorata, di San Giuseppe, di San Domenico e San Luigi Gonzaga, e la seguente epigrafe: “A. MDCCCXVI me fudit piets sac. F. Favolinii – bellum saeviss. comminuit dispersit – Res Publica Italica restituit – in hon. B.V. Perdolentis – Joseph univ. eccl. patr. Dominici patris Aloisii Gonz. – A. MCMXLIX”.
La quarta ha le immagini della B. V. di Lourdes, Sant’Antonio Abate, Sant’Agnese, Santa Teresa del Bambin Gesù e la seguente epigrafe: “Fusum A. MDCCCXVI impensa sac. F. Favolinii – e ruinis post bellum eductum reficior iterumq. tinnio – in hon. Dominae Nostrae a Lourdes nuncup. – Antonii Senioris Agnetis V.M. Theresiae a Jesu infante A. MCMXLIX” il resto come nelle altre.
La domenica 29 maggio è stato un continuo via vai di visitatori e intanto fervevano i preparativi della solenne benedizione che avrebbe avuto luogo verso sera. L’armatura si è adornata a profusione di frasche verdi e di fiori e la cerimonia ha avuto inizio sulle 18.30 dopo la solita funzione eucaristica. Particolari: le recite di molti salmi come nel Pontificale Romano fatta dal Vescovo coadiutore coi numerosi sacerdoti intervenuti anche dalle parrocchie vicine, la benedizione del sale e dell’acqua, la lavanda dei bronzi all’interno e all’esterno, le unzioni col S. Crisma e con l’Olio degli infermi con l’imposizione dei nomi, il profumo d’incenso nei bracieri sottostanti le campane e il discorso finale pronunciato dal Vescovo Coadiutore in abiti pontificali sul pergamo davanti ad una folla strabocchevole. La letizia per lo storico avvenimento si leggeva sul volto di tutti. Fungevano da padrini gl’insigni benefattori Sigg. Vincenzo Scardovi e Giuseppe Dalpane in rappresentanza anche dei loro fratelli. Nei giorni seguenti è stata calata la quarta campana del vecchio concerto, estratta come già detto nella cronaca della guerra dalle macerie del campanile, e dati gli ultimi tocchi al castello di sostegno pian piano ha avuto luogo l’innalzamento dei nuovi bronzi. Il giovedì sera 2 giugno erano già a posto e la sera seguente dopo l’ora di notte si è udito all’improvviso il primo doppio seguito da molti altri fin verso mezzanotte. È stata un’esplosione incontenibile di gioia in paese e in campagna. Molti che già si erano coricati, usciti d’un balzo dal letto e vestitisi in fretta sono usciti nelle vie a scambiarsi i più animati commenti e favorevoli impressioni. Il sabato 4 e nel Triduo di Pentecoste è stato un continuo scampanio a mezzo di squadre venute da altre parrocchie e perfino da Bologna. Dalla stessa città la domenica ha fatto pure una scappata il fonditore Cav. Cesare Brighenti per constatare sul luogo l’effetto. Ci auguriamo che le nuove campane non abbiano a subire l’oltraggio toccato alle vecchie.
In tutte le epigrafi si è voluto ricordare il benemerito Don Favolini a spese del quale fu fatto il vecchio concerto nel 1816.
Per la cronaca riportiamo il testo dell’epigrafe appesa per la circostanza sopra la porta centrale del tempio: INTONATE CONCORDI – O CRISTIANI – COL NUOVO ARMONICO CONCERTO – DI CAMPANE – L’INNO DI GRATITUDINE – A – MARIA IMMACOLATA – AUSPICANDO – AL NOSTRO CARO CASTELLO – DAL PATROCINIO DI TANTA MADRE – PROSPERITÀ E PACE.

E questo inno di prosperità e pace sta ancora risuonando dopo settant’anni e, si spera, ancora per tanto, tanto tempo ancora.

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Le campane, nell’Ottocento, scandivano nelle stazioni i momenti più importanti della giornata. L’ultimo esemplare, alto trenta centimetri e decorato con quattro immagini a rilievo, è conservato nel museo di Castelbolognese
La campana di stazione di Castel Bolognese nell'Antiquarium comunale (oggi Museo civico)

La campana di stazione di Castel Bolognese nell’Antiquarium comunale (oggi Museo civico).
Disponendone una conservazione in sicurezza, Antonio Corbara nel 1978 la definiva “Cimelio di alta rarità, degno di Museo, anche per la estrema finezza della fusione e la bellezza dei rilievi”.

Una campana di stazione, chi l’avrebbe detto. Credevamo fossero sparite tutte. Chissà se ce ne sono altre in giro. Questo bell’esemplare, sopravvissuto all’oblio, è conservato a Castelbolognese nel museo cittadino. […]
Naturalmente proviene dalla stazione di questa città e pertanto risale quasi sicuramente al 1861, anno di apertura della Bologna-Forlì (o Bologna-Rimini). Dopo essere stata tolta d’opera fu conservata nell’archivio comunale […] e successivamente esposta al pubblico.
Alta circa 30 cm, è decorata con quattro immagini a rilievo: una locomotiva, un angelo in procinto di fissare, con un martello, un cerchio ad una botte, un putto ed una donna intenta a suonare uno strumento a corda.
Nell’Ottocento tutte le stazioni avevano la loro brava campana, come le chiese, e come nelle chiese la campana scandiva i momenti più importanti della giornata con un rituale più legato alla liturgia che ad esigenze tecniche.
Esagerazioni? Intanto i “signori viaggiatori” se ne stavano fuori della stazione, o al massimo nell’atrio, in attesa della chiamata, come veri e propri profani (“chi deve stare davanti al tempio”).
“Venti minuti prima della partenza del convoglio si darà il primo suono di campana, si aprirà lo sportello di distribuzione dei biglietti pei viaggiatori… Le sale d’aspetto s’apriranno pure al primo suono di campana della stazione. All’entrata di ogni sala vi sarà una guarda-sale incaricato d’introdurvi i viaggiatori, e di verificare e segnare i loro biglietti colle mollette di controllo. Nessuno può entrare nelle sale d’aspetto se non è munito…” recitava il Regolamento pel servizio di stazione del 1863 e la cosa non finiva lì. Anche il passaggio dalle sale di attesa alle vetture era soggetto ad una complessa liturgia.
“Il capo-stazione, in piccola tenuta di servizio onde essere facilmente riconosciuto dai viaggiatori (in alta uniforme poteva essere scambiato per un generale d’armata, ndr), darà il segnale per l’apertura delle due prime classi, e, quindi di quella di terza quando i viaggiatori di prima e seconda classe siano saliti in vettura. … All’aprirsi delle sale i guarda-freni aprono gli sportelli delle vetture di quella classe per cui venne schiusa la sala d’aspetto. Esso, dopo aver riconosciuta la destinazione del viaggiatori, e la classe indicata dal loro biglietto, dovranno colla massima urbanità invitarli a salire nel convoglio e distribuirli per modo che si occupi una vettura prima di lasciarli entrare in altra vettura ancora vuota.
“Due minuti avanti l’ora di partenza di un Convoglio con viaggiatori, il capo-stazione, mediante un fischio breve, dà l’ordine di suonare due tocchi della campana di Stazione, per avvertire i viaggiatori, che si avvicina l’ora della partenza e che per ciò debbono subito prender posto nelle carrozze.
“Dove la fermata non è maggiore di due minuti, i due tocchi di campana sono dati all’entrare del Convoglio nella Stazione”. Così prescriveva il Regolamento sui segnali della Rete Adriatica (1886) ma la stessa norma è riportata anche nel primo Regolamento dei segnali delle Ferrovie dello Stato (1905). Riteniamo quindi che le campane di stazione abbiano emesso i loro rintocchi fino al primo importante riordino di tutte le normative che avvenne attorno al 1925.
Anche se furono le più pittoresche fra quelle usate in ferrovia non furono certo le uniche.
Come le stazioni, anche le locomotive avevano una loro campana. In Inghilterra, fino al 1835, anno di costruzione del primo fischio azionato dal vapore della caldaia, la campana fu l’unico dispositivo di segnalamento. Poi venne abbandonata come segnale principale.
Gli americani invece la utilizzarono per l’ingresso in stazione e l’attraversamento dei centri abitati per non disturbare gli animali, i cavalli in particolare, ed evitare di farli imbizzarrire, ma anche per allontanare gli animali dai binari. Le leggi americane, contrariamente a quelle europee, ritenevano le ferrovie responsabili del danni causati agli animali.
In Italia venne adottato, ma non per tutti i treni, il cosiddetto “Segnale a corda sui Convogli”. Si trattava di una campana collocata sulla locomotiva ed azionata dal capotreno per mezzo di una fune che finiva nel bagagliaio. Serviva ad attirare l’attenzione del macchinista o, se necessario, ad ordinare la fermata immediata.
E poi c’era il segnalamento a campana creato nel 1876 dall’ing. Leopolder, funzionario delle ferrovie austriache, e diffuso poi in Europa col nome di “campane tedesche”.
Si trattava di un sistema che permetteva alle stazioni di comunicare semplici messaggi convenzionali ai caselli che, naturalmente, non erano muniti di telegrafo né tantomeno di telefono. Ogni circuito collegava tutti i posti intermedi fra stazione e stazione.
Ad ogni impulso elettrico inviato nel circuito corrispondeva un tocco di campana in tutti i posti collegati fino alla stazione limitrofa. In genere solo le stazioni inviavano messaggi, per lo più avvisi di partenza. I punti intermedi potevano trasmettere solo in caso di richiesta di locomotiva di soccorso o di interruzioni di linea. Un segnale drammatico, consistente in una serie di otto tocchi ripetuti più volte, era quello che ordinava la fermata di tutti i treni in marcia, od anche, nelle linee di montagna, quello di “fuga carri” (in Francia Si chiamava col termine suggestivo di “wagons en dérive”).
Allora i carri erano molto meno pesanti di oggi e la forza del vento, unita alla pendenza, poteva gettarli sul binario di corsa e farli rotolare a valle. Era allora uno scampanio frenetico, che il vento moltiplicava, per avvisare gli addetti alla manutenzione e i casellanti dei passaggi a livello.
C’è una seconda “campana Leopolder” ed è ancora in uso. Si tratta della campanella di stazione il cui suono ricorda che il segnale di protezione è disposto a via libera.
Per la verità nelle piccole stazioni le campane sono due, con due suoni distinti: uno per lato. In questo modo il personale può distinguere quale sia il segnale aperto e da quale direzione il treno stia arrivando.
E’ la stessa campanella che chi scrive udiva, ragazzo, in una piccola stazione di campagna, mentre il fumo della vaporiera si alzava all’orizzonte. Allora significava che le vacanze erano finite.
Dopo tanti anni sorprende risentirla mentre annuncia l’Eurostar nella grande stazione dotata dei più moderni sistemi di controllo, piccolo gradevole tintinnare nel fragore degli annunci e del passaggio dei treni. Ascoltatela con attenzione come suona bene, fin che potete. Temiamo si tratti di una campanella in via di estinzione per la quale non ci può essere la tutela di nessun WWF.

Renzo Pocaterra

L’interno della stazione ferroviaria di Castel Bolognese a inizio ‘900. Con la freccia rossa è indicata la campana

campana_stazione_1

Ingrandimento della fotografia precedente con il particolare della campana

Una delle decorazioni della campana

Una delle decorazioni della campana

Testo tratto da: LD Linea Diretta, n. 5, maggio 1998

Immagini a cura di Andrea Soglia. Si ringrazia Valentino Donati

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