artista Archives - La Storia di Castel Bolognese https://www.castelbolognese.org/tag/artista/ Sat, 03 Oct 2020 13:17:35 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 Caterina Ginnasi (1590 – 1660) https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/personaggi/caterina-ginnasi-1590-1660/ https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/personaggi/caterina-ginnasi-1590-1660/#respond Tue, 10 Sep 2013 17:53:19 +0000 https://www.castelbolognese.org/uncategorized/caterina-ginnasi-pittrice-due-dipinti-ritrovati/ Pittrice Due dipinti ritrovati Caterina nacque in Roma da Dionisio Ginnasi e da Faustina Gottardi nel 1592 ed abitò nel palazzo Ginnasi di Via delle Botteghe Oscure, insieme con la madre, morta nel 1646, ed allo zio Cardinale. Figlia unica, rimasta orfana di padre in giovane età, fu educata dallo …

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Pittrice
Due dipinti ritrovati

Caterina nacque in Roma da Dionisio Ginnasi e da Faustina Gottardi nel 1592 ed abitò nel palazzo Ginnasi di Via delle Botteghe Oscure, insieme con la madre, morta nel 1646, ed allo zio Cardinale. Figlia unica, rimasta orfana di padre in giovane età, fu educata dallo zio che aveva deciso di darla in moglie al cugino di primo grado Francesco, ottenendo a tale scopo una particolare licenza da papa Paolo V. Caterina rifiutò il matrimonio per dedicarsi ad una vita di contemplazione e per curare quell’inclinazione per la pittura che aveva mostrato fin da ragazzetta. Lo zio Domenico assecondò il volere della nipote e, probabilmente attorno al 1620, l’affidò alla guida di Gaspare Celio (1571-1640) che avrebbe ottenuto, grazie all’interessamento del Cardinale, una commessa in San Pietro per la Cappella del Battesimo.
Non si conosce per quale motivo, probabilmente verso il 1630, il Cardinale decidesse di cambiare maestro alla giovane nipote preferendo al Celio il parmense Giovanni Lanfranco (1582-1647) autore, in quegli anni, di un’importante pala vaticana, quella ad affresco per l’altare della Navicella (1627-1628). Il Lanfranco fu anche impegnato nella decorazione del soffitto della galleria di Palazzo Ginnasi in cui dipinse, a olio su muro, la Pentecoste (1629-1632), ora trasferita su tela nella volta della nuova cappella nel ricostruito palazzo. Il maestro affiancò l’allieva fino al 1634, quando questi dovette partire per Napoli.
Le prime opere note realizzate da Caterina Ginnasi sono alcuni dipinti realizzati per la chiesa di Santa Lucia alle Botteghe Oscure, fatta ricostruire per ordine del cardinale Ginnasi su progetto dell’architetto Orazio Torriani (1601-1657) al quale pare avesse anch’essa collaborato. Sopra l’altare maggiore ella dipinse Il Martirio di Santa Lucia dipingendo il momento della condanna quando, per ordine del tiranno, fu invano fatta trascinare da molte paia di bovi per condurla a forza nel postribolo. Così il Passeri commenta il dipinto: ha espressa la santa ferma in atto orante, li manigoldi affaticati a sollecitare li giovenchi, ed uno prende una conca di acqua per bagnarla, acciocchè si muova, e il Tiranno assiso su un trono assistito dalle guardie in atto di comando. Sopra il quadro, nella cimasa dello stesso altare, dipinse un’Ultima Cena. Questa, tuttavia, secondo alcuni autori, potrebbe esse un’opera precedente di Caterina, realizzata per la vecchia chiesa ed adattata a forma di lunetta per la nuova. Nel vano absidale dipinse un piccolo ovale con una Madonna e, infine, per l’altare di San Biagio, seconda cappella a destra, una tela con San Biagio Vescovo ritratto mentre sta toccando la gola di un fanciullo. Il volto del santo sarebbe stato, secondo il Passeri, il ritratto dello zio Cardinale. In un inventario stilato dalla Soprintendenza alle Belle Arti di Roma nel 1925, le sarebbe stato attribuito anche un olio su tela raffigurante San Giuseppe. Tutte queste opere, tranne l’ovale della Madonna, erano allora in situ. Con la distruzione della chiesa, le uniche opere di Caterina Ginnasi tuttora conservate sono la pala col Martirio di Santa Lucia sull’altare dell’attuale Cappella in Palazzo Ginnasi, e la lunetta con l’Ultima Cena collocata nella sua Sacrestia. Nel 1632 la pittrice si occupò dell’intera decorazione, con tele ed affreschi, della Cappella Ginnasi nella Cattedrale di Velletri, ma anche tali opere, a causa di interventi di radicale sistemazione intervenuti nel 1824 sono state disperse. Alcune fonti indicano sull’altar maggiore una grande pala con La Madonna e i quattro Santi Protettori di Velletri e, ai lati, Sant’Eleuterio e San Ponziano; non si conosce il soggetto degli affreschi della cupola ai cui angoli erano dipinti I quattro Evangelisti. Dal Passeri si apprende ancora che Caterina Ginnasi dipinse una pala d’altare, Un Angelo che incammina un fanciullo per la via del Paradiso e l’allontana da quella dell’Inferno per la chiesa dei SS. Angeli Custodi a Roma, demolita tra il 1928 ed il 1929 per l’allargamento di Via del Tritone, forse realizzata nel 1637. Altre sue opere, oggi disperse, presenti all’epoca della morte del Cardinale in casa Ginnasi sono una Natività ed una Pietà presenti nella famosa collezione settecentesca dei Pio di Savoia.
A lei è inoltre stato attribuito un Ritratto del Cardinale Ginnasi conservato agli inizi del novecento nella collezione del Conte Carlo Del Medico a Carrara, dato disperso dal Cantalamessa, ma da me ritrovato. Esso infatti si trova a Sarzana nella collezione della famiglia Podestà-Lucciardi. La storia di questo quadro si può così brevemente riassumere: esso rimase sempre in possesso della famiglia Ginnasi; Lucrezia Ginnasi sposò il Conte Del Medico e questi, alla sua morte, lo lasciò alla cognata, sposata Lucciardi. Da me interpellata, la famiglia mi ha confermato le notizie, ed ora è soddisfatta di sapere, finalmente, l’autore del bel ritratto. In famiglia infatti si tramandava la tradizione che esso fosse, forse, di Velasquez (1599-1660), ma ciò non può essere vero: il Ginnasi infatti vi è ritratto in abiti cardinalizi e non dimostra un’età avanzata; si può pertanto supporre che esso sia stato eseguito tra il 1605 ed il 1615-20 approssimativamente corrispondente all’età di 55-70 anni. Ora a quell’epoca Velasquez era ancora alunno di bottega ed il suo primo viaggio in Italia avverrà solo nel 1629-31. Non può certo seguirsi anche l’altra teoria, che quello fosse il suo primo ritratto da Cardinale, dipinto in Spagna dal famoso Maestro: all’epoca della nomina a Cardinale, Velasquez aveva appena cinque anni!

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Sarzana, Collezione Podestà-Lucciardi:
ritratto del Cardinale Ginnasi attribuito a Caterina Ginnasi.

L’aver dunque attribuito a Caterina Ginnasi il ritratto dello zio conservato nella Collezione sarzanese, fa sì che possa ugualmente essere da lei stato eseguito anche l’ovale conservato nella Sala Consigliare del municipio di Castel Bolognese, copia perfetta del precedente, forse uno studio e che le varie catalogazioni fatte dalla Soprintendenza alle Gallerie di Bologna hanno sempre attribuito ad autore ignoto del XVII secolo. Tali schedature inoltre pongono in luce la somiglianza d’esecuzione tra questo ritratto e quello del Vescovo Girolamo Pallantieri, anch’esso conservato in municipio, lasciando supporre l’esecuzione d’entrambi dalla medesima mano. Se così fosse, Caterina Ginnasi avrebbe ritratto anche il Vescovo di Bitonto che, non si dimentichi, era parente dello zio Domenico. La cosa deve rendere orgogliosi i Castellani che ridanno così paternità a quei dipinti e parimenti conservano una delle poche opere rimaste della pittrice romana.
Sulla base dello scarsissimo numero di opere analizzabili, è difficile focalizzare lo stile pittorico di Caterina Ginnasi, giudicato dalla critica, sulle orme del Passeri, una pedante ed impersonale applicazione degli insegnamenti del Lanfranco, quando non si tratti di una diretta traduzione di disegni del maestro, o, addirittura, di un personale intervento di questo sulle opere dell’allieva come è stato, a detta del Schleier, per il Martirio di Santa Lucia. Tuttavia, proprio nelle ingenuità presenti in questa composizione, soprattutto nei volti dei personaggi, si può leggere il contributo personale della pittrice, cui si unisce la ricchezza cromatica e chiaroscurale di evidente ascendenza lanfranchiana.
Dopo la morte dello zio, che la nominò sua erede usufruttuaria, lasciandole 25.000 scudi in denaro ed una rendita che ammontava a 14.000 scudi annui, Caterina Ginnasi si dedicò a due iniziative religiose da lui avviate pochi anni prima, diventandone così l’erede spirituale: il Monastero del Corpus Domini o delle “Ginnasie” fondato nel 1635 all’interno di Palazzo Ginnasi, e la Confraternita di S. Maria Costantinopolitana del Suffragio, insediata dal Cardinale nella Cappella di Famiglia presso la Cattedrale di Velletri. Sempre a Velletri Caterina Ginnasi volle ripristinare, di sua iniziativa, l’antico Monte di Pietà che, dal 10 luglio 1640 venne chiamato il Sacro monte di Pietà Ginnasi. Caterina dettò in prima persona, con piglio imprenditoriale, gli statuti della rinata istituzione. Continuò inoltre, la pratica iniziata dallo zio di elargire elemosine in Roma.
In questi anni la Ginnasi fece edificare nella Cappella di San Biagio della chiesa di Santa Lucia il monumentale Sepolcro di sua madre e dello zio, opera, rispettivamente, dei fratelli Jacopo Antonio e Cosimo Fancelli e di Giuliano Finelli. Successivamente, crebbe la sua propensione mistica, vivendo ritirata e solitaria, vestita da monaca, nel Monastero delle “Ginnasie”; qualche fonte anzi riferisce che ella prese anche i voti nelle “Ginnasie”.
Non risulta documentata alcuna visita di Caterina a Castel Bolognese, tuttavia si ricordò della città d’origine della famiglia lasciando due pie istituzioni. La prima fu il fondo dotalizio Janè da lei istituito il 23 giugno 1640 per provvedere alla dote di quattro zitelle di Castel Bolognese. La seconda riguardò un legato di 3.000 scudi istituito col testamento del 9 agosto 1643 in favore della Confraternita di Santa Maria dello Spedale per il funzionamento dell’ospedale cittadino.
Si spense in odore di santità, all’età di settanta anni, il 30 novembre 1660. Per sua volontà, fu sepolta nella nuda terra, nella Chiesa di Santa Lucia alle Botteghe Oscure, ai piedi dello zio Domenico. A lei succedettero in conformità alle disposizioni del Cardinale, i figli di suo cugino Lamberto, Achille e Matteo che continuarono la famiglia nei rami di Imola (poi Ginnasi-Poggiolini de’ Calboli) e di Faenza. Non ci è giunta iconografia della sua immagine, ma un suo probabile ritratto è stato riconosciuto in busto in marmo conservato al Victoria and Albert Museum di Londra.
Riporto per completezza della documentazione le lapidi che Caterina Ginnasi fece incidere sulla tomba della madre e dello zio, nonchè quella presente sulla sua tomba ed infine quella conservata nella chiesa di Santa Maria dello Spedale di Castel Bolognese che la ricorda generosa benefattrice.

Sulla tomba di Faustina Gottardi

FAUSTINAE GOTTARDAE GINNASIAE
QUAE XXI ANNO VIDUA SE UNI CHRISTO DESPONDIT,
PIJS OPERIBUS DIUTURNIS, NOCTURNISQUE PRECIBUS
INTENTA IN TERRIS
CUM DEGERET COELO VIXIT
ALIENA FAME CRUCIATA EPULABATUR SPLENDIDE
CUM EPULAS EROGABAT IN MENDICOS
DIVITIAS HUBUIT UT CONTEMNERET
COELESTIUM AVARA DIVITIARUM
QUARUM LOCUPLETEM FUNDUM POSUIT
IN AEGENORUM SINU.
IN AULA MEDIA EREMI SOLITUDINEM
ET PIETATIS DELICIAS REPERIT
QUAS DOMINICUS GINNASIUS VICINO CORDIS E FONTE
SUAM CORRIVABAT IN FRATRIAM
CUIUS ILLA, E PURPURA SOLAM HAUSIT VIRTUTUM LUCEM
OBIIT AETATIS ANNO LXVII
CATHARINA GINNASIA MAESTISSIMA FILIA
MATRI OPTIMAE POSUIT ANNO SALUTIS HUMANAE
MDCXLVI
BEATUS QUI INTELLIGIT SUPER AEGENUM ET PAUPEREM

Traduzione:

A Faustina Gottardi Ginnasi che, vedova per 21 anni, si unì come sposa soltanto a Cristo, con pie opere di giorno e preghiere di notte, sicchè, ancora degente sulla terra, visse per il Cielo. Crucciata per la fame degli altri, banchettava splendidamente quando erogava il mangiare ai mendicanti. Ebbe le ricchezze per disprezzarle, avida unicamente delle ricchezze celesti, di cui costituì un ricco fondo nel seno dei poveri. In mezzo al Palazzo seppe trovare la solitudine dell’eremo e le delizie della pietà, che Domenico Ginnasi, dalla fonte del cuore a lei vicino, faceva perfluire nella fraterna convivenza: nella cui porpora ella vide solo lo splendore della virtù. Morì nel 67° anno di età. Caterina Ginnasi, addoloratissima figlia, pose alla ottima Madre nell’anno di Redenzione umana 1646. Beato chi cura il fabbisogno e il povero.

Sulla tomba del Cardinale Domenico Ginnasi

COGITAVI DIES ANTIQVOS
ET ANNOS AETERNOS
IN MENTE HABVI

D. O. M.

DOMINICO GINNASIO DE CASTRO BONONIENSI
S. R. E. CARDINALI DECANO
PIETATE JVSTITIA PRVDENTIA LIBERALITATE SPECTABILI
QVI CVM SIXTI V PONT. MAX. AVSPICIIS
CAMPANIAM ET PICENVM
A LATROCINIIS PVRGASSET ARCHIEPISCOPVS
SIPONTINVS ELECTVS EST
DEINDE A CLEMENTE VIII OBLATO THESAVRAR. PONTIFIC.
MVNERE RECVSATO
FLORENTIAM PRIMO TVM IN HISPANIAM EXTRA
ORDINEM MOX
ORDINARIVS NVNTIVS ALLEGATVS TANDEMQVE
CARDINALIS CREATVS
SOLIS VIRTVTIBVS PVRPVRAM DEBVIT
QVAM. VT PRETIOSIOREM COELO REDDERET OMNE
PAVPERVM GENVS SVBLEVAVIT IN TERRIS
DIVINVM CVLTVM AEDIFICATIS OSTIAE VELITRIS
IN GARGANO MONTE
IN CASTRO BONONIENSI IN HAC VRBE SACELLIS
TEMPLISQVE AMPLIFICAVIT
PVBLICAM VTILITATEM FOVIT COENOBIA XENODOCHIA
COLLEGIA JVVENTVTIS FVNDANDO
DAVIDICOS PSALMOS PIIS LVCVBRATIONIBVS
ILLUSTRAVIT
AD VLTIMVM PLENVS DIERVM ET MERITORVM
POST DOMVM
IN COENOBIVM DEO DEDICATAM AD COELESTEM
DOMVM DEMIGRAVIT
CHATERINA GINNASIA PATRVO BENEMERENTISSIMO
MOERENS POSVIT
SENIS QVOTIDIANIS PRO EIVS ANIMA SACRIFICIIS
IN HOC TEMPLO INSTITVTIS
VIXIT ANNOS LXXXIX OBIIT QVATRO IDVS MARTIIS
MDCXXXIX

Traduzione: Pensai: mi sovvennero i giorni passati e l’eternità. A Dio Ottimo Massimo. A Domenico Ginnasi da Castel Bolognese, Cardinale Decano di Santa Romana Chiesa, ammirevole per pietà, giustizia, prudenza, generosità, che, dopo aver liberato, sotto gli auspici di Sisto V, la Campagna e il Piceno dalla piaga dei ladri, fu eletto Arcivescovo Sipontino. Ricusata, in seguito, la carica di Tesoriere Generale Pontificio offertagli da Clemente VIII, fu inviato prima a Firenze e poi in Spagna come Nunzio Delegato, prima straordinario e poi ordinario, e infine fu creato Cardinale. Egli dovette la porpora solo alla virtù: per renderla più preziosa in cielo, alleviò ogni genere di povertà in terra. Edificò per il culto divino ad Ostia, a Velletri, sul Monte Gargano, in Castel Bolognese, e in questa Città ampliò templi e cappelle. Servì la pubblica utilità fondando monasteri e collegi per la gioventù. Illustrò i salmi di Davide con pie elucubrazioni. In ultimo, carico di giorni e di meriti, dopo aver trasformato la sua casa in un convento a Dio dedicato, emigrò verso la Patria celeste. La nipote Caterina Ginnasi, dolente, allo zio benemeritissimo eresse questo monumento e istituì quotidiane preghiere per la sua anima in questo Tempio. Visse 89 anni, morì 4 giorni prima delle idi di marzo (il 12 marzo) del 1639.

Sulla tomba di Caterina Ginnasi

CATHARINA GINNASIA
CARDINALIS GINNASIJ, E FRATRE NEPTIS
PAUPERUM MATER ET VIRGO
NON STERILIS, QUIA FECUNDA VIRTUTUM.
PECUNIAE USUM NON HABUIT IN TERRIS,
UT USUFRUCTUM HABERET IN COELO
CHARITATE IN OMNES PROFUSA
IN LECTO, IN MENSA, IN DOMO, IN OMNIBUS
SIBI QUAESIVIT ANGUSTIAS,
UT MORTUA VIVERET, VIXIT UT MORTUA
USA EST MAGIS AEDIBUS PRO SEPULCHRO
SUMMO MANE IN HYEME
SACRIS INTERERAT
HINC PROPTER AESTUM DIVINI AMORIS
CONTRAXIT E FRIGORE MORBUM,
ET MORTEM
SED CHARITAS NUNQUAM EXCIDIT
OBIIT SEPTUAGENARIA
DIE XXX NOVEMBRIS MDCLX

Traduzione:

Caterina Ginnasi, nipote -da parte del fratello- del Cardinale Ginnasi, madre dei poveri e vergine non sterile perchè feconda di virtù. Non ebbe l’uso del denaro in terra per avere l’usufrutto per il Cielo, profondendolo in Carità verso tutti. In alloggio, in mensa, in casa, in tutto cercò per sè solo sofferenze, e -per vivere dopo morta- visse come morta, usando le sue case piuttosto come sepolcro. Di prima mattina in inverno partecipava alle sacre funzioni. Per questo dato il calore dell’amore divino, a causa del freddo contrasse la malattia e trovò la morte, ma non perì mai la sua carità. Morì settantenne il 30 novembre 1660.

Nella Chiesa di Santa Maria dello Spedale in Castel Bolognese

D. O. M.
CATHARINA GINNASIA
DOMO ROMA
V. ID. SEXT. ANN. MDCXLIII
IN HONOREM SANCAE DEI GENITRICIS
SCUTAT III. M. N. HUIC SODALITATI TESTAMENTO LEGAVIT
UT EX REDITU EORUM IN PERPETUUM
SCUTAT XXV N. NOMINE DOTIS SINGULIS ANNIS
IN SINGULAS IV PUELLAS DE HOC CASTRO SEU EJUS AGRO
VESTIS INSUPER UNICOLOR CUIQUE TRIBUTATUR
SI QUID RELIQUUM PAUPERIBUS ELARGIATUR
EA ETIAM CONSTITUTA LEGE
UT DUAE EX PUELLIS AB IPSIUS SODALITATIS FRATRIBUS
ALTERA AB HAEREDIBUS FIDEICOMMISSARIIS
DOMINICI OLIM S. R. E. PRESB. CARD.
POSTREMA AB HAEREDIBUS CYNTHIAE GINNASIAE
AD DOTEM EXHIBEANTUR
HISCE VITA FUNCTIS
HOC QUIDQUID IURIS AD SODALITATEM DEVENIAT
EAMQUE REM SAXSO INSCRIBI IUSSIT

Traduzione:

A Dio Ottimo Massimo. A Caterina Ginnasi abitante a Roma che visse settant’anni. Nel 1643 legò per testamento, in onore della Santa Madre di Dio tremila scudi a questa Confraternita, affinchè dalla loro rendita, in perpetuo, fossero elargiti, ogni anno, in dote venticinque scudi ad ognuna di quattro giovani di questo castello o del suo territorio ed oltre a ciò fossero loro donate pure le vesti d’un unico colore se fossero state trovate povere. Ed ancora costituì per legge che a due fanciulle figlie di qualcuno di questi confratelli fosse concessa la dote, la prima dagli eredi fidecommessi del defunto Cardinale Prete Domenico, l’altra dagli eredi di Cinzia Ginnasi. Ai vivi così parlino i defunti, e ciò rimanga alla Confraternita come legge. E questa cosa ordinò fosse scritta su (questo) sasso.

La lapide posta nella Chiesa di Santa Maria dello Spedale in Castel Bolognese. (52474 byte)

La lapide posta nella Chiesa di Santa Maria dello Spedale in Castel Bolognese.

 

Bibliografia:
CORNA A., Dizionario della storia dell’arte italiana, vol. 2, Roma, 1930.
DIVERSI O., Il territorio di Castel Bolognese, Imola 1972.
EMILIANI G.,Cenni storici e biografici di Castel Bolognese, manoscritto.
Enciclopedia dell’Arte Garzanti, Milano 1973.
GINNASI F., Storia della famiglia Ginnasi, Imola 1931.
GRANDI P., Il Cardinale Domenico Ginnasi, Faenza 1997.
MEZZAMICI C., Vita esemplare del Cardinal Domenico Ginnasi, Roma 1696.
NAGLER G. K., Neues allgemeines Kunstlerxikon, Vol. 5, Berlino, 1837.
ORLANDI P., L’abecedario pittorico, Bologna, 1754.
PASSERI G. B., Vite de’ pittori scultori ed architetti che hanno lavorato in Roma, Roma, 1772.
RAVAGLIOLI A., Roma Romagnola, Roma 1982
SCHLEIER E., Charles Mellin and the marchese Muti, in: The Burlington Magazine, CXVIII 1976, pp. 837-844.
TRICOZZI S., Dizionario dei pittori dal rinnovamento delle belle arti fino al 1800, vol. I, Roma, 1818.
VILLANI C.,Stelle femminili, Milano,1915.

PAOLO GRANDI

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Giuseppe Guidi (1881-1931): un artista per D’Annunzio https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/giuseppe-guidi-1881-1931-un-artista-per-dannunzio/ https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/giuseppe-guidi-1881-1931-un-artista-per-dannunzio/#comments Mon, 31 Mar 2014 21:08:49 +0000 https://www.castelbolognese.org/?p=3474 english version 1881 – Nasce a Castel Bolognese (RA), il 15 settembre da Luigia Galeati; il padre Mario esercita il lavoro di bottegaio salumaio. 1894 – Inizia a frequentare gli studi classici presso il Regio Ginnasio Torricelli di Faenza. 1899 – Di carattere ribelle abbandona gli studi dedicandosi alla politica; anarchico attivo fa …

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1881 – Nasce a Castel Bolognese (RA), il 15 settembre da Luigia Galeati; il padre Mario esercita il lavoro di bottegaio salumaio.

1894 – Inizia a frequentare gli studi classici presso il Regio Ginnasio Torricelli di Faenza.

1899 – Di carattere ribelle abbandona gli studi dedicandosi alla politica; anarchico attivo fa parte del gruppo di Castel Bolognese “Diritto all’Esistenza”.

1901 – Realizza qualche guadagno imbalsamando animali.

1902 – Lascia il paese natìo; nel mese di luglio risulta impiegato come elettricista presso uno zuccherificio di S. Giorgio di Nogaro (Udine).

1905 – Durante un soggiorno nella città di Trieste viene espulso come sospetto anarchico in seguito a fatti politici.

1908 – Dopo brevi soggiorni in diverse città europee (Vienna – Budapest – Parigi), dove inizia la sua attività artistica, si trasferisce definitivamente a Milano sul finire dell’anno; frequenta i corsi serali d’arte a Brera assieme al ceramista faentino Pietro Melandri.

1909 – Nell’aprile risiede in via Felice Cavallotti n. 18. Abbandona la politica, collabora con diverse riviste fra cui “Per l’Arte” (dal 1909 al 1915). Scrive il libretto dell’operetta Velivolo, compositore è il maestro Virgilio Ranzato.

1911 – Lavora presso la manifattura di passamani della ditta Luigi Mori. Sia i genitori che il fratello si trasferiscono a Milano.

1912 –    Nell’ottobre trasferisce la propria abitazione in via S. Damiano n.6 e nel suo studio in via Stella n.45 si dedica a tempo pieno alla pittura e ai primi studi sulle incisioni (acqueforti).

1915 – Si arruola volontario nella C.R.I. e presta servizio presso l’Ospedale Militare Principale in piazza S. Ambrogio; costretto ad abbandonare lo studio continua ad operare presso l’abitazione

1916 – Partecipa alla “Esposizione Permanente” col dipinto Vecchia Milano sotto la neve. Alla “Biennale di Brera” vi partecipa con il dipinto Verziere di notte, inoltre, presso i locali della Permanente, alla “Esposizione d’Arte degli alleati” è presente con sette acqueforti.

1917 – Partecipa alla “Esposizione Permanente” col dipinto Vecchie ombre, inoltre, presso il locali della Permanente, alla “Esposizione d’Arte degli alleati” è presente con dieci acqueforti.

1918 – Terminato il conflitto mondiale, apre uno studio di pittura in corso Venezia n.57 dedicandosi anche allo studio dell’arte degli smalti su rame di cui diverrà profondo conoscitore.

1919 – Collabora alle edizioni de “L’Eroica”, quaranta xilografie sono pubblicate nel volume Ali e Alati e sei (più quindici capilettera) nel volume La canzone dell’offerta.

1922 – Trasferisce la sua abitazione in via Vivaio n. 16, dove apre una bottega da stampatore. In una collettiva a Cremona è presente con acqueforti.

1923 –  Espone cinquanta acqueforti presso la Galleria “La Vinciana” di Milano; vende tutte le copie e ottiene i primi consensi della critica. Nello stesso anno, presentato dallo scultore Adolfo Wildt, espone in una personale presso la “Bottega d’Arte” di Livorno (dal 21 ottobre al 5 novembre); vi partecipa con quarantuno acqueforti.

1924 – Partecipa ad una collettiva a Cremona con acqueforti e smalti. In dicembre espone alla “Galleria Pesaro” di Milano sessantaquattro smalti su rame; Gabriele D’Annunzio, acquista la Via Crucis, che egli stesso gli aveva commissionata.

1925 – Dal 28 giugno al 5 luglio gli “Amici dell’Arte” di Forlì promuovono una personale con quarantaquattro acqueforti e sei smalti su rame. Partecipa alla “Esposizione Internazionale Arti Decorative e Industriali Moderne” di Parigi con diverse opere (smalti); in tale occasione viene premiato con una medaglia d’oro. Espone a Bologna (dal 12 al 19 dicembre) una quarantina di acqueforti e venti smalti presso i “Saloni Felsinei”:

1926 – È presente con alcune opere alla “Prima Mostra d’Arte del Novecento Italiano”, che ebbe luogo in febbraio e marzo alla Permanente di Milano. Il 18 marzo nasce la figlia Camilla. Insegna incisione presso la R. Accademia di Belle Arti di Milano. Ha uno studio in via Pietro Verri n.7. La Bottega d’Arte di Brescia gli dedica una personale.

1927 – È presente alla “III Mostra Internazionale delle Arti Decorative” presso la Villa Reale di Monza (maggio-ottobre); e alla “Esposizione Nazionale d’Arte” presso il palazzo della Permanente di Milano.

1929 – La R. Accademia di Belle Arti lo propone al Ministero dell’Educazione Nazionale per la nomina, per titoli, alla cattedra delle tecniche dell’incisione già ricoperta da tre anni.

1930 – Partecipa al “XVIIa Biennale Internazionale d’Arte di Venezia” (Mostra dell’Orafo) con ritratti, placche, reliquiari in argento, cofani e placchette decorative eseguite con la tecnica degli smalti a gran fuoco.

1931 –    È presente alla “Prima Mostra Internazionale d’Arte Sacra Moderna” di Padova con due opere molto elaborate: un polittico e una pala d’altare raffiguranti rispettivamente La Maestà di Dio e Remagi. Il 7 novembre muore a Milano.

1932 – Alla “Mostra del Santo” a Padova si espone una pala d’altare (incompiuta), che viene premiata con una medaglia d’oro.

1951 – L’Amministrazione Comunale di Castel Bolognese gli dedica una via del paese.

1956 – La figlia Camilla si trasferisce da Milano ad Alassio.

1981 – I suoi resti vengono esumati e portati da Milano ad Alassio nella tomba di famiglia del genero Emanuele Aicardi.

1991 – In occasione del sessantesimo anniversario della morte l’Amministrazione Comunale di Castel Bolognese pubblica il volume curato da V. Donati Un artista nell’ombra – Giuseppe Guidi (1881-1931).

1996 – Il Comune di Castel Bolognese gli dedica una mostra organizzata dal Comitato dell’Antiquarium Comunale dal 9 novembre al 6 gennaio 1997; in tale occasione viene pubblicato il catalogo curato da V. Donati, L’arte di Giuseppe Guidi (1881-1931) Rivalutazione di un artista, Castel Bolognese 1996.

Dal 13 dicembre 2003 al 25 gennaio 2004, l’ Associazione Amici dell’Arte di Faenza ha reso omaggio a Giuseppe Guidi con un’ampia mostra antologica al Palazzo delle Esposizioni. La mostra è stata accompagnata da un minuzioso catalogo (di 144 pagine), Giuseppe Guidi – Un artista per D’Annunzio, edito da Edit Faenza e curato da Valentino Donati e Rosanna Casadio Donati, con i contributi critici degli artisti Pietro Lenzini e Alberto Mingotti.

Piccola galleria di opere di Giuseppe Guidi

Testo tratto da: Giuseppe Guidi – Un artista per D’Annunzio / Valentino Donati e Rosanna Casadio Donati. Faenza: Edit Faenza, 2003.

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Giuseppe Guidi, an artist for D’Annunzio https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/giuseppe-guidi-an-artist-for-dannunzio/ https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/giuseppe-guidi-an-artist-for-dannunzio/#respond Tue, 10 Sep 2013 17:54:06 +0000 https://www.castelbolognese.org/uncategorized/giuseppe-guidi-an-artist-for-dannunzio/  Italian version A Biographical Outline 1881 – Giuseppe Guidi was born at Castel Bolognese (RA), on September, 15th. His parents were Luigia Galeati and Mario, a pork-butcher. 1894 – He began to attend classical studies at the Regio Ginnasio Torricelli in Faenza. 1899 – A rebel character, he gave up …

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guidi_ritratto Italian version

A Biographical Outline

1881 – Giuseppe Guidi was born at Castel Bolognese (RA), on September, 15th. His parents were Luigia Galeati and Mario, a pork-butcher.

1894 – He began to attend classical studies at the Regio Ginnasio Torricelli in Faenza.

1899 – A rebel character, he gave up his studies and entered politics; an active anarchist he joined in the groups “Diritto all’Esistenza” of Castel Bolognese.

1901 – He earned his living stuffing animals.

1902 – He left his native country; in July he worked as an electrician in a sugar-refinery at S. Giorgio di Nogaro (Udine).

1905 – During his stay in Trieste he was expelled as a suspected anarchist owing to political events.

1908 – After short periods in several European cities (Vienna, Budapest, Paris), where he began his artistic activity, he settled in Milan definitively towards the end of the year; he attended art evening courses at Brera together with the ceramist Pietro Melandri from Faenza.

1909 – In April he lived in via Felice Cavallotti n. 18. He left politics and contributed to several reviews among which “Per l’Arte” (from 1909 to 1915). He wrote the libretto of the operetta Velivolo, the composer was the maestro Virgilio Ranzato.

1911 – He worked in the ribbon and braid and embroidery factory of Luigi Mori. His parents and his brother moved to Milan.

1912 – In October he moved to via S. Damiano n. 6 and in his studio in via Stella n.45 he devoted himself entirely to painting and to his first studies of etching.

1915 – He volunteered for C.R.I. (Italian Red Cross) and took service in the Ospedale Militare Principale in Piazza S. Ambrogio; compelled to leave the studio he worked at home.

1916 – He took part in the “Esposizione Permanente” with the painting Vecchia Milano sotto la neve (Old Milan under the Snow). At the “Brera Biennale” he exhibited his painting Verziere di notte (Market by night), furthermore, at the Permanente palazzo at the “Esposizione d’Arte degli alleati” he exhibited seven etchings.

1917 – He took part in the “Esposizione Permanente” with the painting Vecchie ombre (Old Shadows), furthermore, at the Permanente palazzo at the “Esposizione d’Arte degli alleati” he exhibited ten etchings.

1918 – After World War the First he opened a studio in Corso Venezia 57, devoting himself also to studying the art of coating copper with enamel of which he will became a deep expert.

1919 – He contributed at the issues of “L’Eroica”, forty xylographies of his own were published in the volume Ali Alati and six (more fifteen capital letters) in the volume La canzone dell’offerta.

1922 – He moved to Via Vivaio n. 16, where he opened printing a work shop. He exhibited some of his etchings in a collective exhibition in Cremona.

1923 – He showed a series of fifty etchings at the Galleria “La Vinciana” in Milan, selling all the copies and gaining the first critical consents. In the same year, introduced by the sculptor Adolfo Wildt, he exposed forty-one etchings in a one-man show at the “Bottega d’Arte” in Leghorn (from October 21 st to November 5 th).

1924 – He took part in a collective exhibition in Cremona with etchings and enamels. In December he exposed sixty-four enamels on copper at the “Galleria Pesaro” in Milan; Gabriele D’Annunzio bought the Via Crucis he himself had ordered.

1925 – From June 28th to July 5th “Amici dell’Arte” in Forli promoted a one-man show with forty-four etchings and six enamels on copper. He took part in the “Esposizione Internazionale Arti Decorative e Industriali Moderne” in Paris with several works (enamels); on that occasion he was awarded a gold medal. He showed about forty etchings and twenty enamels in Bologna (from the 12th to the 19th of December) in the “Saloni Felsinei”

1926 – He was present with several works at the “Prima Mostra d’Arte del Novecento Italiano” in February and March at the Permanente in Milan. He taught etching at the R. Accademia di Belle Arti in Milan. His daughter Camilla was born on March 18th. He had a work-shop in Via Pietro Verri n.7. The “Bottega d’Arte” in Brescia dedicated a one-man show.

1927 – He took part in the “III Mostra Internazionale delle Arti Decorative” at Villa Reale in Monza (May-October); and at the “Esposizione Nazionale d’Arte” at the Permanente palazzo in Milan.

1929 – The R. Accademia di Belle Arti proposed him to the Ministero dell’Educazione Nazionale for the nomination on qualifications for the chair he had held for three years.

1930 – He took part in the “XVII Biennale Internazionale d’Arte di Venezia” (the Goldsmith Show) with portraits, metal plates, silver sbrines, coffers and ornamental plaques executed with the high-fire enamel technique.

1931 – He was present at the “Prima Mostra Internazionale d’Arte Sacra Moderna” in Padua with two very elaborate works: a polyptych and an altar-piece respectively representing La Maestà di Dio e Remagi. On November 7th he died in Milan

1932 – At the “Mostra del Santo” in Padua an unfinished altar-piece, was presended; it was awarded a gold medal.

1951 – The Amministrazione Comunale of Castel Bolognese called a street of the town after him.

1956 – His daughter Camilla moved from Milan to Alassio.

1981 – His remains were exhumed and taken from Milan to Alassio to the family tomb of the son-in-law Emanuele Aicardi.

1991 – On the occasion of the sixtieth anniversary of his death the Amministrazione Comunale of Castel Bolognese issued the volume written by V. Donati Un artista nell’ombra – Giuseppe Guidi (1881-1931).

1996 – The town hall of Castel Bolognese dedicated an exhibition to him organized by the “Comitato dell’Antiquarium Comunale ” from 9 November to 6 January, 1997. For the occasion a catalogue was published entitled L’arte di Giuseppe Guidi (1881-1931) Rivalutazione di un artista, Castel Bolognese 1996 by V. Donati.

From 13th december 2003 to 25th january 2004, the “Associazione Amici dell’Arte” in Faenza dedicated a large exhibition to Giuseppe Guidi at “Palazzo delle Esposizioni”. For the occasion a catalogue was published entitled Giuseppe Guidi – Un artista per D’Annunzio, by Valentino Donati and Rosanna Casadio Donati, with critical contribution by Pietro Lenzini and Alberto Mingotti.

Text from: Giuseppe Guidi – Un artista per D’Annunzio / Valentino Donati e Rosanna Casadio Donati. Faenza: Edit Faenza, 2003.

Gallery of works by Giuseppe Guidi

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Giuseppe Guidi (1881-1931) https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/anarchici/giuseppe-guidi-1881-1931/ https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/anarchici/giuseppe-guidi-1881-1931/#respond Tue, 10 Sep 2013 17:54:07 +0000 https://www.castelbolognese.org/uncategorized/giuseppe-guidi-un-artista-per-dannunzio/ Nasce a Castel Bolognese (RA) il 15 settembre 1881 da Mario e Luigia Galeati, pittore. Detto Sladacc. Compie gli studi classici presso il R. Ginnasio Torricelli di Faenza, senza concluderli per mancanza di mezzi, a causa del fallimento del padre negoziante salumiere che getta la famiglia pressochè nella miseria. È con …

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Nasce a Castel Bolognese (RA) il 15 settembre 1881 da Mario e Luigia Galeati, pittore. Detto Sladacc. Compie gli studi classici presso il R. Ginnasio Torricelli di Faenza, senza concluderli per mancanza di mezzi, a causa del fallimento del padre negoziante salumiere che getta la famiglia pressochè nella miseria. È con ogni probabilità subito dopo questo episodio, che lo emargina dal “ceto civile” del paese, che si colloca la sua adesione all’anarchismo di cui diventa ben presto un attivo propagandista. Già nel 1902 le fonti di polizia segnalano che esercita molta influenza sui compagni, anche se limitata all’ambito locale, per la sua cultura e anche per il carattere “ardimentoso, esaltato”. Considerato “molto intelligente”, svolge una “attivissima propaganda fra gli adolescenti conquistando sempre nuovi proseliti al partito”. Appartiene al gruppo “Diritto all’Esistenza” di Castel Bolognese e ne è “una delle menti direttive”. Pubblica articoli e corrispondenze su argomenti economici e di attualità su “L’Agitazione” di Roma, su “L’Avvenire Sociale” di Messina e su “L’Aurora” di Ravenna con lo pseudonimo Activos. Nel luglio del 1902 si trasferisce a S. Giorgio di Nogaro (UD) per ragioni di lavoro, impiegandosi come elettricista in uno zuccherificio. Rimpatriato a Castel Bolognese con foglio di via obbligatorio, il 7 agosto 1904 riparte alla volta di Trieste, dove il successivo 20 novembre viene sorpreso dalla polizia in un gruppo di nove muratori intenti a cantare l’inno di Caserio; tutti vengono condannati ad un mese di arresto ciascuno ai sensi dell’art. 305 c.p. In seguito soggiorna a Vienna dove lavora come imbianchino e decoratore, e contemporaneamente studia pittura. Dopo avere venduto un primo quadro in una esposizione a Budapest, partecipa a Vienna al “Salone dei Secessionisti”. Il movimento della Secessione viennese eserciterà un’evidente influenza anche sulla sua produzione artistica successiva. Nel novembre 1905 viene espulso dai territori dell’impero austriaco e rimpatriato a Castel Bolognese con foglio di via, come sospetto anarchico. Dopo una sosta di alcuni mesi a Milano, dove non trova lavoro, si reca a Parigi dove, costretto dalla fame, si adatta a dipingere cartelloni pubblicitari per fiere, giostre e circhi equestri. Riesce comunque a presentare una sua tela al “Salone degli Indipendenti”. Alla fine del 1908 si trasferisce definitivamente a Milano, dove secondo la polizia “conserva regolare condotta e non si occupa di politica”. Prima è occupato presso una Manifattura di ricami e passemanerie, poi a partire dal 1912 apre uno studio di pittore. Nel novembre del 1915 si arruola volontario nella Croce Rossa. Dopo il congedo riprende la sua attività di pittore, peraltro mai del tutto interrotta. Nel dopoguerra, prima dell’avvento al potere del fascismo, ospita più volte a casa sua Benito Mussolini, al quale è legato da rapporti di parentela (il padre di G. è fratello del padre di Rachele Guidi, moglie di Mussolini). Il Prefetto di Milano, comunicando nel 1925 al Ministero dell’Interno la decisione di sospendere la vigilanza nei suoi confronti, segnala che dal 1918 in poi non si è interessato più di politica e non è più anarchico: “Risulta che ha modificato completamente le sue idee politiche e di non essere inscritto più ad alcun partito. Attualmente non manca di esaltare il movimento fascista”. Si dedica ormai solo alla sua carriera di artista (pittura a olio, acqueforti e incisioni, smalti su metallo), nella quale – dopo anni di intenso lavoro e di limitate soddisfazioni – otterrà infine lusinghieri riconoscimenti. Gabriele d’Annunzio, che lo apprezza, gli commissiona un’intera Via crucis per il suo Vittoriale a Gardone Riviera (BS). Dal 1926 riceve un incarico di insegnamento di Tecniche dell’incisione presso la R. Accademia di Belle Arti di Milano. Espone le sue opere in diverse Mostre e Esposizioni, tra cui la XVII Biennale d’Arte di Venezia nel 1930. Muore a Milano il 7 novembre 1931.

FONTI: ACS, CPC, ad nomen; BCDP, Fondo Personaggi e artisti; BLAB, Fondo Anarchici Castellani.

BIBLIOGRAFIA: (Scritti su G. limitatamente al periodo anarchico): P. Costa, Un paese di Romagna. Castelbolognese fra due battaglie (1797-1945), Imola, Galeati, 1971; O. Diversi, Il territorio di Castelbolognese, Imola, Galeati, 1972; E. Maserati, Gli anarchici a Trieste durante il dominio asburgico, Milano, Giuffrè, 1977; Castelbolognese nelle immagini del passato, Imola, Galeati, 1983; Il movimento anarchico a Castelbolognese (1870-1945), Castel Bolognese, Grafica Artigiana, 1984; V. Donati, Un artista nell’ombra. Giuseppe Guidi (1881-1931), Castel Bolognese, Comune di Castel Bolognese, 1991.

Gianpiero Landi

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La prima di Antonio Locatelli https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/la-prima-di-antonio-locatelli/ https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/la-prima-di-antonio-locatelli/#respond Tue, 10 Sep 2013 17:52:07 +0000 https://www.castelbolognese.org/uncategorized/la-prima-di-antonio-locatelli-scoperta-una-pala-firmata-dal-pittore-dicastelbolognese/ Scoperta una pala firmata dal pittore di Castelbolognese Qualche anno fa, nel corso di alcune ricerche archivistiche per la storia della pittura in Romagna, ho rinvenuto una testimonianza di metà Ottocento relativa a una pala d’altare, in origine in un convento camaldolese a Bagnacavallo, raffigurante la Madonna in gloria con …

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Scoperta una pala firmata dal pittore di Castelbolognese
 Antonio Locatelli, Madonna in gloria con Sant'Antonio Abate e San Paolo eremita

Antonio Locatelli, Madonna in gloria con Sant’Antonio Abate e San Paolo eremita

Qualche anno fa, nel corso di alcune ricerche archivistiche per la storia della pittura in Romagna, ho rinvenuto una testimonianza di metà Ottocento relativa a una pala d’altare, in origine in un convento camaldolese a Bagnacavallo, raffigurante la Madonna in gloria con ai piedi Sant’Antonio abate e San Paolo eremita, firmata e datata: “Antonius Locatellus ex Castro Bononiensi faciebat anno 1564”. La notizia mi ha molto incuriosito perché completamente ignorata negli studi sull’arte in Romagna e soprattutto perché il pittore dl Castelbolognese era finora noto solo da documenti, tra cui uno pubblicato dal Valgimigli, in cui è citato net 1570 insieme al faentino Jacopone Bertucci per valutare i dipinti dl Giulio Tonducci nella chiesa dl San Mauro a Solarolo. Dal documento si deduce l’importanza e la stima di cui l’artista godeva ai suoi tempi, ma finora restava nel limbo degli autori senza opere. Sulla base di alcune tracce storiche, ho potuto rintracciare il dipinto in un istituto religioso e grazie alla collaborazione di don Antonio Poletti sono in grado ora di pubblicare le immagini della pala ritrovata.
Essa presenta una Madonna col Bambino in gloria tra cori di angeli e ai suoi piedi, a sinistra, Sant’Antonio abate con la barba bianca, che regge nella mano destra un libro e con la sinistra il bastone e una fiaccola col fuoco; a destra, San Paolo, primo eremita, con le mani giunte in preghiera, che indossa la tunica di foglie di palma da lui stesso intrecciate, come vuole la tradizione. Nello spazio retrostante è raffigurato l’incontro dei due santi che mangiano un pane all’ombra degli alberi e su un ramo è appollaiato il corvo che era solito portare a Paolo una mezza pagnotta, ma ne portò quel giorno una intera. In contrasto con tale scena di carità fraterna e di fede, compare sullo sfondo un’inquietante torma di diavoli mostruosi che attaccano un drago nero; l’episodio ricorda le visioni di Sant’Antonio e la sua lotta contro le tentazioni diaboliche. La pala rappresenta un documento importante per l’iconografia religiosa del secondo Cinquecento, attestando il culto di Sant’Antonio come vincitore dei demoni, anziché come protettore degli animali col tradizionale porcellino. Evidentemente l’enfasi del dipinto, destinato ai monaci camaldolesi, verte sulla vita eremitica e sulla lotta contro il demonio da vincere con la protezione della Vergine. L’opera sa unire la fantasia e la vivacità del racconto medievale all’intento agiografico, con una varietà di spunti e una dialettica compositiva quasi di gusto prebarocco, risultando consona agli ideali religiosi della Controriforma e attuale anche oggi in tempi di risorgente demonismo.
Da un punto di vista stilistico, è molto originale per la varietà dei registri espressivi. Gli eleganti accenti raffaelleschi nella Madonna col Bambino, memore di Innocenzo da Imola e del ravennate Francesco Longhi, si uniscono al rude realismo delle figure dei santi, prossimi agli esiti di Jacopone Bertucci, mentre il gusto visionario e grottesco rimanda alla pittura dei fiamminghi dove il tema delle tentazioni di Sant’Antonio ricorre nei visionari dipinti di Bosch e Grunewald. Straordinariamente luminosa e cangiante è la gamma cromatica, con le ombreggiature tutte rese con l’addensarsi del colore alla maniera tonale dei veneti; l’azzurro paesaggio dello sfondo ricorda la lezione ferrarese dei Dossi accolta a Faenza da Jacopone e dal Tonducci. Opere firmate e datate del Cinquecento sono estremamente rare e pertanto il dipinto costituisce una testimonianza preziosa per la ricostruzione del tessuto pittorico del Cinquecento romagnolo, restituendoci un pittore finora ignoto.

Anna Tambini

Tratto da “Il Piccolo”, 26 novembre 2004.

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Salvatore Martelli (1798-?) https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/salvatore-martelli/ https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/salvatore-martelli/#respond Tue, 10 Sep 2013 17:54:47 +0000 https://www.castelbolognese.org/uncategorized/salvatore-martelli-da-castel-bolognese-calcografo/ Salvatore Martelli da Castel Bolognese Calcografo Nel volume “Memorie delli Pittori, Scultori, ed Architetti della città, e Diocesi d’lmola” manoscritto risalente al 1834 del prof. Pietro Antonio Meloni (pubblicato nel 1992 per conto dell’Associazione per Imola Storico-Artistica), a pag. 77 si legge: “Martelli Salvatore nacque in Castel Bolognese: giovane assai …

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Salvatore Martelli da Castel Bolognese
Calcografo

Nel volume “Memorie delli Pittori, Scultori, ed Architetti della città, e Diocesi d’lmola” manoscritto risalente al 1834 del prof. Pietro Antonio Meloni (pubblicato nel 1992 per conto dell’Associazione per Imola Storico-Artistica), a pag. 77 si legge: “Martelli Salvatore nacque in Castel Bolognese: giovane assai venne a domiciliarsi in Lugo con tutta la Famiglia. Bramoso egli di secondare il suo genio per il disegno portossi a tale effetto nel Liceo Trisi”. E’ bene ricordare che il Meloni, nato a Imola net 1761, avendo dimostrato fin da giovane grande attitudine al disegno, ricevette i primi insegnamenti sull’architettura e prospettiva dall’ornatista imolese Antonio Villa; fu poi allievo di Paolo Dardani a Bologna ed in seguito di Angelo Gottarelli a Imola. Dopo aver conseguito la laurea in geometria, divenuto accademico clementino a Bologna, si trasferì nel 1794 ad Ancona dove fondò l’Accademia di Belle Arti.
Nel 1818 gli fu assegnata la cattedra di disegno presso il Liceo Trisi di Lugo di Romagna, dove conobbe Salvatore Martelli. Visto le lodi che il Meloni fece a questo giovane, ho deciso di svolgere una rapida ricerca per conoscere l’opera di tale promettente artista e futuro calcografo. Ho consultato prima il “Dizionario Illustrato degli Incisori Italiani” di L. Servolini, edito net 1955 ed il “Dizionario Illustrato del Pittori, Disegnatori e Incisori Italiani e Contemporanei” di A.M. Comanducci del 1962, che considerano entrambi il calcografo Salvatore Martelli nato a Lugo di Romagna senza riportarne la data.
Sfogliati alcuni registri dei battesimi di fine ‘700, conservati presso l’Archivio Parrocchiale di Castel Bolognese, nel volume XIX, anno 1798, a pag. 329 ho trovato, con mia grande soddisfazione, che il giorno 24 giugno di quell’anno il signor Alessandro Martelli e la moglie Paola Foschi fecero battezzare il figlio Salvatore Giovanni Maria. Considerando che a quei tempi i bimbi venivano battezzati normalmente non oltre il giorno successivo alla nascita, lo possiamo considerare nato il 23 giugno 1798.
Dopo aver accertato luogo e data di nascita, elementi indispensabili per la biografia di un personaggio, ho indagato sulla attività artistica per rintracciare qualche sua opera. Con l’aiuto delle notizie riportate dal Meloni e dei cenni biografici dal dizionari accennati in precedenza ho appurato quanto segue.
Terminato lodevolmente il Liceo Trisi di Lugo, dopo essersi esercitato per alcuni anni in quella città, per migliorare le sue qualità tecniche e pittoriche, si trasferì a Firenze. In tale città “… sotto la direzione di quelli eccellenti Professori”, così scrive il Meloni, si perfezionò nell’incisione, destando la piena soddisfazione anche del già celebre Raffaello Morghen (1758-1833).
Durante il terzo decennio del XIX sec., fra i migliori allievi di Francesco Rosaspina (1762-1841), professore all’Accademia di Belle Arti di Bologna e direttore della scuola d’incisione dall’inizio secolo fino al 1840, è citato un certo Martelli. Potrebbe essere Luigi Martelli (1804-1853) faentino d’origine e morto a Bologna e non è da escludere che anche Salvatore ne sia stato allievo, poichè il Servolini (nel suo Dizionario) lo ritiene suo discepolo. Tale affermazione è dubbia, perchè il nostro risiedeva a Firenze. Raggiunto che ebbe notevole destrezza, collaborò al volume di Luigi Bardi “Galleria Pitti”, Firenze 1842, con sei acqueforti, che vennero pubblicate nei primi tre volumi, sui quattro che compongono l’intera opera (tre nel 1° volume, una nel 2° e due nel 3°). Tali lavori rappresentano i seguenti soggetti:

  • Sacra Famiglia: incisione diam. cm 21.5 su lastra di cm 35 x 27,6. Mariotto Albertelli dipinse, Daverio disegnò, S. Martelli incise.
  • Simone Paganucci: incisione cm 23 x 17 su lastra di cm 29,5 x 22. Giuseppe Ribera detto lo Spagnoletto dipinse, A. Muzzi disegnò, S. Martelli incise.
  • Il Salvatore: incisione cm 19.5 x 14 su lastra di cm 32×23,3. Tiziano dipinse, S. Martelli disegnò e incise.
  • Santa Famiglia: incisione diam. cm 15,2 su lastra di cm 24,5 x 20,5. Francesco Granacci dipinse, Pompignoli disegnò, S. Martelli incise.
  • S. Francesco: incisione cm 22 x 17 su lastra di cm 28,2 x 20. Lodovico Cardi detto il Cigoli dipinse, M. Orsi disegnò, S. Martelli incise.
  • Ignoto: incisione di cm 13,S x 11 su lastra di cm 21.5 x 15,2. Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma dipinse, A. Villa disegnò, S. Martelli incise.

In seguito Salvatore Martelli collaborò, con una laboriosa incisione rappresentante le Nozze di Cana in Galilea, al volume di Alessandro Cappi Luca Longhi illustrato, Ravenna 1853. Tale libro a pag. 10 riporta: “Martelli di Lugo dimorante a Firenze…” ciò conferma che quell’anno l’artista era presente in quella città. L’acquaforte, derivata da un dipinto del ravennate Luca Longhi (1507-1580) esistente nel refettorio di Classe di Ravenna, fu realizzata dal Martelli nello studio di Antonio Perfetti a Firenze con le seguenti caratteristiche:

  • Nozze di Cana in Galilea: incisione cm 43,5 x 24,5 su lastra di cm 47.5 x 30,5. D. Manni disegnò da Luca Longhi, I. Sarti diresse, S. Martelli incise.

Le ultime sue notizie risalgono al 1853, ma ancora non ho trovato luogo e data di morte. Spero, in un prossimo futuro, di scoprire nuovi elementi, ma soprattutto altre opere che confermino il valore di questo artista rimasto sconosciuto nel suo paese natale.

Valentino Donati

Testo tratto da: “Università aperta”, n. 9, Imola 1996 p. 5.

Il Salvatore

Il Salvatore – Castel Bolognese, collezione privata.
Calcografia, mm. 320×230 (margine largo). In basso a sinistra: Tiziano dip., a destra S. Martelli dis. e inc.

Le Nozze di Cana in Galilea

Le Nozze di Cana in Galilea, incisione tratta dal volume di Alessandro Cappi Luca Longhi illustrato, Ravenna 1853

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Terenzio Monti (1909-1987) https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/terenzio-monti-1909-1987/ https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/terenzio-monti-1909-1987/#respond Tue, 10 Sep 2013 17:55:05 +0000 https://www.castelbolognese.org/uncategorized/artisti-castellani-un-primitivo-terenzio-monti/ Artisti castellani. Un primitivo: Terenzio Monti Basta guardarlo, sempre in tono dimesso, senza preoccupazione di far bella figura, questo romagnolaccio dal facile eloquio, quasi sempre in dialetto, sempre in contraddizione con se stesso (ama la donna che ritrae in tutte le pose e non sposa, Si commuove per la sofferenza degli …

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Artisti castellani. Un primitivo: Terenzio Monti

Basta guardarlo, sempre in tono dimesso, senza preoccupazione di far bella figura, questo romagnolaccio dal facile eloquio, quasi sempre in dialetto, sempre in contraddizione con se stesso (ama la donna che ritrae in tutte le pose e non sposa, Si commuove per la sofferenza degli animali, si sofferma per ascoltare il canto di un usignuolo o di una allodola e degli episodi francescani preferisce la predica agli uccelli, ed è un veterano della caccia, ha una sua fede sentita e non la professa) per riconoscere in Terenzio Monti, sempre in moto con l’occhio vivace e la barbetta a punta, il temperamento di un artista primitivo e di un uomo che non vuole dande o cavezze, ma segue, a dispetto di tutti, la sua inclinazione e la sua ispirazione.
Non per niente il suo santo protettore al quale ha dedicato una parte della sua arte è il figlio di Ser Bernardone, ribelle per amore alla famiglia ed alla società del benessere del suo tempo, il suo filosofo è Alfredo Oriani (che ha plasmato a modo suo con l’occhio accigliato, la bocca serrata, la barba fluente come un savio greco o un senatore romano) sdegnato solitario che con “La lotta politica” ha colpito e scolpito i tempi della nostra storia in piena libertà di interpretazione pur dei santoni dell’epoca e con “La rivolta ideale” ha fissato lo sguardo nel futuro, ad una utopistica società, che non era certo quella del Regime, che l’aveva scelto, per opportunità a precursore, il suo poeta è 0lindo Guerrini, non per le sue rime più che boccaccesche, ma per la spregiudicatezza dello stile lontano da ogni artificio ed ogni adulterazione zuccherata, così comune nella letteratura dell’inizio del nostro secolo.
Il carattere innato di cavallo brado lo portò in Africa dove rimase molti anni a contatto della natura e dove scoppiò la sua arte di plasmatore. Senza aver frequentato scuole di arte fece della creta il mezzo di trasmissione del suo pensiero e della sua fantasia e delle sue mani agili e delicate, quando palpeggia il muso di un cane o il volto di una donna già abbozzati e già vivi, gli strumenti vivi delle sue creazioni.
Sia per il carattere, sia per assenza degli altrui pregiudizi estetici, sia per l’ambiente delle prime sue manifestazioni, il Monti non poteva essere che un primitivo e quindi la sua arte non poteva non rispecchiare la verità del suo sentire.
Fra le opere che ha collezionato i volti delle donne africane sono i suoi prediletti: ognuno ha una sua particolarità e rispecchia uno stato d’animo ingenuo e sincero: sono questi che fissano l’inizio di una attività che non ha un ordine fisso, che non è programmata, ma che ha punte di “furore” con notti insonni e lunghe stasi che portano l’artista all’aperto a parlar con i suoi cani o le sue gazze indiane o con la doppietta e la cartucciera a cacciare in collina.
Come primitivo è legato alla realtà, come sentimentale imprime a questa il sigillo del suo stato d’animo proiettando la realtà nel regno del mito: nascono cosi “Vento del deserto” viso tormentato dal vento del ghibli che ne disperde i capelli, forgiandoli ad ali, “Tristezze” un volto, stagliato come un giglio, soffuso da una tormentosa ansia interiore, “Filosofia e Poesia”, sguardi soffusi di mistero o sperduti nel sogno di una realtà trasfigurata, e sopratutto “Miserere”, un resto umano, un paria abbandonato a se stesso, un grido di vendetta contro un società egoistica e distrutta, e “Bellezza” volto di popolana assunta a simbolo d’un’ arte spontanea e sincera.
Abbiamo detto che il Monti ama gli animali “perchè anche se selvaggi non tradiscono mai” e, sopratutto, i cani “amici fedeli dell’uomo”: per questo non deve stupire se nella sua produzione i cani abbiano gran parte: teste di lupi o di pastori di varie razze, atteggiamenti momentanei di un boxer scrutante l’invisibile padrone, di un levriero ansioso in posta, di un pointer, il suo, pronto allo scatto, decine di altri visti e riprodotti con occhio d’amore. Non manca allo studio del Monti l’arte sacra: il Cristo soffuso, nel tormento da rassegnata dolcezza perchè “ha accettato il sacrificio per la salvezza dell’umanità”; Francesco in due atteggiamenti poetici, nel cantico del sole e nella predica agli uccelli, in pannelli che attendono il seguito per una sintesi della vita dell’assisiate: e non mancano volti di bimbi sereni e tranquilli che hanno un nome: Sandro, Nicola, Gianni… Ma dominanti nella stanza, fucina confusionaria di lavoro, e sempre in mezza oscurità, vi sono i busti del Guerrini e dell’Oriani, due aspetti dell’anima di questo romagnolo che si è trovato all’improvviso un artista.

Angelo Donati

Testo tratto da La Piè, n. 1, 1973; immagini tratte da un pieghevole stampato in occasione di una mostra di Terenzio Monti tenuta a Imola nel 1979

Nota: Terenzio Monti nacque a Castel Bolognese il 14 febbraio 1909 da Terzo Monti e Diomira Biancini. Scultore autodidatta, morì a Castel Bolognese il 17 gennaio 1987. Personaggio caratteristico del paese, è stato uno degli ultimi castellani (se non l’ultimo) a girare per il paese con la capparella, il tipico mantello romagnolo (nota a cura di Andrea Soglia)

Drahthaar tedesco

Drahthaar tedesco

Boxer tedesco

Boxer tedesco

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Mario Morelli (1908-1966) https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/mario-morelli-1908-1966/ https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/mario-morelli-1908-1966/#respond Tue, 10 Sep 2013 17:54:16 +0000 https://www.castelbolognese.org/uncategorized/mario-morelli/ Mario Morelli nasce a Castelbolognese il 4 ottobre 1908 da Emidio e Apollonia Foschini, è il più giovane di tre fratelli, Angelo (1900-1958) e Giovanni (1903-1956). Frequenta a Campiano (fraz. di Castelbolognese) le scuole elementari con la maestra Boschi, poi la famiglia si trasferisce a Faenza dove frequenta per qualche anno …

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mario_morelliMario Morelli nasce a Castelbolognese il 4 ottobre 1908 da Emidio e Apollonia Foschini, è il più giovane di tre fratelli, Angelo (1900-1958) e Giovanni (1903-1956). Frequenta a Campiano (fraz. di Castelbolognese) le scuole elementari con la maestra Boschi, poi la famiglia si trasferisce a Faenza dove frequenta per qualche anno le scuole tecniche.
Nel 1926 è esentato dal servizio militare poiché riformato.
E’ iscritto presso la Regia Scuola di Ceramica negli anni scolastici 1924/25, 1925/26, 1926/27 al Corso di apprendisti di foggiatura alla ruota, e ottiene il relativo diploma.
La prima esperienza di bottega nel 1927, è presso la Fabbrica di Ceramiche d’arte “La Faïence” di Paolo Zoli (1884-1960) in Borgo Durbecco, successivamente frequenta la Bottega di maioliche del pittore Mario Ortolani (1901-1955) in via Anconetano ed è anche decoratore presso la Fabbrica di maioliche “La Nuova Ca’ Pirota” di Giuseppe Fiumi in via Croce.
Nel 1929 è occupato come formatore presso la “Fornace Ceramica Bubani” di via Lapi.
Nel corso dell’anno è capo foggiatore presso la fabbrica “Ceramica” del Sen. Pozzo a Ronco Biellese in provincia di Vercelli.
Negli ultimi mesi di quell’anno è a Bergamo come direttore artistico nella Fabbrica S.A. “La Ceramica Bergamasca” di Cesare Paleni, qui acquisisce una notevole esperienza creando nuove forme e motivi decorativi. Direttore tecnico è il fratello Giovanni, ma anche altri ceramisti faentini sono occupati nella stessa fabbrica, il pittore Antonio Albonetti, il formatore G. Battista Casanova (1910-1976) e il foggiatore Angelo Melandri.
In questa fabbrica ha rapporti con Manzù, con lo scultore Coter e il pittore Nanni di Clusone.
Nel 1930 gli è assegnato ii Premio del Comune di Faenza al Merito Ceramico in onore di “Gaetano Ballardini” per il ramo tecnico, con la motivazione: “per una nuova forma di applicazione di smalti fusibili e lustri metallici”.
Nel 1932 lascia Bergamo e si reca a Modigliana (Fo) nella fabbrica “Studio Ceramico Prof. Laghi” di Giuseppe Laghi (1886-1944) in via Puntaroli, con la qualifica di direttore artistico e decoratore.
Nel 1933 ritorna a Faenza e allestisce uno Studio Ceramico in via Croce al n. 6. Precedentemente i locali erano stati occupati dalla fabbrica di ceramica “La Nuova Ca’ Pirota” dei fratelli Fiumi e successivamente dalla Bottega ceramica di Emilio Casadio (1902-1964) e Aldo Sintoni (1905-1945).
Produce esclusivamente ceramiche di tipo moderno con rifiniture in oro su smalti colorati con applicazione dei lustri metallici, cristalline di grosso spessore, smalti semi-opachi su figure stilizzate, vasi, ciotole, pannelli e piastrelle avvalendosi della collaborazione di G. Battista Casanova, del tecnico Emilio Casadio, del pittore Antonio Albonetti e degli scultori Angelo Biancini e Domenico Matteucci.
In questi anni è in contatto con l’Ente Nazionale per l’Artigianato e le Piccole Industrie di Roma e con vari artisti, fra cui Giuseppe Tampieri, cura particolarmente i rapporti commerciali con le fabbriche di colori e materie prime per ceramica, e si avvale dell’esperienza tecnica del fratello Giovanni.
Realizza opere di notevole prestigio artistico che rimangono ben caratterizzate nella ricerca per la qualità e per una più qualificata espressione d’arte.
Nell’anno scolastico 1933/34 prende parte presso la R. Scuola di Ceramica, alla commissione d’esame di abilitazione di Artiere Qualificato, quale rappresentante degli Industriali Ceramisti.
Dal 7/2 al 6/4/1934 frequenta il Corso serale pratico di Laboratorio Tecnologico svolto alla R. Scuola di Ceramica.
Il 30 luglio 1934 si sposa con Margherita Pezzoli abile decoratrice su ceramica.
Nel 1934 gli è assegnato il Premio del Comune di Faenza al Merito Ceramico in onore di “Gaetano Ballardini” per il ramo tecnico, con le motivazioni “per il processo a sovrapposizione di smalti di differente natura, ha risolto molto brillantemente il quesito di fabbricare, in maiolica, quindi a temperatura limitata, oggetti d’arte assai pregevoli dall’aspetto di gres, semplificandone sensibilmente la tecnica ed agevolandone la riuscita, in modo da aprire alla lavorazione maiolicara d’arte una nuova via”.In quell’anno vince vari premi, la Medaglia d’argento alla IV Fiera dell’Artigianato di Firenze, il Primo Premio del Concorso E.N.A.P.I. per il servizio rustico da tavola, il Primo Premio del Concorso E.N.A.P.I. per il vaso foggiato al tornio e il secondo Premio del Concorso E.N.A.P.I. per il vaso foggiato al tornio e decorato alla IV Settimana Faentina, la Medaglia d’oro alla Settimana Cesenate.
Riceve vari attestati, dal Diploma di secondo grado alla Fiera del Littorio di Bologna, al Diploma di partecipazione alla Mostra della Moda di Torino.
Frequenta presso la R. Scuola di Ceramica un Corso Serale di Tecnologia Ceramica svolto da 2/1 al 31/3/1935.
Nel 1935 partecipa alla Fiera del Littorio di Bologna – Salone E.N.A.P.I., dove vince la Medaglia d’Argento e riceve poi il Diploma di Primo Grado con speciale distinzione. Alla V Settimana Faentina vince il Primo Premio del Concorso E.N.A.P.I. per il servizio rustico per cantina e all’Esposizione Universale di Bruxelles la Medaglia d’Oro.
Nell’anno scolastico 1935/36 prende parte presso la R. Scuola di Ceramica, alla commissione d’esame di abilitazione di Artiere Qualificato, quale rappresentante per gli Industriali Ceramisti.
Nel 1936 nasce a Faenza la figlia Anna.
Partecipa alla V Mostra Interprovinciale-Sindacato Fascista Belle Arti Emilia Romagna, con opere in collaborazione con lo scultore Angelo Biancini (1911-1988).
In quell’anno, alla VI Triennale di Milano gli viene conferita la Medaglia d’Oro.
Nel 1937 all’Esposizione Universale di Parigi ottiene Ia Medaglia d’Oro e il diploma d’onore. Vince il Terzo Premio alla Mostra dell’artigianato artistico della VII Settimana con motivazione: “per il complesso delle opere ricche di moderna sensibilità e di ottima ceramica”.
Frequenta presso la R. Scuola di Ceramica un Corso Serale pratico di Laboratorio Tecnologico svoltosi dal 18/1 al 20/4/1937.
Il 16 ottobre 1937 è nomitato Maestro d’Arte incaricato per la sezione ceramica presso l’Istituto Statale d’Arte di Firenze, nomina che eserciterà fino al 1953.
Nel 1938 la sua produzione è inserita nella Collana Cataloghi dell’Artigianato Italiano a cura dell’E.N.A.P.I. di Roma.
Vince il Primo Premio del Concorso Nazionale Modelli 1938 alla Mostra dell’Artigianato di Firenze.
Nell’ambito della IX Settimana Faentina del 1939 vince il Primo Premio diviso del secondo tema, e il terzo Premio del primo tema al II Concorso Nazionale della Ceramica d’Arte.
Nel 1940 vince il Primo Premio al Concorso del Presepe Moderno, promosso dall’Associazione Pro Loco del Comune di Faenza, partecipa alla VII Triennale d’Arte di Milano.
Nel dicembre del 1941 allestisce una mostra personale alla Galleria Gian Ferrari a Milano, con la presentazione di Gio Ponti (1891-1979)… “Morelli pone al servizio di una sciolta maestria nell’esprimersi con la ceramica una ispirazione che ha le fresche grazie medesime del suo modo di tradurle in atto, e fa tutt’uno. Le sue formelle hanno una lucida e liquida freschezza dove pare che il colore non sia dietro la prima superficie vetrosa ma quasi le appartenga: e le colorazioni fredde ove è sempre un accento di blu, e fluide sono esse stesse un po’ acquee: i soggetti hanno la medesima ispirazione nobilmente gentile, si potrebbe dire, della loro traduzione ceramica, sia che si tratti di vaghe nature morte, o di nature paesistiche, quanto infine di figure fra le quali predilige certi vasi di fattezze bellamente italiane. Tutto è intuito, non in una atmosfera, ma in una fluidità brillante e cantante, dove il disegno gioca con leggerezza e discrezione”.
Nel 1942 in collaborazione con lo scultore Bruno Innocenti vince il Concorso indetto dal Monte di Credito su Pegno e Cassa di Risparmio di Faenza, con un grande pannello di m. 1,60 x 1,45, bassorilievo modellato dall’Innocenti e da lui ceramicato, sul tema “La Pietà” ora nel salone della borsa del locale Istituto.
In quell’anno esegue pure due gruppi che rappresentano i Re Magi e la Sacra Famiglia fra una gloria di angeli, facenti parte di un grande presepe, opera di notevole prestigio che presenta all’Esposizione di Roma, ed è anche in stretti rapporti con Marino Marini.
Nel 1944 è arrestato poiché antifascista e imprigionato per circa quaranta giorni nelle carceri di Ravenna assieme ad altri faentini. Tutta la famiglia è contro l’attuale regime, il fratello Angelo è poi figura di primo piano essendo componente del Fronte Liberazione Popolare. Partecipa nel giugno/luglio 1945 presso il Centro Culturale della Democrazia Cristiana a Faenza alla Mostra d’Arte e Concorso edile su tema.
Negli ultimi mesi dell’anno è il promotore per ottenere da una associazione americana, la C.A.D.M.A. un contributo ai ceramisti faentini, che si concretizza con la consegna di dodici forni elettrici e varie materie prime.
Nel 1948 partecipa al VII Concorso Nazionale della ceramica, ricevendo una segnalazione della Giuria “per il complesso interessante della sua presentazione”. Nel 1950 cessa l’attività dello studio ceramico in via Croce a Faenza, rilevato da Carlo Zauli, Umberto Zannoni e Everardo Giovannini.
Il 31 ottobre 1953 si licenzia dall’Istituto d’Arte di Firenze e parallelamente alla ricerca del modernismo si interessa di antiquariato.
Dall’ottobre 1954 è docente presso l’lstituto Statale d’Arte “A. Venturi” di Modena, cessa tale assegnazione col 30 giugno 1955.
Immediatamente dopo, ma per un breve periodo è occupato con funzioni direttive nel reparto artistico della fabbrica Ginori a Doccia.
Nel 1956 muore a Napoli il fratello Giovanni, direttore a Capodimonte della Fabbrica di Ceramica del fratelli Freda. (Dopo aver compiuto gli studi di tecnologia ceramica presso la R. Scuola di Ceramica a Faenza, aveva lavorato a Bergamo, con funzione di direttore tecnico nella “Ceramica Bergamasca”, poi a S. Stefano di Camastra aveva contribuito all’impostazione della locale Scuola d’Arte, successivamente aveva lavorato a Palermo come direttore tecnico della Società Ceramica Florio, ad Olbia collabora all’impostazione della locale Scuola d’Arte, lavora infine alla Ginori a Pisa).
Nel 1958 muore a Bologna l’altro fratello Angelo, medico radiologo.
Dal 1958 al 1966 si dedica alla fabbricazione di smalti e colori, allestisce a Firenze lo “Studio Ceramico Mario Morelli” specializzato in forniture complete per industrie ceramiche, vetrerie, metallo smaltato, inoltre svolge consulenze tecniche e artistiche.
E’ rappresentante di varie ditte inglesi, dalla K.H. Bailey & Sons per le calcomanie per ceramica e vetro, alla Wengers per i colori Ceramici e prodotti chimici entrambe di Stoke on Trent.
Fa parte del Comitato Tecnico della III Biennale Mostra Mercato Internazionale dell’antiquariato a Palazzo Strozzi a Firenze del settembre 1963.
Nel luglio 1964 è membro di Commissione nella Giuria del Concorso delle Ceramiche riservato alle Fabbriche Artigiane Albisolesi, svoltosi a Villa Faraggiana in Albisola Marina, durante lo svolgimento del “VI Festival dell’Artigianato Ceramico”.
Muore a Firenze il 15.9.1966 ed è sepolto nel cimitero di Razzuolo (FI).
Il 19.12.1976 presso la Residenza Municipale è consegnata alla famiglia da parte del Comune di Faenza e della Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti sezione di Faenza la medaglia d’argento e il Diploma di Benemerenza “alla memoria”, in ricordo ed onore di quanti coraggiosamente sfidarono gli aggressori.
Nel settembre 1986 la salma è trasferita nel monumento sepolcrale onorario degli artisti faentini presso ii Cimitero dell’Osservanza di Faenza.
Numerosi esemplari delle sue ceramiche sono conservati nel Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza.

Particolare dello "Studio Ceramico" di via Croce a Faenza (1944)

Particolare dello “Studio Ceramico” di via Croce a Faenza (1944)

Testo e immagini tratti da: Mario Morelli : l’arte nella forma e nel colore / Stefano Dirani. – Faenza : Banca del monte e cassa di risparmio, 1990. – [8] c. : ill. ; 24 cm. (Ed. fuori comm.)

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Giovanni Piancastelli (1845-1926) https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/giovanni-piancastelli-1845-1926/ https://www.castelbolognese.org/biografie-personaggi/artisti/giovanni-piancastelli-1845-1926/#respond Tue, 10 Sep 2013 17:54:32 +0000 https://www.castelbolognese.org/uncategorized/giovanni-piancastelli-artista-e-collezionista/ english version Artista e collezionista Cenni biografici 1845. Il 14 settembre nasce a Castel Bolognese da umile famiglia. Il padre Pasquale esercita il mestiere di canapino, la madre Domenica Raccagni è tessitrice. E’ il quinto figlio: Leonardo era nato il 17 giugno 1838, Giovanna il 3 giugno 1839, Giuseppa il …

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Artista e collezionista

Autoritratto (Castel Bolognese, Museo Civico)

Autoritratto
(Castel Bolognese, Museo Civico)

Cenni biografici

1845. Il 14 settembre nasce a Castel Bolognese da umile famiglia. Il padre Pasquale esercita il mestiere di canapino, la madre Domenica Raccagni è tessitrice. E’ il quinto figlio: Leonardo era nato il 17 giugno 1838, Giovanna il 3 giugno 1839, Giuseppa il 15 aprile 1841 e Antonia il 15 aprile 1843 (quest’ultima sposerà Giuseppe Naldi).

1847. Il 9 dicembre nasce il fratello Pio (Giovanni) che sposerà Giuseppina Cani.

1851. Il 9 ottobre nasce la sorella Vincenza che sposerà Annibale Valli.

1853. Frequenta le lezioni di Padre Federico Bandiera da Palestrina presso il convento dei Cappuccini di Castel Bolognese.

1854. Il 4 marzo nasce il fratello Francesco che sposerà Orsola Galeati.

1860. Si iscrive alla Scuola di Disegno di Faenza diretta da Achille Farina grazie all’intervento dei conti Giuseppe Rossi e Domenico Zauli Naldi.

1862. Termina gli studi faentini e si trasferisce a Roma ospite del marchese Camillo Zacchia. E’ allievo di Guido Guidi.

1864. Si iscrive all’Accademia di S. Luca dove è allievo di Francesco Podesti, Alessandro Capalti, Vincenzo Pasqualoni, Annibale Angelini, Francesco Coghetti e Antonio Sarti.

1865. In dicembre vince un concorso di architettura indetto dalla Congregazione Pontificia dei Virtuosi al Pantheon.

1866. Il 3 aprile lascia Roma per il servizio militare che durerà cinque anni. I primi mesi li trascorre a Tortona.

1867. E’ fante a Mantova.

1869. E’ fante a Siena dove frequenta l’Accademia di Belle Arti diretta da Luigi Mussini.

1871. Il 12 aprile è congedato. Ritorna a Roma dove viene assunto come insegnante di disegno e pittura dal principe Marcantonio Borghese.

1872. Soggiorna a Nettuno.

1875. Partecipa all’Esposizione Romagnola di Faenza aggiudicandosi due medaglie d’argento e un diploma.

1878. E’ presente all’Esposizione Universale di Parigi con il dipinto Gli emigranti della campagna romana.

1883. E’ presente all’Esposizione Internazionale di Roma e a quella internazionale di Monaco di Baviera con due dipinti sul tema dell’emigrazione.

1884. E’ presente all’Esposizione Nazionale di Belle Arti di Torino con il dipinto La moglie del marinaio.

1885. In luglio compie un viaggio in Olanda in compagnia di Giuseppe Borghese.

1886. Riceve l’incarico di riordinare la collezione Borghese e di trasferirla a villa Pinciana. Dirige i lavori di ristrutturazione del castello di Cafaggiolo.

1888. E’ presente all’Esposizione di Belle Arti di Bologna con Atropo.

1889. Il 17 giugno riceve la nomina di Accademico d’onore presso la Regia Accademia di Belle Arti di Bologna.

1894. Compie un viaggio a Praga per documentarsi in vista dell’esecuzione della pala La morte di S. Giovanni Nepomuceno commissionata dal principe Giulio Torlonia.

1895. L’11 marzo nasce a Bologna il nipote Pasquale, figlio del fratello Francesco.

1896. Corrado Ricci gli commissiona alcuni disegni per il racconto Il Passo della Badessa che verrà pubblicato sulla rivista “Emporium”.

1898. E’ presente all’Esposizione Berniniana come artista e collezionista.
E’ presente all’Esposizione d’Arte Sacra di Torino con la pala Sacra Famiglia.

1900. Partecipa al Concorso Alinari di Firenze con il dipinto Madonna col Figlio.

1901. Prende i primi contatti per la vendita della sua collezione di disegni.

1902. Il 6 gennaio è nominato direttore della Galleria Borghese.

1904. E’ presente con quattro ritratti all’Esposizione Romagnola di Ravenna.

1905. Vende l’ultimo nucleo della sua collezione.

1906. Il 6 maggio viene nominato cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.
Abbandona l’incarico di direttore della Galleria Borghese e si ritira a Bologna nella nuova casa di via Saragozza.

1908. Partecipa alla Prima Biennale Romagnola d’Arte a Faenza.

1910. In luglio intraprende un viaggio in Umbria e in Toscana con il principe Torlonia.

1911. E’ presente con vari disegni a penna alla Quinta Mostra d’Arte a Faenza.

1912. Dona al Convento dei Cappuccini di Castel Bolognese i suoi migliori disegni a penna di soggetto francescano.

1916. Vende 49 disegni di artisti bolognesi alla Regia Pinacoteca di Bologna.

1917. Dona un Autoritratto agli Uffizi.

1919. Vende 400 disegni di scuola bolognese al musicista Antonio Certani di Bologna.

1923. E’ presente con 60 opere alla Terza Mostra di Belle Arti di Imola.

1925. Dona un Autoritratto alla Galleria Borghese.

1926. Partecipa alla Quarta Mostra di Belle Arti di Imola con 36 disegni a penna.
Il 23 settembre muore a Bologna.

Piccola galleria di opere di Giovanni Piancastelli

Testo tratto da: Giovanni Piancastelli : artista e collezionista (1845-1926) / Samantha De Santi, Valentino Donati ; presentazione di Gian Carlo Bojani. – Faenza : Edit Faenza, 2001.

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