Storia di Paolo Almerighi

Lunedì 7 settembre 2020 abbiamo appreso la notizia della scomparsa di Paolo Almerighi. Aveva 89 anni (era nato a Castello l’8 maggio 1931) e dal 1979 era ospite della nostra Casa di riposo, dove trascorse gli ultimi anni di vita anche sua madre Giovanna.
Paolo, assieme alla Giovanna Galeati, anch’essa “ospite a vita” della Casa di riposo, era una vera e propria “istituzione”, conosciuto e benvoluto da tutti per i piccoli servizi svolti alla comunità e per la sua semplicità.
Vi proponiamo la sua storia, svelata dal volume Storia di vite – Sante Zennaro Imola Bene comune (scritto da Amedea Morsiani e pubblicato dall’editore Bacchilega di Imola), così come l’ha raccontata un articolo pubblicato su Sabato Sera il 13 dicembre 2018.
Ringraziamo Franco Gaglio per la collaborazione (A.S.)

Il caso del bambino internato in “collegio”

Storia di Paolo, la cui vita iniziò fuori dal manicomio

Nel libro “Storia di vite”, scritto da Amedea Morsiani, è raccontato il caso esemplare di Paolo che, dopo essere stato dimesso dall’Osservanza, è riuscito pian piano a ricostruirsi una vita

Imola. Durante la presentazione del libro Storia di vite alla biblioteca comunale era presente un ospite inatteso, ma molto particolare, di nome Paolo.
La particolarità di Paolo sta nell’essere uno dei protagonisti del libro stesso, anzi, gli è stata dedicata un’intera sezione, perché la sua vita è un caso esemplare a testimonianza del mutamento avvenuto nelle strutture psichiatriche e nei servizi socio-assistenziali. Paolo, nato in comune di Castel Bolognese nel 1931, aveva una sorella maggiore di nome Liliana ed era figlio di Giovanni e Giovanna. II padre, mastro muratore, morì di malattia nel 1938 e la madre, non avendo alcuna risorsa economica personale per mantenere i figli, fu costretta a ricorrere all’orfanotrofio di Santa Caterina a Imola, che accoglieva i figli orfani con un genitore vivente. Ciò avvenne anche perché nessun parente volle o poté farsi carico del loro sostegno. La vita in orfanotrofio era dura, ma il peggio doveva ancora avvenire. La madre Giovanna, nel 1940, dopo vari contrasti con i parenti, venne ricoverata all’ospedale psichiatrico dell’Osservanza con la diagnosi di depressione e ben presto divenne ricoverata stabile, non avendo risorse e parenti che si occupassero di lei. Tranquilla, ordinata e servizievole con le altre pazienti, rimase rinchiusa per 34 anni, condizionando la sua esistenza al punto tale che, al momento della dimissione, non aveva alcuna intenzione di abbandonare la struttura sanitaria che era diventata, per quanto terribile, come si desume leggendo le pagine di Storia di vite, la sua casa.
Anche Paolo conobbe la struttura psichiatrica dopo pochi anni; nel 1946, per una diagnosi di frenastenia (una leggera insufficienza mentale) fu ricoverato al Lolli, destinato al Padiglione 11, il cosiddetto manicomio dei bambini. Successivamente fu trasferito all’Osservanza, dove incontrò finalmente sua madre, con la quale, a volte, usciva per una breve passeggiata nei pressi dell’ospedale, magari lungo viale Dante, per far poi ritorno in ospedale.
Il grande cambiamento per Paolo avvenne quando l’arzdôr Nicola Morsiani, che aveva avuto relazioni con Giovanni, padre di Paolo, ordinò a suo figlio Domenico di andare a prendere Paolo dall’ospedale e portarlo a casa, nel podere di famiglia, a Borello di Castel Bolognese. Per Paolo fu un’esperienza stupefacente, Domenico arrivò all’Osservanza a bordo di una Moto Guzzi rossa con il sidecar e, una volta disbrigate le formalità, lo fece salire sul sidecar della sua moto fiammante e parti a gran velocità verso casa.
Per Paolo, dopo un primo momento di disorientamento, iniziò un lento apprendimento di mansioni, ebbe la possibilità di ricostruire relazioni umane, nonostante la lunga permanenza in manicomio e il suo leggero difetto psichico avessero limitato parecchio le sue possibilità.
Dopo vari anni trascorsi nella famiglia di Nicola Morsiani e in un’altra famiglia della zona (i Pasotti, soprannominati Sbara, ndr) impegnandosi in lavori che imparava a svolgere via via che faceva esperienza e facendosi benvolere da tutti, a volte vittima di scherzi non sempre simpatici, le condizioni per poter vivere ospite in una famiglia divennero sempre più complesse. Fu allora che il sindaco di Castel Bolognese, all’epoca Franco Gaglio, decise che avrebbe trovato il modo di ospitarlo nella casa protetta della sua città. E cosi avvenne. Oggi Paolo trascorre serenamente i suoi giorni amato da tutti, svolge o ha svolto varie mansioni, aiutante in cucina, cameriere, canta, cura la costruzione di un presepe, tutte attività che danno un senso alla sua vitae gli permettono di viverla con dignità.

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