Giorgio Giovannini: l’ultimo mugnaio di Castel Bolognese
Ancora una volta la malattia che non dà scampo ci ha sottratto ad 80 anni, l’11 novembre 2013, una delle persone più conosciute di Castel Bolognese, che era noto in tutta la valle del Senio per il suo lavoro: il mugnaio Giorgio Giovannini.
Lo rivedo ancora scendere dalla torre molitoria tutto infarinato, orgoglioso di condurre il suo mulino a cilindri, quello chiamato della Porta, posto sulla Via Emilia. Quale figlio d’arte, aveva imparato dal padre Ezio i segreti dell’arte molitoria, le miscele del grano, le qualità di farina ed aveva continuato questa attività di famiglia fino al 1997 quando, ormai stanco, ma comunque con grande rimpianto, aveva cessato l’attività sia perché i figli erano occupati altrove sia perché i grandi mulini industriali stavano avendo la meglio sui piccoli artigiani impadronendosi dell’intero mercato e rendendo senza futuro la sua attività. Gli erano d’aiuto la moglie Giovanna ed alcuni operai: indimenticabili Michele Landi, sua moglie Dina “la Dina de Mulén” e Lino Silvagni che si occupavano, principalmente, del confezionamento, del trasporto e della manutenzione delle macchine.
Fuori dal lavoro due passioni lo infiammavano: lo sport in genere ed il calcio in particolare, ove da giovane era stato tra i giocatori della gloriosa squadra del Castel Bolognese, e la fotografia. Amico per la vita di Angelo Minarini, li vedevi in sana competizione per riprendere le inquadrature più suggestive o i paesaggi più pittoreschi, con macchine fotografiche e telecamere all’ultimo grido che, come dicevo loro, “facevano pure il caffè”.
Alla sue spalle stava una bella famiglia unita che da pochi anni aveva festeggiato le nozze d’oro: la moglie Giovanna, dalla quale Giorgio era inseparabile, la sorella Giuliana, i figli, le nuore ed i nipoti.
Una chiesa gremita di amici e conoscenti ha reso l’estremo saluto a Giorgio giovedì 14 novembre 2013; le parole di Mons. Gian Luigi Dall’Osso, amico di famiglia che gli è stato vicino fino agli ultimi giorni, ne hanno restituito un ritratto a tutto tondo, ed in maniera significativa ha descritto l’onestà, la profonda fede e la rettitudine d’animo di Giorgio dicendo: “lui che ha per tanti anni ha macinato il grano per impastare anche il pane che si offre alla Mensa Eucaristica, da oggi quel pane lo gusta alla Mensa del Signore.”
Mi mancherà senza dubbio alle mie gite, nel suo posto appena dietro l’autista, luogo privilegiato per riprendere dentro e fuori il pullman (… con Minarini nel sedile appena dietro), così come le sue battute ironiche ed i suoi commenti a volte salaci, ma mai volgari, sui luoghi visitati od i compagni di viaggio: “Avuchet, tat ci propi purtè in t’un bel post, incù” era il commento alla fine di una delle nostre tante uscite.
Ciao Giorgio, spero che anche lassù qualcuno ti organizzi qualche gita perché se la terra è così bella non oso immaginare il Paradiso, munito magari un macchina fotografica un po’ speciale che ci mandi nei nostri momenti di sconforto una tua serena visione di quei luoghi celesti.
Paolo Grandi
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