Pietro Garavini (1869-1933)
Nasce a Castel Bolognese (RA) l’8 dicembre 1869 da Simone e Francesca Scardovi, oste e caffettiere. Detto Piràt.
Frequenta le sole scuole elementari. Aderisce in gioventù all’anarchismo dopo essere stato membro per qualche tempo del partito socialista. Anarchico è anche il fratello Antonio (1872-1936), detto Ansèna, personaggio pittoresco e stravagante dotato di una forza fuori del comune, implicato in vari episodi di anticlericalismo, che emigrerà in Brasile verso la fine dell’Ottocento, dove raggiungerà una certa agiatezza economica e diventerà piuttosto popolare con il soprannome il Tigre. Il “Cenno biografico” del CPC, che risale al 1897, presenta G. come un lavoratore assiduo che si comporta “benissimo” con la famiglia. Di carattere “mite”, viene considerato “alquanto educato e intelligente”. Anarchico “fanatico e temibile” in passato, dopo essersi sposato il suo comportamento sarebbe “totalmente cambiato”, continuando a professare le idee di un tempo ma serbando “buona condotta”.
Esercita una discreta influenza fra i compagni, ma circoscritta a Castel Bolognese. Per molti anni la sua osteria è il luogo di ritrovo abituale degli anarchici del paese, anche per la mancanza di una vera sede politica, ed egli prende parte a tutte le riunioni del movimento locale. Nel 1892 è socio del Circolo di Studi Sociali di Castel Bolognese (a cui partecipano socialisti, repubblicani e anarchici), ma si dimette con una decina di altri anarchici intransigenti per solidarietà con Raffaele Cavallazzi, accusato di “atteggiamento autoritario” ed espulso, perché ha cercato di contrastare la linea riformista e gradualista del socialista Umberto Brunelli e di spostare il Circolo stesso su posizioni più radicali. Nelle fonti di polizia viene indicato come uno degli autori della decapitazione di una statua della Madonna avvenuta nella notte del 21 maggio 1893 nella Chiesa di San Francesco in occasione della Festa della Pentecoste, il più eclatante episodio a sfondo anticlericale avvenuto a Castel Bolognese, che ha clamorose ripercussioni in tutta la Romagna. E’ probabile invece che all’episodio, attribuito da alcune fonti a un non meglio precisato gruppo “di libera iniziativa” che agirebbe autonomamente dal movimento anarchico ufficiale, G. sia estraneo. Egli peraltro non è neppure rinviato a giudizio. Nel processo di primo grado, celebrato presso la Pretura di Faenza il 3 ottobre 1893, imputati figureranno gli anarchici castellani Raffaele Cavallazzi, Antonio Garavini, Giuseppe Minardi e Michele Fantini. I primi tre verranno condannati, ma saranno poi definitivamente assolti in appello dal Tribunale di Ravenna con sentenza del 22 ottobre 1893. La sera del 31 maggio 1894 G. prende parte a una manifestazione di solidarietà con i Fasci siciliani che si tiene a Castel Bolognese. Per questo episodio viene processato con altri 18 anarchici e socialisti e il successivo 18 agosto è condannato a 3 mesi di detenzione e 10 lire di multa per “eccitamento a delinquere”. Viene proposto per l’assegnazione a domicilio coatto in base alla Legge del 19 luglio 1894, ma la Commissione provinciale respinge la richiesta. Verso la fine dello stesso anno è processato insieme ad altri anarchici castellani (Raffaele Cavallazzi, Francesco Budini detto Patacò, Ugo Biancini, Giovanni Borghesi detto Sablì, Pietro Mariano Scardovi detto Càcher e Vincenzo Lama detto Bosca) per il delitto di “associazione a delinquere”, ma il Tribunale di Ravenna lo assolve per insufficienza di prove. Firma la protesta per il processo di Ancona a carico di Malatesta e compagni per “associazione di malfattori” pubblicata nel Supplemento de “L’Agitazione” dell’aprile 1898, e la successiva protesta per un altro processo agli anarchici del capoluogo marchigiano per “associazione sediziosa” (“L’Agitazione”, luglio 1900).
Riceve e diffonde periodici anarchici in lingua italiana, e talvolta altri stampati sovversivi, dall’Italia e dall’estero. Il 23 settembre 1900, nel clima repressivo seguito al regicidio di Bresci, viene arrestato e denunciato per associazione a delinquere quale uno dei componenti il nucleo organizzatore del Gruppo socialista-anarchico di Castel Bolognese sciolto d’autorità, ma dopo una settimana è posto in libertà provvisoria e successivamente il Tribunale di Ravenna dichiara il non luogo a procedere. Nel nuovo secolo mantiene rigorosamente le sue idee politiche ma riduce progressivamente la sua attività. In certa misura lo sostituirà il figlio minore Nello, esponente di rilievo della nuova generazione di militanti che iniziano a svolgere la loro attività durante e dopo la prima guerra mondiale (vaghe simpatie libertarie dimostrerà anche il figlio maggiore Simone, detto Cino, che trascorrerà un anno di confino a Rossano Calabro (CS) come antifascista tra il giugno 1939 e il luglio 1940). Nel settembre del 1927 G. è incarcerato per breve tempo a seguito di un attentato ai danni del Console della milizia fascista Ettore Muti a Ravenna (gli arrestati nella sola Castel Bolognese saranno una ventina, quasi tutti anarchici, varie centinaia nell’intera provincia). Il mese successivo, con ordinanza del Questore, viene diffidato come “elemento pericoloso per la sicurezza dello Stato”. Nell’agosto del 1928 è radiato dallo Schedario dei sovversivi, in quanto considerato non più pericoloso, anche in considerazione della sua età. Muore a Bologna il 6 novembre 1933.
FONTI: ACS, CPC, ad nomen; BLAB, Fondo Anarchici castellani; Fondo Nello Garavini; N. Garavini, Testimonianze, datt. inedito.
BIBLIOGRAFIA: Castelbolognese nelle immagini del passato, Imola, Galeati, 1983; Il movimento anarchico a Castelbolognese (1870-1945), Castel Bolognese, Grafica Artigiana, 1984.
Gianpiero Landi
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