Gli orti di Castel Bolognese nella sua storia
Castel Bolognese, città murata dalle ridotte dimensioni a cavallo della Via Emilia, conservava al suo interno vari appezzamenti, per lo più privati, dedicati ad orto. Nessun palazzo patrizio né alcuna casa privata avevano il terreno sufficiente per impiantarvi un giardino o un orto; i principali, cioè Palazzo Ginnasi, Palazzo Pallantieri, Palazzo Mazzolani e Palazzo Zacchia-Rondinini sulla Via Emilia, Palazzo Zauli-Naldi in via Garavini, avevano bei cortili, ma completamente lastricati.
Tuttavia, due orti storici privati si sono conservati sino a noi: uno è prospiciente via Pallantieri e si stende sino alle mura cittadine ed un tempo apparteneva ai Zacchia-Rondinini (La casa a fianco era la stalla, rimessa delle carrozze ed alloggio della servitù), l’altro è racchiuso tra le mura cittadine ed un recinto nel quale esiste anche una ghiacciaia, in via Camerini, tra il numero 6 ed il numero 10 in quella che fu la casa dei Bagnaresi, i “Bacòcc”.
I rimanenti orti che si trovavano all’interno delle mura appartenevano ad ordini religiosi. Il primo, ed il più grande, tuttora esistente, era quello delle Monache Domenicane che si allarga tra il Monastero e le mura cittadine. Una curiosa vicenda è legata a questo angolo cittadino nascosto ai più: un tempo, Monastero ed orto erano separati da via Amonio, che terminava in Via Costa e proseguiva oltre con nome di Via Pallantieri, così rispettando l’ortogonalità del tracciato viario cittadino. Nel 1737 le Monache avanzarono alla Municipalità la richiesta di inglobare la strada, che allora portava il nome di Via Gattamarzia, onde incorporare l’orto al Monastero. La municipalità non lo concesse e le Monache dovettero attendere il 1892 per veder soddisfatta la loro richiesta. Un secondo orto, sufficientemente ampio, era racchiuso tra le mura del convento dei francescani Minori Conventuali, l’attuale Municipio, e si estendeva, grossomodo, sull’area dell’attuale piazza Borghi ove dai primi del XX secolo insistette il teatro comunale. Un terzo orto, sicuramente più modesto ma scomparso solo nel dopoguerra, era quello in uso all’Arciprete di San Petronio nell’area cortiliva della Canonica, al posto dell’attuale cinema-teatro Moderno.
All’interno delle mura non si conoscono altre aree dedite all’orticoltura. Dalle cronache non si rileva che il Monastero delle Agostiniane, quello delle Terziarie di San Francesco e quello delle Teresiane, nonché l’Orfanotrofio Femminile avessero orti.
Al di fuori delle mura cittadine troviamo due orti storici. Il primo, sicuramente il più vasto di Castel Bolognese, era quello dei Frati Cappuccini. L’orto che vediamo oggi, tuttavia, è più piccolo rispetto all’originario: infatti nel 1802 venne mutilato una prima volta per costituire il cimitero cittadino nella parte rivolta verso via Ghinotta. Solo dopo l’inaugurazione del nuovo cimitero nel 1902 e la completa esumazione delle salme, il suolo fu restituito ai Cappuccini. La seconda mutilazione avvenne dopo le soppressioni napoleoniche, quando il complesso conventuale divenne proprietà della famiglia Sangiorgi. Comunque, dopo la restituzione ai frati, avvenuta nei 1822, l’orto misurava «tornature due, pertiche cinque, piedi sei e due once». Questa area era circondata da un muro di proprietà del convento, tuttora esistente.
Il secondo orto, oggi scomparso, era quello dell’Ospedale Civile, posto in parte verso il canale ed il rimanente verso via Roma. Una porzione di esso era riservata agli ortaggi per il consumo dei degenti, un’altra serviva al consumo delle suore e del Cappellano . L’Ospedale, che qui venne inaugurato nel 1813, aveva avuto la sua primitiva sede sulla via Emilia, a fianco della chiesa di Santa Maria, ma qui è difficile pensare che vi fosse un orto. La sua seconda sede fu l’ex convento dei Minori Conventuali, in Piazza Bernardi; qui di sicuro l’Ospedale sfruttò l’orto già coltivato dai frati cacciati dal regime napoleonico.
Altri edifici ad uso pubblico posti fuori le mura erano l’Orfanotrofio Femminile, peraltro realizzato recentemente, nella prima metà del secolo scorso ed il Lazzaretto ma per entrambi non esiste documentazione relativa all’esistenza dell’orto.
Ma Castel Bolognese aveva anche alcuni appezzamenti di terreno privato adibiti ad orto. Questi si trovavano fuori le mura, verso Faenza, oltre il Canale dei Molini al di qua ed al di là della Via Emilia. La fertilità di quel terreno, le presenza dell’acqua ne ha fatto da sempre la riserva orticola della città, sopravvissuta fin quasi ai nostri giorni. Della fertilità di questo Loghetto si parla nel testamento di Alessandro Pallantieri (10 maggio 1610) che nell’occasione lo lascia in usufrutto alla sorella Clarice. Infine, quando anche i fossati delle mura persero la loro funzione difensiva, anche essi furono in parte trasformati in orto.
Paolo Grandi
Da: PAOLO GRANDI: L’orto, da necessità a piacere, Dozza, 2011
Lascia un commento