La ferrovia del Senio
Breve storia di una linea lunga una decina di chilometri, che per quasi vent’anni in Romagna ha collegato Castel Bolognese con Riolo Terme.
Agli albori del Regno d’Italia, in Romagna si iniziava a disegnare la rete ferroviaria con l’inaugurazione della linea Bologna-Forlì l’1 settembre 1861 e della Castel Bolognese-Ravenna il 23 agosto 1863. I comuni romagnoli rimasti esclusi dall’itinerario di queste due linee pensarono intanto a cercare le più diverse soluzioni per collegarsi alla nuova ferrovia. A questo dibattito non furono assenti i comuni della vallata del Senio. Essi infatti avevano capito come fosse importante allacciarsi alla Bologna-Rimini-Ancona per vedere sviluppati i traffici commerciali e turistici interessanti la valle. La strada che da Castel Bolognese conduceva verso la Toscana era infatti scomoda e pericolosa: il primo tratto, fra Castel Bolognese e Campiano, era infido e soggetto a improvvisi allagamenti, mentre la salita delle Casacce, fra Campiano e Cuffiano, era talmente ripida che spesso i fiaccherai erano costretti a far scendere i passeggeri all’inizio della salita e a ricaricarli in cima, con notevoli disagi. Così, mentre qualcuno suggeriva di incanalare le preziose acque termali di Riolo e di costruire gli stabilimenti a Castel Bolognese, centro sicuramente ormai più comodo da raggiungere, altri pensarono di collegare per ferrovia i centri di Riolo, Casola Valsenio e Palazzuolo, per portare poi il binario fino a Firenze.
Tramontato questo progetto (la ferrovia transappenninica ebbe il capolinea a Faenza, passando per la valle del Lamone, nel 1893), come pure quello di una linea Castel Bolognese-Palazzuolo-Marradi, non rimase ai riolesi, sicuramente i più interessati al collegamento, che rimboccarsi le maniche e trovare la strada per portare a compimento quell’opera da tanti sospirata, al punto che era stato scritto un ritornello che diceva “noi vogliam la ferrovia…” e che tutti cantavano. Fu così che nel 1899 il Comune di Riolo, retto da una giunta liberale che aveva eletto sindaco l’architetto Anselmo Mongardi, si rivolse al Comune di Castel Bolognese presentando un progetto redatto dallo stesso sindaco e che prevedeva anche un binario di accesso allo stabilimento termale. Gli studi si protrassero a lungo e furono interrotti varie volte, anche perchè si vedeva nella ferrovia un danno ai vetturini locali.
L’inaugurazione
Nel 1910 il generale Tullo Masi, candidato al Parlamento per il collegio di Lugo e antagonista del castellano Umberto Brunelli, in un comizio tenuto a Riolo, promise la sua collaborazione per la costruzione della ferrovia; il generale venne eletto e con gran giubilo la popolazione di Riolo apprese, il 23 luglio 1912, che la ferrovia sarebbe stata costruita. I lavori, curati dalla ditta Laviosa e Callegari, si iniziarono alacremente, tanto che dopo due anni, il 23 agosto 1914, la ferrovia venne inaugurata. Per la sua gestione fu creata la Società Anonima Ferrovia Valle Senio (FVS), con sede a Parma, il cui primo direttore fu l’ingegner Luigi Laviosa, progettista e costruttore della linea, al quale successero gli ingegneri Rubbi, Buttion, Rubini e Roncoroni nell’arco di vita della società.
Il giorno dell’inaugurazione fu giorno di festa nei due paesi e nella valle del Senio; sul treno inaugurale, oltre agli ingegneri Luigi e Carlo Laviosa e a Domenico Callegari, titolari dell’impresa Costruttrice della ferrovia, presero posto molte autorità fra cui il Prefetto di Ravenna, il generale Masi, il Provveditore agli Studi, il direttore delle Poste, il Capitano e il Tenente dei Carabinieri, il Pretore, i sindaci di Riolo Cesare Bagnaresi e di Castel Bolognese Sebastiano Gottarelli; e ancora i Sindaci di Faenza, di Casola Valsenio e di Palazzuolo, nonchè il Capo Stazione FS di Castel Bolognese, Serantini. Alle 10 il Capo Stazione di Castel Bolognese diede la partenza al “nuovo treno, imbandierato per la circostanza ed infiorato, il quale, insinuandosi molle e veloce per la feconda e verdeggiante valle del Senio, dopo le fermate di Via Emilia, Campiano ed Ossano, su percorso di 10 chilometri, in 25 minuti è arrivato a Riolo. Durante il percorso la banda di Castel Bolognese ha allietato gli intervenuti”.
A Riolo vi erano ad attendere il convoglio “la rappresentanza del Municipio col Gonfalone, delle società Operaie maschili e femminili coi vessilli, tutti i cittadini pigiati sulle banchine e molti forestieri della colonia allineati lungo le barriere fuori della stazione. L’arrivo dei convoglio è stato salutato da uno scoppio di frenetico applauso e dal suono dell’inno reale intonato dalla banda di Riolo”. All’interno della stazione tenne discorso il Sindaco di Riolo, indi si formò il corteo sino alla residenza comunale. Seguirono il pranzo d’augurio all’Hotel Terme e, per tutti, la festa, allietata dalle bande di Riolo e Castel Bolognese, che si protrasse fino a tarda notte, mentre gli invitati “alle ore 18 con lo stesso treno hanno lasciato Riolo con gradito ricordo”.
Il trenino iniziò il servizio regolare il 27 agosto 1914. L’orario comprendeva 4 corse da Riolo a Castel Bolognese alle ore 6.00, 10.35, 15.00, 18.15 e 4 corse da Castel Bolognese a Riolo alle ore 8.30, 11.20, 16.00, 19.30; il viaggio durava 25 minuti. Il prezzo del biglietto era di 11 soldi per la sola andata e di 17 soldi per l’andata e ritorno.
La linea e i rotabili
La ferrovia, a scartamento normale, partiva da Castel Bolognese di fronte alla stazione FS, con la quale condivideva il piazzale per le carrozze; di là proseguiva con una curva ampia, tagliando il viale del parco della Centonara e arrivava alla via Emilia alla fine del Borgo Carducci, avvicinandosi, nei pressi del Cimitero di Castel Bolognese, alla strada Casolana per non abbandonarla più fino a Riolo. La stazione di Castel Bolognese era raccordata con le Ferrovie dello Stato; il raccordo esisteva fino a pochi anni fa e serviva un magazzino ortofrutticolo sorto nel dopoguerra sull’area già occupata dalla stazione. Alla radice della stazione esisteva l’officina Fratelli Contessi, che riparava carri adibiti al trasporto di vino. La stazione disponeva di scalo merci, piattaforma girevole, cisterna e rifornitore d’acqua per le locomotive. La stazione di Riolo sorgeva nel l’attuale piazzale Guglielmo Marconi; attigui ad essa erano la rimessa per locomotive e vagoni, il deposito del carbone e il serbatoio dell’acqua; dentro la rimessa era sistemata l’officina meccanica. Esistevano due raccordi, uno con il magazzino di casalinghi all’ingrosso e lastre di vetro Fratelli Cigognani e l’altro con la cantina Gollini.
Lungo la linea esistevano le fermate di Via Emilia, Campiano e Cuffiano, con i loro tipici edifici; questi, assieme alle stazioni di Castel Bolognese e Riolo Terme, furono progettati dall’ingegner Carlo Laviosa e giudicati “severamente eleganti”. La loro linea architettonica imponente ricalcava quella di edifici ferroviari simili ma risentiva del gusto eclettico liberty dell’epoca. Le due stazioni principali non esistono più: quella di Castel Bolognese fu danneggiata durante l’ultima guerra e successivamente demolita e trasformata in casa di abitazione, quella di Riolo fu demolita nel 1972; i fabbricati delle fermate intermedie di Via Emilia e Cuffiano esistono ancora, trasformati in abitazione; quello di Campiano, in stato di abbandono, è stato abbattuto nel 1995 in seguito ai lavori di allargamento della strada statale. Lungo la linea vi erano inoltre 4 passaggi a livello custoditi ed uno incustodito.
Il parco di trazione all’inizio dell’esercizio comprendeva due locomotive a vapore a tre assi accoppiati, dotate di freno automatico. Esse facevano parte di un lotto di tre macchine costruite dalle Reggiane per la neonata FVS con i numeri di fabbrica 23, 24 e 25. Tali locomotive erano identiche al gruppo 311-316 (numeri di fabbrica 17-21) costruito nel 1914 per le Ferrovie Salentine; a Castel Bolognese giunsero però solo la 23 e la 24, mentre la 25 fu venduta all’Arsenale della Spezia, ove prestò onorevole servizio sino agli anni sessanta; oggi si trova, come monumento, davanti a un ristorante di Chiesina Uzzanese in provincia di Pistoia. Le locomotive FVS1 e 2 prestarono servizio sulla linea per poco: quasi subito furono cedute alla Ferrovia Padova-Piazzola (FPP), dove furono viste ancora funzionanti nel dopoguerra presso il deposito di Piazzola sul Brenta. In cambio giunsero a Castel Bolognese, cedute dalla stessa Ferrovia Padova-Piazzola, tre locomotive a vapore Breda (numeri di fabbrica da 1246 a 1248) dai nomi “Bacchiglione”, “Brentella” e “Brenta” rispettivamente, costruite nel 1910 o poco dopo; erano macchine a due assi accoppiati, di potenza modesta (90 kW) ma sufficiente per il traffico della linea. Nel 1922 queste macchine furono restituite alla Ferrovia Padova-Piazzola (che nel 1923 attivò il prolungamento a Carmignano di Brenta) e sostituite da due vaporiere di meccanica antiquata, a due assi accoppiati, più piccole delle precedenti e dotate solo di freno a mano, delle quali però si è persa qualsiasi traccia. Solo nel 1927 la direzione della FVS decise l’acquisto di una locomotiva a vapore usata, proveniente dalle Ferrovie Nord Milano, numerata 24 e battezzata “Inverigo”. Tale macchina, costruita da Kessler nel 1879, aveva rodiggio B1, freno automatico, grandi ruote motrici di 1.500 mm di diametro e sviluppava una velocità superiore alle altre locomotive del parco, ma anche a quella concessa dal leggero armamento della linea. Poco o nulla si sa del materiale trainato; dai ricordi che ho potuto raccogliere attraverso varie persone che vissero attorno a questa ferrovia, possiamo ricostruire un parco carrozze di non più di quattro o cinque unità, tutte di III classe, a due assi e terrazzini, uno o due bagagliai sempre a due assi e terrazzini, alcuni carri pianali e alcuni coperti, destinati per lo più alla manutenzione. La composizione tipo dei treni era di due carrozze e un bagagliaio, ai quali venivano aggiunti all’occorrenza i carri.
La breve vita
Il traffico passeggeri e merci, dopo l’entusiasmo iniziale, era divenuto scarso, mantenendosi di un certo rilievo solo nella stagione estiva, in concomitanza con l’apertura degli stabilimenti termali di Riolo, al servizio dei quali venne anche studiata, e probabilmente attuata per qualche tempo, la circolazione di una carrozza diretta FS.
Il periodo della prima guerra mondiale mise invece a dura prova la nostra linea perchè gli alberghi di Riolo furono trasformati in ospedali militari. I “treni bianchi”, carichi di feriti e di convalescenti, composti di cinque o sei carrozze, giungevano a Castel Bolognese FS; di qui venivano inviati alla stazione di Castel Bolognese FVS donde, con le stesso locomotive FS, raggiungevano Riolo. Il lavoro era febbrile sia nella stazione FS, ove quotidianamente giungevano anche i treni militari dall’Italia centrale, istradati via Firenze e Faenza, diretti al fronte via Castel Bolognese, Lugo, Lavezzola e Ferrara, sia nella piccola stazione FVS, nella quale i treni ospedale dovevano anche invertire la marcia. Sotto i tigli del piazzale della stazione vi era sempre una cucina da campo per il ristoro dei militari di passaggio.
Passato il turbine della guerra, la ferrovia riprese il suo normale aspetto, col quotidiano, stentato andirivieni dei treni, che subivano anche la concorrenza dei vetturini locali. Le coppie di treni da quattro furono ridotte a tre e nel 1930 la linea fu appaltata a un fornaio di Riolo, Serse Sabbatani, che la gestì per un anno. Si parlò anche di prolungarla verso Casola, Palazzuolo e Marradi, costeggiando il Senio, ma il progetto rimase sulla carta.
La Cassa di Risparmio di Parma, maggiore azionista della Società, vistasi negare i contributi chiesti agli enti locali, fu costretta a chiudere la linea con l’ultima corsa del 31 dicembre 1933. Il giorno dopo, 1 gennaio 1934, la Buzzi e Montevecchi di Modigliana mise in linea tre autobus: un FIAT 635 RNL, uno SPA 30 e un FIAT 621. Il servizio automobilistico, che secondo una corrispondenza del “Corriere Padano” del 10 gennaio 1934 sarebbe dovuto durare solamente fino al periodo estivo (e come al solito non vi è nulla più definitivo del provvisorio), continua tuttora.
Vi fu un ultimo progetto di salvataggio, sotto la gestione della Santerno Anonima Ferroviaria (SAF), concessionaria delle linee Imola-Fontanelice e Imola-Massa Lombarda; a queste si sarebbe aggiunta la Castel Bolognese-Lugo fS di cui si paventava la chiusura, in modo da creare una piccola rete di ferrovie private romagnole su cui avrebbe corso il mezzo più nuovo creato dall’industria, la “Littorina”, ma l’iniziativa non decollò. Sopite anche le ultime polemiche, sulla valle del Senio calò il sipario: il materiale rotabile venne venduto, il terreno venne alienato, gli edifici vennero ceduti. Moriva così il sogno dei riolesi, durato appena vent’anni, di una linea ferroviaria tutta loro.
Galleria fotografica delle stazioni
Testo (e alcune foto) tratti da “I Treni”, n.175, ottobre 1996
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