Il ponte sul Senio e la Chiesa della Pace
A metà strada circa fra Castel Bolognese e Faenza si incontra il torrente Senio che nasce dall’Appennino nei pressi di Palazzuolo, in località denominata “laghetto Torto”. Questo torrente divide i Comuni di Castel Bolognese e Faenza. Congiunge i due territori un ponte che fu opera romana e che fino al 1945, mostrava una lapide con la scritta: Q.F.POL.F.POL.DIDIA.P.F. . Fu rifatto dai Bolognesi nel 1386, allargato nel 1898 dall’Amministrazione provinciale e riattivato, dopo la sua completa distruzione, avvenuta durante gli eventi bellici della 2° guerra mondiale.
Questo ponte è stato testimone di vari fatti storici:
- Nel 1209 e nel 1220 il Magistrato di Faenza fece atto di sottomissione a Ottone IV e a Federico II, i quali si recavano a Roma a ricevere dal Papa la Corona Imperiale.
- Nel 1225 l’Imperatore dei Germani Federico II si attestò al ponte di S. Procolo, con il proprio esercito, per marciare su Faenza passata alla Lega. Nel 1240 vi fece una ulteriore breve sosta.
- Nel 1381 tra Francesco Manfredi, signore del castello di Solarolo, e Alberto Gallucci, comandante delle milizie bolognesi, venne sottoscritto il passaggio di successione di Solarolo al senato Bolognese.
- Il 18 giugno 1531 vi sostò il Marchese del Guasto, o del Vasto, con un considerevole numero di armati. Nello stesso anno, dai faentini, fu solennemente ricevuto ed ossequiato il Pontefice Clemente VIII, che rientrava a Roma dopo aver preso possesso della città di Ferrara, ereditata dalla Santa Sede in seguito alla morte di Alfonso II d’Este.
Oltre a questi avvenimenti, nella zona della Pace e del ponte di S. Procolo avvennero vari scontri d’armati. I più importanti furono :
- Nel 1169 tra faentini e bolognesi ; e nell’anno successivo bolognesi e imolesi si portarono nuovamente contro i faentini, i quali, contrariamente allo scontro precedente, subirono un grave scacco.
- Nel 1275 si ebbero cruenti scontri fra Guelfi e Ghibellini, a seguito della lotta fra i partiti dei ghibellini Lambertazzi e dei guelfi Geremei. La vittoria arrise ai guelfi, perciò i Lambertazzi e i loro partigiani dovettero abbandonare Bologna. Poichè gli esuli si rifugiarono nelle città amiche di Faenza e Forlì, i guelfi bolognesi, nel marzo del 1276, aiutati dalle città guelfe di Imola, Ravenna e Cesena si attestarono nuovamente nella zona del ponte di S. Procolo e diedero battaglia riportando, però, numerose perdite. Nell’aprile ritornarono all’offesa ma, il giorno 20, subirono una nuova sconfitta che passò alla storia con il nome di “assedio di Tebano” perchè la battaglia si estese alle vicine alture del castello di Tebano.
- Il 13 giugno dello stesso anno avvenne il terzo combattimento che ebbe termine con una terza vittoria dei Ghibellini.
- Nel 1350 molte città e castelli di Romagna si sottrassero al dominio della Chiesa per darsi ordinamenti liberi ed indipendenti. Per riconquistare le città ribelli fu affidato l’esercito al capitano Astorgio Duraforte, detto il Conte di Romagna, il quale affrontò al ponte di S. Procolo le milizie delle città ribelli, comandate dal tedesco Duca Gualrieri. Lo scontro fu favorevole alle forze del Conte di Romagna.
- Nel febbraio del 1797 l’avanguardia dell’esercito napoleonico, formata da cispadani e traspadani giunse a Castel Bolognese e, al ponte, si scontrò con militari pontifici ingrossati da contadini raccolti ed organizzati dai parroci. Le debole difesa fu travolta. Non è da escludere che il fatto inducesse la Corte Romana di addivenire ad un trattato, che fu poi concluso nella città di Tolentino.
- L’avvenimento di portata veramente storica e mondiale, è stato comunque la sosta del fronte durante la II° guerra mondiale, quando l’Italia era divisa e spaccata dalla linea gotica. Il piccolo torrente SENIO divise le armate tedesche ed alleate dal novembre 1944 all’aprile 1945.
Dal lontano maggio del 1171, quando le ostilità fra le città e le castella di Romagna furono composte dal ferrarese Guglielmo di Marchesella, si può veramente dire che è passata molta acqua sotto il ponte del SENIO.
La Chiesa di S. Maria della Pace eretta a ricordo di quell’avvenimento, è stata distrutta durante la sosta degli eserciti sulle sponde del torrente. La facciata della Chiesa distrutta dalla guerra era divisa in tre scomparti da quattro forti lesene che scendevano da una frangia di sei archetti decorativi che ornavano la sommità. Lo scomparto di mezzo era diviso trasversalmente in due parti con sopra una finestra e sotto la porta. Lungo tutto l’edificio (lunghezza m. 18, larghezza m. 7) vi era in alto un cornicione formato da varie fila di mattoni sostenute da piccole mensole. L’abside era poligonale a tre facce divise in corrispondenza degli angoli da lesene. L’edificio, opera di ignoto architetto, apparteneva al secolo XV. L’interno della chiesa era ad una sola navata con copertura a volta di traliccio che nascondeva la travatura. In fondo s’apriva l’arco del presbiterio, anch’esso coperto da volta. La nuova chiesa, ricostruita nel 1950, non volle comunque abdicare al nobile ed umano messaggio della matrice, e rimane, perciò, quale simbolo di pace, ad invitare gli uomini a proseguire sempre e con tenacia il bene divino della concordia e della fratellanza.
Il modesto torrente Senio, come detto in precedenza, è stato la linea di divisione del fronte. Sulla riva sinistra operava il LXXVI corpo d’armata dall’Adriatico alla via Emilia e il I corpo paracadutisti lungo il Senio. Sulla riva destra l’8a Armata britannica, il 2° corpo polacco, il 10° e 13° britannico, i quali comprendevano il Gruppo italiano “Cremona”, il Gruppo “Friuli” e il Gruppo “Folgore”. Perchè fra il fiume Lamone e il Santerno fosse scelto un modesto torrente, solo l’alta strategia lo sapeva. Su tutto il confine del territorio castellano il rivolo si poteva attraversare senza difficoltà, anche perchè quell’inverno del 1944/45 la stagione fu mite. Gli alleati che svernarono a Faenza trascorsero l’inverno senza troppi pericoli. Fornitissimi di vettovaglie e denaro (la am-lire) furono un buon aiuto anche per la popolazione che per riflesso beneficiava dell’abbondanza che godeva la truppa. Non solo, ma la convivenza fra truppa e popolazione non era certamente turbata da quei timori e da quelle diffidenze e odio che esistevano ed esplodevano invece nel territorio a nord del Senio. Le offese aeree tedesche erano rarissime e quelle terrestri andavano sempre diminuendo. Negli ultimi giorni fu lanciata qualche “catiuscia”. Gli alleati invece, giorno e notte lanciavano dalle alture di Tebano, Casale, dai monti Coralli granate a non finire e l’artiglieria picchiava ogni palmo di terreno e sul caseggiato. Morti, feriti, distruzione, disperazione e fame era invece il clima a sinistra del Senio, con i tedeschi praticamente già sconfitti. Essi erano ridotti alla fame e alla razzia mentre gli alleati costituivano un esercito lanciato sicuro all’avanzata, con mezzi efficienti e vettogliavamento che abbondava.
Certamente il torrente Senio non aveva, nella sua storia, conosciuto una popolarità come in quell’inverno del 1944/45. Tuttavia le emittenti radio del mondo citavano il nome di questo rivolo che teneva fermo il conflitto. Qualcuno pensò probabilmente che fosse un insormontabile ostacolo che teneva bloccata l’avanzata di un esercito che comprendeva tutte le razze del mondo. Invece no ; seppur d’inverno, in certi posti, con un salto si poteva passare alla riva opposta.
Il Senio era spesso citato nei bollettini di guerra e il suo nome faceva vibrare il cuore ai numerosi castellani lontani dalla loro terra natale. Prigionieri, o dei tedeschi o degli alleati o nei campi di concentramento russi, quel nome li commuoveva e la loro immaginazione e fantasia e i loro pensieri andavano ai familiari forse in pericolo e alla casa, forse distrutta. Fidia Gambetti, il noto poeta, scrittore, giornalista, (che ha pubblicato nel 1967 nelle edizioni Mursia “Gli anni che scottano”) in una lirica ha ricordato la sua infanzia castellana. Prigioniero in Russia, il nome del Senio, ascoltato per radio, gli ha sollecitato l’estro poetico ed è scaturita dal suo cuore questa lirica:
Infanzia sul Senio
“Esile sul geografico verde, una biscia
a inchiostro di china senza nome
fra Lamone e Santerno, serpeggiante
torno alle valli fino al Lido di Spina.
Ti portavo, sottopelle dagli anni
più verdi, nelle mie vene il sangue
al tempo ribolliva o ristagnava
in grumi con le alterne stagioni
delle tue fiumane e delle tue secche.Quando non eri che un orrido osso
di vipere e di serpi, una putrida piaga
tra rovi sovraccarichi di polverose
more, le acacie e i gelsi bruciati
dalla lunghissima sete dell’estate.Allora con te sognavo le dense
odorose nebbie dell’autunno
le pazze corse d’acqua al limite
degli argini fragili provvisori.
Allora sì che diventavi qualcuno.Come adesso che leggo il tuo nome,
finalmente, sui giornali quasi
ogni giorno o lo indovino storpiato
dagli accenti più strani degli speaker.
Io, qui recintato senza encomi
tra i fili dei reticolati mordovini.
Tu, promosso sul campo, immortalato
dagli avversari bollettini di guerra.Come potranno ignorare il tuo nome
le carte e i libri di domani?
Al mio ritorno, se un ritorno ci sarà,
suppongo fingerai di non avermi
mai conosciuto e forse ti chiederai,
come faranno altri amici di quel tempo
perduto, perchè mai non sono morto.”
Testo tratto da: Dall’ultima trincea tedesca sul Senio : Castelbolognese, 1943-1980 : vicende, notizie, personaggi romagnoli e castellani / Oddo Diversi . Gli archivi del Comune di Castelbolognese / Giuseppe Plessi, Oddo Diversi. – Imola : Grafiche Galeati, 1981.
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