La villa Contarini-Camerini
Forse molti non lo sanno, ma nella pianura tra Padova e Cittadella esiste un pezzo di Castel Bolognese in quella che fu la dimora del Duca Silvestro Camerini e dei suoi successori a Piazzola sul Brenta, una delle più belle e più grandi ville che il Veneto conserva.
La rettilinea strada che da Padova conduce a Piazzola, diventa nell’ultimo tratto un viale di magnolie secolari che inquadrano in prospettiva la facciata palladiana della villa. Quel viale è dedicato a Silvestro Camerini. Si giunge poco dopo al paese che si apre davanti al visitatore in una immensa piazza semicircolare dedicata a Paolo Camerini, incorniciante la villa per l’intera lunghezza, pari a 178 metri. Ai lati essa è chiusa, verso destra da un edificio semicircolare, un tempo foresteria, coevo alla costruzione, a portici, che scavalcando anche il viale Luigi Camerini ed un canale che corrono parallelamente alla facciata, si congiunge alla villa; dalla parte opposta un corteo semicircolare di tigli sostituisce l’analoga costruzione simmetrica, mai iniziata sebbene in più punti possano osservarsi tracce di fondamenta. Precede la villa una bellissima recinzione a balaustre e statue ed il cancello che porta in alto lo stemma Camerini. Nel giardino antistante, sistemato ad aiuole, verso ovest, prospetta il tempietto semicircolare, a cupola, opera moderna di Eugenio Maestri, in cui è racchiuso il monumento a Silvestro Camerini, commissionato dal nipote Luigi ed eseguito da Giovanni Dupré (Siena 1817 – Firenze 1882), uno dei maggiori scultori italiani del secolo XIX. Le figure del monumento rappresentano la Beneficenza, virtù che tante volte era stata messa in pratica dal Duca, e laRiconoscenza, che avrebbe spinto il nipote Luigi ad onorare la memoria dello zio. Il bassorilievo sul basamento è opera, al pari dei leoni bronzei a lato della gradinata d’ingresso, di Luigi Cecon e rappresenta l’aiuto dato dal duca alla popolazione dopo una rotta del Po. La figuradell’Angelo della Pace dietro il tempietto, in bronzo, è opera di Amalia Dupré.
La villa ci appare ora nel suo splendore e nella magnificenza della sua mole che non poco stupì, in passato, viaggiatori e commentatori storici. In essa deve distinguersi la parte centrale dalle ali laterali. Questa è senz’altro il corpo più antico dell’edificio, costruito forse sulla platea di quello che fu il castello di Piazzola appartenuto ai Dente, poi ai Belludi ed infine ai Da Carrara. Un principe di questa famiglia, Jacopo, lasciò in eredità tutti i beni di Piazzola alla figlia Maria che nel 1413 sposò Nicolò Contarini, nobile veneziano. Ed ecco così stabilirsi nel luogo la famiglia dei Contarini che darà il nome alla villa. Il nucleo centrale dunque fu iniziato da Paolo e Francesco Contarini nel 1546 ed abitato a partire dal 1565; incerta e controversa è l’attribuzione del disegno al grande architetto Andrea Palladio. Alla villa furono aggiunte, su modello palladiano, due ali che tuttavia, in questa prima fase, avevano solo funzioni rustiche ed agricole. Fu Marco Contarini nella seconda metà del secolo XVII ad ampliare la costruzione nobile anche sulle ali ed ad apportare radicali trasformazioni all’interno della primitiva costruzione. Dopo il 1671, probabilmente nel 1676, si mise mano all’ala di destra, mentre l’ala di sinistra rimase con l’aspetto antico almeno fino a dopo il 1788. Questa venne completata diverso tempo dopo ed in quella circostanza si pose mano anche all’ala sporgente che conduce al corpo sul piazzale ed alla chiesa. Sempre a Marco Contarini ed all’inventiva d’un architetto rimasto ignoto è molto probabilmente da attribuire la realizzazione della cosiddetta “Sala della chitarra rovesciata” dalla acustica perfetta, tanto che ancor oggi è luogo di incisione per molti gruppi ed orchestre da camera italiane e straniere. Il Contarini, amante della musica e del teatro (ne costruì due all’interno dell’edificio), non aveva trovato nella villa una sala abbastanza spaziosa da destinare ai balli ed alle feste; la soluzione fu trovata ampliando in altezza il salone centrale. Su di esso si apre al primo piano una balconata che corre attorno alle pareti della sala; la copre un semplice soffitto piano decorato a stucchi aperto al centro da un pertugio ottagonale che collega la sottostante sala ad un’identica stanza posta al livello del secondo piano. Qui trovavano posto i musicisti, attorno all’apertura. Il suono degli strumenti, amplificato dal soffitto della stanza e dalle capriate del tetto, con il quale è collegato attraverso sottili aperture, scende nel salone sottostante ove si svolge la festa. Anche questa originale invenzione, unica nel suo genere, serviva per stupire gli ospiti e risaliva ancora al gusto cinquecentesco della ricerca del “meraviglioso”, così come la prospettiva dei due corridoi laterali che somma a ben 178 metri. La villa insomma presenta nel suo apparato decorativo “una chiara impostazione teatrale, un amore per il superfluo, per le aggettivazioni sonore e grandiose che sono sì barocche, ma che formano soprattutto il linguaggio della scenografia dell’epoca. Da questo punto di vista la villa è estremamente unitaria, altisonante e fantastica sia nell’architettura che nella decorazione plastica e negli affreschi”. Lo stesso Marco Contarini realizzò inoltre nel complesso urbano sorto dietro la foresteria, conosciuto oggi come “Loco delle Vergini” un orfanotrofio che educasse i giovani al canto e alla musica strumentale, ed una stamperia che ha dedicato alle pubblicazioni di opere teatrali una parte della sua attività.
Certamente quando, superata la metà del secolo scorso, la villa che, passata in proprietà dai Contarini ai Giovannelli ed ai Correr, aveva visto dispersi tutti i suoi tesori ed era stata declassata, da splendida dimora di rappresentanza, ad usi agricoli, fu acquistata dai Camerini, i nuovi proprietari, pur desiderando di ridarle nuova magnificenza, non erano in grado di far rinascere quel mondo che era tramontato con un’epoca ormai troppo lontana, e videro nella villa soprattutto gli elementi per affermare un prestigio di cui la famiglia, in fortunata ascesa economica, sentiva il diritto. Ma, a questo punto, dobbiamo prima conoscere gli eredi del Duca, fautori del rinato splendore.
Paolo Grandi
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