I Corsi d’acqua di Castel Bolognese
Il territorio del nostro comune, benché non troppo esteso, è comunque attraversato da vari corsi d’acqua, alcuni conosciuti, altri un po’ meno, tributari, nella maggior parte, al fiume Senio, diversamente al Santerno. Infatti, possiamo dividere grossomodo il comune con una linea spartiacque che, partendo dal Monte Querzola (il punto più alto di Castel Bolognese, mt. 241), continuando sul crinale sopra i poderi “Cappellone”, “Torre”, “Mussolina”, “Borgo” e la Villa Uliveta, scende per la via Alberazzo fino alla via Emilia, per poi continuare tra i campi sino alla via Canalvecchio, proseguendo lungo di essa sino al comune di Solarolo; il territorio compreso verso il centro urbano versa le proprie acque nel Senio, il rimanente le getta nel Santerno. Con l’aiuto di un manoscritto reperito nella Biblioteca Comunale che porta il titolo “Storia del Fiume Senio e confluenti che scorrono nel territorio di Castel Bolognese”andiamo alla ricerca ed alla scoperta di questi rii e fossati.
Il Rio Sanguinario
Dopo il Senio ed il Canale dei Molini è il terzo corso d’acqua di Castello. Anzi, come già ho riferito in un precedente scritto, qualche geologo sostiene che, anticamente, il Senio proseguisse il suo corso dopo Riolo Terme lungo l’attuale vallata del Rio Sanguinario, mentre l’odierno corso del Senio sarebbe stato in realtà quello della Sintria. Sconvolgimenti geologici avrebbero ostruito la valle del Senio presso Riolo e, di conseguenza, le acque di quel fiume avrebbero trovato il loro sfogo disegnando un nuovo alveo sotto Cuffiano fino a catturare il corso della Sintria che, così, da allora, divenne affluente del Senio. Al di là di queste suggestive ipotesi, la valle del Rio Sangiunario, che segna il confine tra i comuni di Castel Bolognese ed Imola e le province di Bologna e Ravenna, è molto bella ed ampia, ricca di campi ben coltivati e di boschi che rendono pittoresco questo scorcio di Romagna vigilato dalle vette di Monte Mauro e Monte Battaglia, ingentilito dalle belle chiese della Serra e di Bergullo che quasi si fronteggiano dalle due rive.
Il rio comincia in quattro piccoli fossati tra Pediano e Mazzolano cui se ne uniscono altri quattro diversi, oltre i Rii Mazzolano e Pasina; quindi dirigendo il suo corso fra Bergullo e la Serra giunge alla Via Emilia alla Torretta, proseguendo verso Zello a sinistra e Castel Nuovo a destra, scaricando poi le sue acque nel Santerno. Incerta è l’origine del toponimo. Secondo alcuni il rio avrebbe preso questo nome a ricordo di una cruenta battaglia combattuta nel 1138 tra Faentini e Bolognesi da una parte, Imolesi e Ravennati dall’altra nella quale le acque si tinsero di rosso per l’enorme spargimento di sangue provocato dall’elevato numero di morti che, tra l’altro, rimasero insepolti per lungo tempo, così anticipando in Romagna il ricordo del toscano Arbia della battaglia di Montaperti di dantesca memoria (… e che verrà solo cent’anni dopo!). Secondo altri il nome gli deriverebbe dal fatto che, nei periodi di piogge abbondanti, le sue acque si tingono di rosso a causa del particolare colore del terreno attraversato. Secondo la tradizione più popolare l’etimologia si ricollegherebbe al sangue dei martiri cristiani o a fatti d’arme. L’ultima versione è stata presa da uno scritto di Mons. Lanzoni pubblicato nel “Bollettino Diocesano” di Faenza del 1918. Molte battaglie ebbero comunque luogo sulle rive del Rio Sanguinario; le più importanti avvennero nell’anno 82 a. C. fra Mario e Silla (Lucio Cornelio Silla fondò, tra l’altro Forum Cornelii, l’odierna Imola), nel 1003 fra le milizie di Imola e quelle delle città alleate di Ravenna, Forlì e Faenza, nel 1134 tra Ravennati e Faentini, nel 1138 come sopra ricordata, nel 1403 fra Milanesi e Bolognesi, nel 1434 fra Milanesi e Pontifici.
Nel letto del Rio Sanguinario, all’altezza del podere “Costa”, proprio sotto le chiese di Serra e Bergullo ci sono alcuni soffioni, o vulcanetti detti in dialetto “i buldur”, attivi e soggetti a spostamenti. Il nome descrive perfettamente la loro attività: essi si presentano al visitatore come coni tronchi, alti circa venti centimetri, simili alla sommità d’un cratere vulcanico. Da esso scola, lungo il piano inclinato del tronco una fanghiglia liquida. L’interno di questi crateri è sempre umido; ogni minuto circa si alza dal fondo una bolla di fanghiglia grigiastra che si eleva sino alla bocca e qui, rompendosi sprigiona gas con un modesto rumore, simile a quello provocato dallo stappo di una bottiglia di vino. Il fenomeno è simile a quello della marmellata o della polenta in ebollizione ed è provocato dal gas metano. La fanghiglia è invece fredda e da sempre è stata utilizzata per curare gli uomini e gli animali da forme artritiche, postumi di fratture o traumi; oggi viene utilizzata a scopo terapeutico dalle Terme di Riolo.
Rio Fantino detto anche Festi o Canova o Canaletta o Candiano
Il Rio Fantino nasce dalla confluenza di due piccoli corsi d’acqua detti Rio Chiaro e Rio Torbido che iniziano in due distinte vallate nella parrocchia della Serra. Il Rio Torbido nasce sotto il Monte Querzola, tra il podere “Cappellone” ed il podere “Il Pino”, scendendo per una valle ripida e selvaggia, ricca di boschi verso oriente, alla via Cornacchia per incontrare il Rio Chiaro. Questo invece, più breve, nasce sotto la chiesa della Serra presso il podere “Sigla” formando una bella valle a catino coltivata per lo più a vigneti, coronata dalle belle ville Zauli-Naldi ed Archi, che si fa più stretta nell’avvicinarsi alla valle del Rio Torbido. Unitisi i due corsi d’acqua nei pressi del podere “Galeata”, il Rio Fantino giunge alla via Emilia al centro dell’attuale zona industriale, non prima di aver bagnato il podere “Festi” dal quale trae un secondo nome. Soffocato ed imbrigliato sotto le nuove costruzioni, attraversa la Via Emilia all’altezza della IMA Marmi, proseguendo il suo corso oltre la ferrovia sino alla via Paoline Lesina. Qui un tempo il rio continuava lungo l’attuale via Canalvecchio (da cui ha tratto il toponimo) bagnando le Parrocchie di Borello, Castel Nuovo, San Mauro e ricevendo le acque dei Comuni di Bagnara e Solarolo, sfociando nello Scolo Tratturo di Lugo. La Commissione d’Acqua residente a Lugo decise nel 1813 di troncare la parte inferiore del corso d’acqua, forse per limitare le portate dei canali della pianura e pertanto fece operare un taglio che, deviandone il corso di 90 gradi proprio davanti alla via Paoline Lesina, getta le acque nel rio Sanguinario all’altezza del ponte della strada per Zello. Questo scolo rettilineo che passa a fianco della chiesa del Borello viene detto anche “Candiano”. Le acque furono inviate per il nuovo corso il 15 dicembre 1814.
Rio Via Cupa o del Pozzo
Si tratta di un corso d’acqua che i castellani attraversano quotidianamente anche più volte senza saperlo; esso infatti corre coperto per un lungo tratto sotto le strade del centro. Da tre piccoli fossati situati a ponente dell’abitato presso la via Alberazzo ha il suo principio questo scolo detto un tempo anche Rio del Pozzo. Le acque scorrono oggi in un ampio fossato a fianco della Via Casolana fino alla chiesa di San Sebastiano ma, un tempo, quell’alveo era la pubblica via per Campiano Continui erano gli incomodi che viandanti, animali e mezzi pativano nel passarvi sia per la ristrettezza della carreggiata sia perché in caso di pioggia essa si riempiva, anche in maniera improvvisa, di acque spesso torbide. Il 30 agosto 1811 a seguito d’un nubifragio fu travolta nei pressi di San Sebastiano una vettura a due cavalli che portava a Riolo Terme tre persone, i cavalli perirono mentre le persone, soccorse dagli abitanti del podere “Badia” si salvarono a stento. Nel 1812 la Magistratura decise di spostare la strada dall’alveo e la portò sui campi a levante; nel 1819 la fece brecciare ed allargare fino a Campiano indi al fiume. Più volte, per evitare inondazioni, fu decisa la deviazione delle acque, come dimostra la delibera del card. Barberini in data 30 aprile 1695, ma non se ne fece nulla.
Questo rio dalla chiesa di San Sebastiano, costeggiando a mezzodì la Via Emilia, arriva in Piazza Budini, già Piazza di Porta Imolese. Il percorso è interrato e passa sotto il marciapiede del Borgo. Prima della distruzione bellica, esso scorreva anche sotto i portici delle case a fianco dell’Oratorio Parini. Giunto all’altezza dell’attuale semaforo di Piazza Budini, proprio davanti all’Oratorio Parini, la Via Cupa attraversa la Via Emilia mediante un ponte, riemerso alcuni anni fa in occasione dei lavori di ripristino del fondo stradale; indi, sempre coperto, prosegue lungo viale Umberto I sino al Viale Cairoli, correndo dapprima sotto il vialetto pedonale di ponente, indi, quasi all’altezza di via Primo Maggio, attraversa la strada posizionatosi sotto il viale pedonale di levante, seguendolo fin verso il parco della Centonara per piegare ad angolo retto e dirigersi senza curve sino al Canale dei Molini. Giunto nei pressi, dopo aver ricevuto le acque delle chiaviche di Castel Bolognese, esce allo scoperto in una sorta di vasca di decantazione. Prosegue a cielo aperto parallelamente al Canale fino al Molino di Mezzo, divenendone lo sfioratore, ed infine unendo le proprie acque a quelle del Canale dopo il ponte della ferrovia.
Rio della Zirona o Pagliaccina
Questo corso d’acqua nasce da alcuni fossi attorno al Monte della Giovannina; costeggiando la via Pagliaccina e la Via Alberazzo giunge alla Casolana, che attraversa con un ponte, proprio all’incrocio con via Zirona. Prosegue a fianco di questa strada sino a Biancanigo indi, svoltando verso sud-est per evitare l’abitato, si getta nel Senio. Anche questo rio è soggetto ad improvvisi ed impetuosi riempimenti, specialmente dopo un nubifragio, che hanno costretto la Magistratura Castellana ad intervenire operandovi un deviazione del corso. I costruttori del Canale dei Molini infatti sfruttarono l’alveo di questo rio da Biancanigo al Boccaccio per risparmiare tempo ed energie evitando di scavare in quel tratto il letto del corso d’acqua. Si può notare infatti come il Canale dei Molini, nel tratto sino a Biancanigo e dal Boccaccio a Castel Bolognese ed oltre sia per lo più rettilineo; in quel segmento invece il suo corso diventa assai tortuoso e, con un giro vizioso, si riporta nuovamente vicino al fiume. Se questa soluzione portò un beneficio alla celerità ed alla economicità dell’opera, non ne fu però avvantaggiato il regolare e costante flusso delle acque a Castel Bolognese ed oltre, in pianura. Le acque del rio, abbondanti in caso di forti piogge, si univano a quelle del Canale spesso facendolo tracimare col rischio di inondazioni anche attorno al Castello. Le soluzioni prese di volta in volta non eliminarono il problema: né lo sfioratore del Boccaccio verso il Senio, poiché in caso di piena anche nel fiume esso risultava inutilizzabile, né una chiusa sul rio prima del suo ingresso nel canale, poiché in tal caso i territori a monte di Biancanigo erano soggetti alle inondazioni. Solo nel secolo scorso fu risolto il problema: il letto del rio fu rialzato nel tratto precedente l’immissione nel canale in maniera tale da superare, mediante un ponte, l’altro corso d’acqua, scaricandolo poi nel Senio. Il curioso manufatto esiste tuttora ed è visibile dalla via Zirona proprio dietro la Casa d’Accoglienza.
Rio Cangiano o Taglio Barberini
Questo Rio era detto anche Rio Bollerio a causa dei bollitori che vi trovavano, come riferisce il manoscritto consultato. Esso comincia in una valletta sopra la strada Barrosche nella Serra, che segue per un tratto, sotto i poderi “Marcona” e “Carolina”; indi si affianca alla via Serra, lambisce i due grandi platani del podere “Palazè”ed arriva, coperto, alla via Emilia tra la ceramica CEDIR e l’ex Cantina PAF. Un tempo qui disperdeva le sue acque nelle terre al di sotto della strada; successivamente il rio fu oggetto di un differente incanalamento. Passato infatti sotto il ponte della Via Emilia, arriva pochi metri dopo al lavoro di pietra detto sostegno fabbricato con grandi assoni di rovere negli anni 1771 e 1775. Oggi al suo posto esiste un terrapieno che sostiene un piccolo lago. Da questo punto le acque cadono nel profondo alveo del rio Sanguinario di fronte alla via Zello. Questo taglio inferiore venne ordinato dai Cardinali Francesco Barberini e Ferdinando D’Adda, Sovrintendenti alla Acque per le Province di Bologna Ferrara e Ravenna, spediti nel 1693 in Romagna da Innocenzo XII per regolamentare il corso del Reno e dei suoi affluenti.
Rio delle Tassinari
Inizia nella parrocchia di Ossano, sotto il Monte Ghebbio e drizzando il corso a levante termina nel Senio, segnando il confine tra Riolo Terme e Castel Bolognese dal 25 luglio 1567. Su questo Rio esisteva un ponte di legno che essendo soggetto a questi due comuni era riparato in parti uguali da entrambi.
Rio detto Riva Bianca o Torretta
Dalla valle che inizia sotto il Monte Querciola, tra i poderi “Cappellone” e “Campolasso” scende il Rio detto Riva Bianca o della Torretta. Lasciata sulla destra la nuova chiesa di Campiano ed attraversata la Casolana, dirige il suo corso a levante presso i campi del podere “Camerini”, scaricandosi nel Senio prima della chiusa del Canale dei Molini.
Rio Dadina
Tra il Rio Torretta ed il Rio delle Tassinari, all’incirca all’altezza del Km. 4 della via Casolana, si incontra un piccolo rio detto Dadina. Inizia nell’agro di Riolo Terme e dopo aver attraversato la strada statale tra le case “Rio di sopra” e “Rio di sotto”, si getta nel Senio.
Altri fossati
Il fosso di sinistra della via Lughese, dopo aver attraversato la stazione ferroviaria ed essersi accostato a via Sant’Ilario, termina in un altro fosso proveniente dai campi, il quale prosegue sino a Solarolo, ove, sottopassato il Canale dei Molini in località Ponte Pietre, attraversa l’abitato col nome il Rio, proseguendo per la Madonna della Salute, lambendo Barbiano, scavalcando nuovamente il Canale dei Molini e finendo la sua corsa in agro di Lugo col nome di Scolo Tratturo.
Così pure il fosso di destra di Via Casanola, abbandonata detta strada in località Barignano, entra in comune di Solarolo a fianco della Via Larga per gettarsi nel Rio poco prima dell’abitato.
Altri fossi che attraversano le nostre campagne proseguono per chilometri ingrandendosi fino a diventare veri e propri corsi d’acqua, oppure finendo in fossi più capienti.
Paolo Grandi
Il Nuovo Diario n. 32 del 08.08.1998
Il Nuovo Diario n. 33 del 29.08.1998
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