Frammenti di vite sotto i portici di via Garavini

di Andrea Soglia

“Se questi muri potessero parlare!”… Mai questo vecchio adagio potrebbe risultare più azzeccato per lo scopo che ci prefiggiamo, ossia ricostruire le vicende relative ad un edificio che di certo sarà stato testimone di tante storie di vita vissuta. Ci riferiamo all’attuale “Casa don Carlo Cavina” di via Garavini 12-14, che fino alla fine del 2022 ha ospitato anche una storica cartoleria.
Un’abitazione civile, di non particolare pregio architettonico, con annesso negozio, che si trova nella parte più antica del nostro Castello e che quindi è coeva alla fondazione del nostro paese. Se i muri parlassero, potremmo scrivere la sua storia fin dalla fine del ‘300, ma ci accontentiamo di partire da inizio ‘800, quando in quella casa nacquero due sacerdoti che hanno fatto la storia del nostro paese e di Lugo: don Tommaso Gamberini e don Carlo Cavina.
Era il 1812 quando nella casa di via Garavini vide la luce Tommaso Gamberini, che fu arciprete di Castel Bolognese dal 1838 al 1888: cinquanta lunghi anni che fecero la storia d’Italia. A don Gamberini è stata dedicata una via del paese e, nel 2014, una monografia curata da don Paolo Ravaglia, già cappellano della parrocchia di San Petronio.
Pochi anni dopo, nel 1820, nella stessa casa nacque don Carlo Cavina, dichiarato Venerabile nel 2019 da papa Francesco. Don Cavina svolse la maggior parte del suo ministero sacerdotale a Lugo, come prevosto e parroco della Parrocchia Collegiata dei santi Francesco e Ilaro. Fondò, nel 1872, una nuova congregazione: le Figlie di San Francesco di Sales. Numerose pubblicazioni ricordano l’operato di don Carlo Cavina; Castel Bolognese l’ha omaggiato dedicandogli dapprima una targa posta sulla sua casa natale (1980, centenario della morte) e poi, in anni più recenti, una via del paese.
Un salto avanti di 100 anni ci porta circa negli anni ’20 del Novecento, quando la casa è di proprietà di Paolo Zannoni, noto come Pavlè d’Pipetta. In una carrellata dei negozi di Castel Bolognese, scritta da Paolo Grandi sui ricordi di Romana Zannoni (che di Pavlè era nipote), troviamo le prime notizie dell’uso commerciale del pianterreno della casa di via Garavini, utilizzata in quel periodo per la vendita di frutta e verdura che vedeva impegnato Paolo Zannoni, sicuramente coadiuvato dalla moglie e dalle tre figlie (chiamate le Pirre), Antonietta, Angelina e Pierina. Alla morte di Paolo le sue proprietà vennero suddivise fra le sue figlie, e ad Antonietta toccò la casa di via Garavini.
Antonietta Zannoni (1908-1983) fu una pioniera del movimento cattolico castellano. Nel 1924 (centenario dimenticato), assieme ad alcune coetanee, diede vita al movimento femminile di Azione Cattolica, fondando il Circolo Santa Agnese. Ben presto l’associazione ebbe l’adesione di numerose giovani, che trovarono in Antonietta una guida spirituale per la loro formazione. Le socie appoggiarono tante iniziative parrocchiali: coro, teatro, conferenze, giornate eucaristiche, manifestazioni religiose ed esercizi spirituali. Fin all’ultimo periodo della sua vita la Zannoni partecipò alla catechesi dei fanciulli.
Tornando all’attività commerciale, già prima della Seconda guerra mondiale a Pavlè era subentrata la sorella Idda Zannoni, che proseguì nella vendita di frutta e verdura coadiuvata dalle figlie Armanda e Giuseppina Mazzotti. Paolo Leonelli, figlio di Giuseppina, ricorda che nel periodo natalizio si vendeva anche l’oca già macellata, come era nella tradizione castellana, e che la vendita si svolgeva anche la notte di Natale, quando tante persone si fermavano dopo la Messa e, a lume di candela, si pesava la carne sulla stadera. Armanda morì tragicamente a guerra finita: il 2 maggio 1945, di ritorno da Faenza, mentre con uno zio spingeva un carretto pieno di viveri e medicinali per i castellani, fu travolta da un mezzo militare polacco.
Arriviamo poi negli anni ’50, quando nasce la storica cartoleria che arriverà fino ai giorni nostri e la cui attività è intimamente connessa con quella di una delle due tipografie castellane attive in quel tempo. Ma qui occorre fare un passo indietro.
Già dagli anni ’20 era attiva a Riolo (allora Bagni), la tipografia Pollini e Aramini, che aveva annessa una fornitissima cartoleria. La tipografia aveva una succursale a Castel Bolognese, in alcuni locali di via Gambarelli, di proprietà di Paolo Zannoni (e, alla sua morte, della figlia Angelina). Nel Dopoguerra Zaffi Aramini (più noto col nome di Saffi o, erroneamente, Saffo), co-titolare della tipografia, si trasferì a Conselice (sua città natale) e Giusto Pollini proseguì nella sua duplice attività fino all’inizio degli anni ’50, quando cedette tipografia (e relativa succursale) e cartoleria ad Enrico Robbia e la moglie Tina Zanelli. Ben presto, poco dopo la metà degli anni ’50, si pensò di ingrandire l’attività aprendo una cartoleria anche a Castel Bolognese che, dopo la cessazione della cartoleria delle sorelle Cavallazzi sulla via Emilia interna, era rimasto con la sola cartoleria di Elsa Benelli in piazza Bernardi. Il negozio di via Garavini era in una posizione strategica, vista l’ubicazione a due passi dalla Scuola Media (sita fino al 1967 nell’attuale edificio dell’Unicredit) e a un tiro di schioppo dall’unica scuola elementare, e non mancò la competizione con l’altra cartoleria. A gestirlo la sorella di Tina, Margherita Zanelli (1927-1998), da tutti conosciuta come “Ghita”. A Ghita non mancava di certo l’intraprendenza, visto che alla fine della guerra, con altre pioniere, fu fra le fondatrici della cooperativa La Confezionatrice (purtroppo di breve durata), tutta al femminile, che riuniva decine di sarte.
Ben presto, nel retrobottega della cartoleria, fu trasferita anche la succursale della tipografia Robbia, abbandonando i locali di via Gambarelli. E quindi nella casa di via Garavini si iniziarono anche a stampare i manifesti, soprattutto quelli funebri (fino agli anni ’70 di formato 100×70, tutti neri, con le scritte color oro) usando l’antico torchio ivi installato. L’unica altra macchina della succursale, la “pedalina”, fu invece spostata presso il vicino stabilimento stracci dei Fratelli Santandrea: essendo utilizzata solo per stampare sugli imballaggi di quella ditta, si pensò di metterla direttamente in un angolo dello stabilimento, risolvendo non pochi problemi logistici. E al primo piano della casa di via Garavini fu riservata una stanza alla tipografia, dove poter dormire o cucinare a seconda dei bisogni.
La cartoleria di Ghita viene ricordata come molto fornita dai ragazzi dell’epoca. Ghita volentieri si circondava di bambini, parziale consolazione per lei dopo che la sua unica figlia Paola, generata dall’unione con Edgardo, era morta subito dopo la nascita e Ghita non aveva potuto avere altri figli. Sapeva essere anche molto severa, se occorreva, con i giovani clienti più indisciplinati. Dopo una quindicina di anni, anche per alcuni problemi di salute, Ghita passò la mano, ma il negozio, per alcuni anni, rimase in famiglia: dapprima a gestirla fu Gianpaolo Robbia e poi, in attesa di entrare di ruolo come maestra, Adelinda Baruzzi, fidanzata e poi moglie di Francesco Robbia.
Alla fine degli anni ’70 la cartoleria passò a Luisa Piancastelli in Emiliani (si veda la pubblicità del 1979) e il torchio della tipografia Robbia fu trasferito in via Pallantieri. Successivamente, con la denominazione di “Scarabocchio”, la cartoleria fu gestita da Sabrina De Giovanni e, nel 2014, da Patrizia Piancastelli che ha cessato l’attività nel 2022, curiosamente come la vecchia cartoleria “antagonista” negli anni ’50-’60.
Nel frattempo, però, l’intero edificio è stato acquistato dalle Figlie di San Francesco di Sales che hanno voluto così omaggiare il loro fondatore don Carlo Cavina, e alcune suore dell’ordine vi abitano già da alcuni anni.
E questa è la storia che siamo riusciti a scrivere anche grazie ai racconti di Gianpaolo Robbia, Sante Garofani (che ringraziamo anche per le notevoli fotografie messe a disposizione), Sergio Galeati, Paolo Leonelli e Paolo Grandi, sperando di non aver dimenticato qualche gestore della cartoleria.
Certo se i muri potessero parlare… Un giorno potrebbero raccontare che dall’8 al 18 dicembre 2024 la ex cartoleria ha ospitato anche la mostra di pittura di Rosetta Tronconi e scultura di Stefano Zaniboni dal titolo “Luce dell’Ombra”.
Su stimolo dei due artisti abbiamo scritto queste righe che speriamo siano gradite e possano essere arricchite, in futuro, di storie e di immagini. E magari sapremo presto la destinazione futuro dello spazio a pianterreno, oggi inutilizzato, che per decenni ha visto i bimbi entrare a comprare cancelleria e giocattoli.

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