Echi dei cantastorie di 80 anni fa
di Andrea Soglia
Un tempo il cantastorie (come scrive il sito del Museo storico della giostra) era tra i protagonisti della vita quotidiana di un paese. Vi era tanta gente che accorreva per ascoltare dalla sua viva voce le notizie del giorno, fatti delittuosi, avvenimenti realmente accaduti, storie fantastiche illustrate su grandi tabelloni che rendevano visibili la scienza per un pubblico per lo più analfabeta.
Di certo i cantastorie si aggiravano dalle nostre parti anche nel periodo della Seconda guerra mondiale e, soprattutto, nel periodo immediatamente seguente alla sua fine, quando finalmente era tornata la libertà di parola.
Vi proponiamo quattro brani, a cui abbiamo attribuito un titolo estrapolato dal testo, parodie di brani molto famosi, che sono rimasti nella memoria di due nostri concittadini, Franca Ricchi e Terigio Pandolfi.
Al periodo più buio, del 1944, risale il testo che ci ha cantato Franca Ricchi, sulle note dell’inno fascista All’armi (siam fascisti). A Franca l’ha trasmesso il padre, che l’aveva appreso da un giovane (con fisarmonica) che era ricoverato con lui all’ospedale di Imola. Franca ce l’ha gentilmente cantato e l’abbiamo filmata (amatorialmente) durante la mattina di un mercato del venerdì. Si canta l’inferno della guerra, con la speranza del ritorno del “buonumor”. Chissà, magari il giovane ricoverato ad Imola era un cantastorie rimasto ferito… oppure un musicista di una qualche importanza. Di certo le parole sono di una attualità disarmante.
Ecco il testo:
“Di all’armi siamo stanchi”
All’armi
Di all’armi siamo stanchi
le mine son nei campi
La guerra è diventata cosa seria
non ci ha lasciato altro che miseria
Feriti e morti siamo tanti e tanti
i vivi non san come andare avanti
O Padreterno, questo è l’inferno
distrugge il mondo senza aver pietà
Ma una speranza in fondo al cuor
che il buonumor
ritornerà
Nel 2013 l’indimenticato Terigio Pandolfi ci aveva dettato i testi di tre canzoni che aveva sentito (e memorizzato) da un cantastorie transitato a Castel Bolognese qualche tempo dopo la fine della guerra.
Sulle note di “Lili Marleen” si cantava la fine dei dittatori Hitler e Mussolini.
“Son morti gli assassin”
O Mussolini infame traditor
fosti tu in Italia a spargere il terror
Ma non sei solo, un altro c’è
che è una carogna più di te
Sono due gli assassin
Hitler e MussolinO Mussolini tu t’alleasti un dì
con l’infame Hitler che fece noi soffrir
tutta l’Italia la spogliò
persino i treni li diportò
Ma il giorno è giunto già
che la Germania pagheràSon stati fatti i loro funeral
sopra c’era scritto son morti gli animal
Nessun pianto o ben si sa
e tutto il mondo canta già
son morti gli assassin
Hitler e Mussolin
Sulle note di “In cerca di te (perduto amor)” di Natalino Otto, nota anche come “Solo me ne vo per la città”, si cantava invece la fame che si pativa e il terribile flagello della borsa nera.
“Con la sporta vo per la città”
Con la sporta vo per la città
oggi da mangiare che si fa
perché col mercato nero
io sono a zero
che li possino ammazzarIo cerco invano di economizzar
però la fame non si può scordar
d’un pollo arrosto non ricordo più il sapor
quattro patate un po’ di pane e un pomodor
sempre così tutti i dìCon la sporta vo per la città (rit.)
Sulle note di “E’ arrivato l’ambasciatore” del Trio Lescano si cantava invece la fine della dittatura e la speranza di un nuovo inizio, tutti in fratellanza.
“E’ arrivato l’ambasciatore”
E’ arrivato l’ambasciatore con la falce e col martello
è arrivato l’ambasciatore è sparito il manganello
Se uniti saremo tutti contro gli approfittator
su compagni al lavor siamo tutti fratel
ora basta col manganelPer vent’anni abbiamo patito col regime di schiavitù
se non eri iscritto al partito di parlare non avevi diritto
soffocavano tutte le idee con la forza strozzavan i pensier
ma gli eventi del mese d’aprile hanno fatto gioire tutto il mondo interE’ arrivato l’ambasciatore (rit.)
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