C’erano una volta i miniassegni…
di Andrea Soglia
I miniassegni, come ci ricorda Wikipedia, “furono un particolare tipo di denaro che circolò in Italia, nella seconda metà degli anni settanta, in sostituzione delle monete metalliche che in quel periodo scarseggiavano, e che fino ad allora erano state sostituite da caramelle, francobolli, gettoni telefonici e, in alcune città, anche da biglietti del trasporto pubblico”.
Furono chiamati così perché erano assegni circolari, ma di dimensioni più piccole rispetto alla norma per tale articolo. Comparvero sulla fine del 1975 e si diffusero a macchia d’olio nei due anni seguenti, quando molto banche, che non potevano battere moneta, “emisero dei veri e propri assegni circolari di piccolo taglio intestati a enti e società già muniti della girata; in pratica, essendo così dei titoli al portatore, venivano scambiati di mano in mano come se fossero vera e propria moneta corrente”. Divennero ben presto ambite prede dei collezionisti che si affannarono a cercare gli 835 tipi diversi, emessi da una sessantina di banche di tutta Italia.
I miniassegni sparirono sul finire del 1978, “quando l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato fu finalmente in grado di sopperire alla mancanza di monete metalliche provocata dall’inflazione, in quel periodo elevatissima”. Si sgonfiò ben presto anche il loro collezionismo, al punto che le quotazioni crollarono e diversi collezionisti che avevano speso delle fortune si ritrovarono quasi con della carta straccia.
Anche Castel Bolognese fu interessata dal fenomeno della penuria di moneta metallica e dalla diffusione dei miniassegni.
Sono giunti a noi alcuni aneddoti. Fortunata Santandrea, titolare di una delle due farmacie del paese, ricorda che i suoi clienti volevano assolutamente il resto in moneta metallica e non con surrogati di vario tipo. Si avvalse quindi di una “cambiavalute” particolare: la Minta de Dintò (Clementa Diversi) titolare dell’ultima ditta di stracci rimasta in attività dopo la chiusura della ditta concorrente dei Santandrea. La Minta, che negli anni aveva messo da parte moltissimi “spiccioli” rinvenuti nelle tasche dei vari abiti dismessi e destinati a diventare stracci, cambiava le banconote in monete a chi gliene faceva richiesta. Ovviamente nulla avveniva senza una controparte e le 1000 lire di carta venivano cambiate in 900 (o 950) lire, come ricorda Fortunata Santandrea.
Personalmente ricordo anche io il resto in caramelle che veniva dato in vari negozi. Ed ovviamente noi bambini gradivamo e ce le mangiavamo con gusto. La cosa veniva gradita di meno da chi, magari, bambini non ne aveva. E’ passato alla storia quanto fece il dottor Ferramosca. Stanco di ricevere ogni giorno il resto in caramelle quando acquistava il giornale, una bella mattina, accumulato il quantitativo necessario, si decise a pagare il quotidiano con una bella manciata di caramelle. Naturalmente non aveva fatto i “conti” con l’edicolante, persona notoriamente molto tosta, che oppose fiera resistenza e gli appioppò altre caramelle di resto anche quella mattina.
Varie ditte castellane (o collegate in qualche modo a Castel Bolognese) si rifugiarono nei miniassegni, tutti emessi dall’ICCREA (Istituto di Credito delle Casse Rurali e Artigiane). Al proposito abbiamo raccolto la testimonianza di Gianpaolo Robbia, all’epoca impiegato presso la Cassa Rurale Artigiana di Castel Bolognese e Casola Valsenio, che si occupò personalmente di fare la domanda all’ICCREA per le ditte interessate. Robbia ricorda che il quantitativo minimo era pari a 200.000 lire, ossia 2.000 miniassegni, che avevano tutti il taglio da 100 lire. Il formato era 6,7 x 11,1 cm. All’istituto di credito castellano si rivolsero le seguenti ditte:
-Bar gelateria Commercio Laghi Giovanni, Castel Bolognese
-Sanapo Giuseppe, formaggi e salumi, Castel Bolognese
-Tipografia Robbia, Riolo Terme (di Enrico Robbia, padre di Gianpaolo, con succursale a Castel Bolognese)
-Bar Alpino di Bruno Tampieri, Riolo Terme (il proprietario risiedeva a Castel Bolognese)
-Officina Girolami Antonino, Napoli (di proprietà di un carabiniere di stanza a Castel Bolognese)
A parte il miniassegno del Bar Commercio, che ebbe buona circolazione e che ogni tanto spunta sul mercato antiquario, tutti gli altri furono per la maggior parte ritirati verso la fine del 1978. Gianpaolo Robbia ricorda ancora le migliaia di timbri che si dovevano effettuare per annullarli, visto che i miniassegni andavano vidimati uno a uno. Robbia ci ha messo gentilmente a disposizione una copia di ciascuno dei 5 miniassegni sopra elencati.
Come in ogni ambito collezionistico, naturalmente, non potevano mancare le varianti. Piccole rarità, che qualche castellano conserva. A noi le ha fornite Giuseppe Bentivoglio.
Anche la sagra della Pentecoste del 1977 dovette fronteggiare la penuria di moneta metallica. La Pro Loco si attrezzò, quindi, acquistando una partita di miniassegni del Bar Commercio, che circolarono durante la sagra e sui quali fu apposta una seconda girata, a firma del presidente della Pro Loco Francesco Zaniboni.
La “repubblica indipendente” del Caminetto d’Oro si arrangiò a modo suo, facendo stampare alla Grafica Artigiana di Castel Bolognese un proprio miniassegno (più piccolo in altezza di quelli dell’ICCREA ma con base identica). Questo miniassegno, però, è in bianco e decorato con una fiamma che richiama quella che arde tuttora nell’antico grande camino della sala del ristorante. Anche questo miniassegno deve essere circolato per poco tempo e solo all’interno del ristorante, tant’è che il mitico Gualtiero, interpellato al proposito, ci ha detto che non se ne ricordava assolutamente più.
Fonti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Miniassegni
Archivio Gianpaolo Robbia
Archivio Rosanna e Giuseppe Bentivoglio
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