Padre Albino Varotti ci ha lasciato
Una grande perdita per la cultura musicale nazionale ed internazionale
di Paolo Grandi
Giovedì 18 gennaio 2018, alle prime luci dell’alba padre Albino Varotti, frate Minore Conventuale, è morto nella sua stanza della Casa di Riposo “Camerini” di Castel Bolognese ove ha trascorso gli ultimi dieci anni della sua vita. Fino almeno a Natale è stato lucido ed ha continuato, componendo, a seguire quella ispirazione musicale che nel corso della sua lunga vita lo ha sempre accompagnato e che ha prodotto numerosissimi componimenti sacri e liturgici, specie a tema mariano.
Nato il 13 maggio 1925 a Volano di Codigoro da famiglia bolognese, nel 1938 entrò nel collegio serafico di Longiano ove iniziò anche l’attività musicale. Dopo una permanenza nella Basilica di Sant’Antonio di Padova, nel 1943 fu a Faenza, dove si diplomò presso il Liceo Classico “Evangelista Torricelli” occupando anche il posto di organista nella chiesa del suo ordine, San Francesco. Qui proferì i voti solenni e venne consacrato sacerdote nel 1949 dal vescovo di Faenza mons. Giuseppe Battaglia (1944 – 1976) al quale poi dedicò un maestoso “Ecce Sacerdos Magnus” scritto nel 1950.
A Bologna intraprese gli studi musicali di composizione e direzione d’orchestra con Lino Liviabella, compositore e pianista, che proseguì con O. Faccenda e R. Lupi, diplomandosi in musica corale a Bologna ed in strumentazione per banda a Pesaro. Fu inoltre allievo di B. Somma e G. Farina per la composizione polifonica.
Nel 1950 fu istruttore del coro e della Cappella Musicale Patriarcale di San Francesco in Assisi, designato dal direttore padre Domenico Stella come suo successore e dal 1954 fu segretario della Commissione Generalizia di Musica Francescana, curando in seguito la direzione della Cappella Musicale di San Rufino in Assisi.
A Faenza, ove ha vissuto nel convento di San Francesco fino all’incidente che lo rese incapace di camminare, ha sempre ricoperto fino alla fine l’incarico di Direttore della Cappella Musicale e, per molti anni, ha prestato servizio con assistente ecclesiastico presso diversi gruppi Scout d’Italia.
Padre Albino ha insegnato presso il Conservatorio statale “Luigi Cherubini” di Firenze ricoprendo la cattedra di armonia e contrappunto, sia in vari Istituti dell’Ordine francescano e statali, tra i quali le scuole medie di Castel Bolognese negli anni ‘60.
Mia zia Virginia, sua collega, mi presentò a lui perché avevo una bella voce intonata; era il 1966 e padre Albino era stato incaricato dall’Arciprete Sermasi di allestire uno spettacolo musicale per il pomeriggio del martedì grasso. Avevo sette anni, fui “scritturato” con la canzone “Il pulcino ballerino” e da allora sono sempre stato il suo “Paolino”, imparando da lui quella musica che ancora oggi continuo a cantare, studiare, dirigere. Ma come me tanti altri giovani castellani di più generazioni hanno avuto Albino come loro maestro di musica, che si dedicava all’insegnamento gratuitamente e con la massima passione sia presso privati che nella sua stanza al convento di Faenza ove regnava un disordine perenne, altro suo elemento caratteristico, e dove potevi trovare di tutto nelle carte sparse ovunque: da manoscritti inediti ad autografi di Mozart.
Era una sua non comune dote quella di insegnare e comunicare con tutti con estrema umiltà e semplicità; il suo carattere gioviale ti faceva poi sentire subito a tuo agio sia che parlasse di vita quotidiana che della vita di Bach, Mozart o Beethoven. Dotato di una cultura oserei dire enciclopedica, era una delizia averlo anche quale commensale o compagno di viaggio. Ricordo sempre con piacere un viaggio in treno da Faenza a Firenze con lui che mi illustrava la storia di tutte le chiese ed i luoghi che incontravamo sul percorso.
L’amico Lino Pasotti mi ha riferito che quando padre Albino insegnava alle scuole medie, portò tutti i suoi alunni, con due pullman, alcuni giorni ad Assisi, interamente a sue spese, sia in San Rufino per registrare “Il Coprifoco”, antico Inno Comunale cittadino, sia nella Basilica di San Francesco, ove mostrò loro anche alcune reliquie del Santo che non sono esposte al pubblico, tra le quali quelle del viaggio in Egitto.
Di Castel Bolognese poi padre Albino era affezionato alla chiesa del suo ordine, cioè il bel San Francesco, e ne ha scritto la storia dell’organo Traeri, purtroppo perito per gli eventi bellici.
Nel 2007 il Consiglio Comunale lo aveva insignito della cittadinanza onoraria e poco dopo, su interessamento del dott. Loris Monti, del figlio prof. Luca, di mio padre Tristano e mio, oltre che dell’allora sindaco Silvano Morini e dell’Arciprete di San Petronio mons. Gian Luigi Dall’Osso, se ne pensò la sistemazione presso la Casa protetta “Camerini” dal momento che a causa dell’infermità gli era impossibile tornare nel convento di Faenza e gli si prospettavano soluzioni che lo avrebbero portato lontano dai luoghi e dalle persone a lui familiari.
Padre Albino ne è stato riconoscente componendo nel 2013 l’Inno Comunale, e riscoprendo nel 2011, trascrivendolo ed adattandolo per coro ed orchestra un Inno al Patrono San Petronio del padre Giacomo Gorlato peraltro tuttora ineseguito, oltre alle brevi composizioni per orchestra che fanno parte della raccolta “Felsineo Castro”; collaborando poi in Parrocchia celebrando o concelebrando Messe e nel confessionale e mettendosi a disposizione della Banda cittadina per la trascrizione, lo studio e l’esecuzione di brani del repertorio.
Da oggi, come recita il manifesto funebre, padre Albino “dirige la sua musica insieme agli Angeli in Cielo”.
Alle esequie, solenni, tenutesi in San Francesco a Faenza sabato 20 gennaio erano presenti tanti suoi discepoli ed allievi, alcuni dei quali hanno raggiunto vette notevoli nel campo musicale sia in Italia che all’estero e tanta gente semplice che lo aveva conosciuto, oltre a molti castellani che gli erano stati vicini in questi anni.
Spiccava la presenza istituzionale del Comune di Castel Bolognese e dell’ASP della Romagna Faentina. Si è notata l’assenza della Faenza istituzionale davanti ad un personaggio di così tanta fama al quale la città e l’Ordine Francescano devono molto: erano assenti il Sindaco, il Vescovo, come pure il Padre Provinciale.
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