L’Arco napoleonico fuori Porta Imolese a Faenza
L’erezione dell’Arco napoleonico fu deliberata dalla Municipalità giacobina di Faenza nel febbraio del 1797 dopo che Napoleone di ritorno da Tolentino si era fermato per poche ore a Faenza proclamando l’annessione della Romagna alla Repubblica francese; si volle ricordare con quel monumento marmoreo la vittoria dei Francesi al Ponte del Senio di venti giorni prima. Il progetto e la direzione dei lavori furono affidati all’architetto Giannantonio Antolini di Castelbolognese, notissimo a Faenza, che fu preferito al grande rivale, il faentino Giuseppe Pistocchi. L’arco, la cui prima pietra fu posta con grande cerimonia e discorsi celebrativi il giorno 7 maggio, sorse a cavallo della via Emilia fra il convento dei frati francescani detti del Paradiso e l’angolo di quella che sarà la Piazza d’Armi; un viale doveva collegarlo con Porta Imolese. L’erezione affrettata di quest’arco diede luogo ad una lunga ed aspra polemica col Pistocchi ed i suoi fautori che lo giudicarono troppo stretto, inelegante ed instabile (ci fu chi lo battezzò “un comodino”). Cosicché quando, nel 1799, il governo repubblicano fu temporaneamente soppresso per il ritorno delle truppe austriache alleate della Santa Sede, ne fu subito deliberata la demolizione. Nell’anno 1801 tuttavia, col ritorno vittorioso delle truppe napoleoniche e il definitivo consolidamento del governo repubblicano, si pensò di ripristinarlo ma la ricostruzione non andò oltre al basamento e, perdurando le polemiche, l’arco fu abbandonato e poi del tutto pareggiato al suolo. La bella veduta incisa all’acquatinta su rame e stampata in seppia che qui si riproduce non può essere di mano dell’Antolini: per certe caratteristiche si ritiene di poterla attribuire all’abile incisore e disegnatore faentino Giuseppe Zauli che aveva studiato a Bologna ed era amicissimo del quasi coetaneo e condiscepolo Francesco Rosaspina. Lo Zauli, come del resto anche il Rosaspina, era poi amicissimo di Felice Giani del quale qui ricorda vagamente i modi grafici.
Tratto da: Vedute di Faenza ottocentesca, Ennio Golfieri – Faenza, a cura del Monte di credito su pegno e Cassa di Risparmio, 1972.
Lascia un commento