Storia di Pacifico Sed Piazza
In occasione del Giorno della memoria 2013 e 2021
a cura di Andrea Soglia
Fino a pochi anni fa, prima della pubblicazione di alcuni articoli su questo sito, era praticamente sconosciuto il fatto che, durante i tristi anni dell’occupazione tedesca, anche nel territorio Castel Bolognese fossero avvenuti almeno tre episodi che videro coinvolti ebrei. Di uno di questi fu tragicamente protagonista Pacifico Sed Piazza, nato a Roma il 20 maggio 1920 da Graziadio Sed Piazza e Fortunata Spizzichino. Non sappiamo quando e come egli giunse a Castel Bolognese, poiché nel nostro Archivio storico comunale non abbiamo trovato notizie. E’ probabile che Pacifico Sed Piazza fosse riuscito a sfuggire al famigerato rastrellamento del 16 ottobre 1943, quando le SS, in poche ore, arrestarono nel Ghetto di Roma oltre 1000 ebrei, di cui 200 bambini. Il fratello di Pacifico, Giuseppe Sed Piazza, classe 1914, non ebbe modo di sfuggire alla cattura e fu deportato ad Auschwitz, dove morirà il 3 novembre 1944, dopo un anno di internamento.
E’ immaginabile che, dopo molte traversie, Pacifico fosse giunto nel territorio di Castel Bolognese. Non ci sono note le generalità di chi, eventualmente, lo aiutò a nascondersi e di coloro che, molto probabilmente, ne denunciarono la presenza ai nazifascisti. Molti episodi avvenuti in quel periodo sono tuttora avvolti dal mistero, e difficilmente sarà possibile scoprire ulteriori dettagli anche su questo fatto, ma le fonti consultate sembrano concordi nell’affermare che Pacifico Sed Piazza venne arrestato a Castel Bolognese il 21 aprile 1944. Egli fu poi trasportato nel carcere di Roma, dove venne rinchiuso anche il padre Graziadio, arrestato a Roma il 24 aprile. Dopo circa un mese esatto, il 21 maggio 1944, 281 ebrei romani, fra cui Pacifico, furono fatti confluire nel campo di concentramento di Fossoli di Carpi dove rimasero in attesa che fosse raggiunto un numero di ebrei sufficiente a formare un nuovo convoglio (il tredicesimo in Italia) in partenza per Auschwitz.
La cosa avvenne solo dopo un ulteriore mese e, il 26 giugno 1944, i prigionieri furono stipati su un treno che, dopo una sosta a Verona per caricare altri deportati, prese la direzione di Auschwitz. Il trasporto viaggiava sotto sigla RSHA (ReichsSicherheitsHauptAmt, ossia Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich). Ecco come un membro del Kommando della Ordnungspolizei di accompagnamento descriveva il carico:
“…i carri merci sui quali erano stati caricati gli ebrei erano vagoni sigillati le cui aperture erano provviste di inferriate. L’interno era completamente privo di arredi e mi ricordo che il pavimento era ricoperto di paglia. Non ricordo che fossero provvisti di servizi igienici. In questi vagoni gli ebrei erano stati stipati a regola d’arte da quelli del SD (ossia il servizio di spionaggio e controspionaggio delle SS). Ci stavano penosamente stretti e non avevano praticamente modo di distendersi. Ciononostante, nei carri venivano ficcate continuamente altre persone…” e il viaggio: “… Alla partenza del treno, di primo mattino, tutti i vagoni vennero chiusi ermeticamente e così rimasero durante i due e più giorni di viaggio. Anche quando, come accadeva di sovente, il treno si fermava nelle stazioni o in aperta campagna, nessuno poteva scendere dai vagoni. Gli SD aprivano soltanto uno spiraglio alla porta dei vagoni per arieggiarne un poco l’interno. Anche a causa del caldo notevole, dai vagoni si sprigionava un puzzo intenso… i deportati chiedevano da bere urlando e protendevano le mani dalle sbarre durante le soste. Udivamo anche i deportati lamentarsi ad alta voce…”
Il convoglio, come già avvenuto ad altri, dovette aspettare il suo turno fuori dal lager prima di venire scaricato:
“…rimanemmo fermi più di un giorno e una notte a circa 10 km. da Auschwitz prima che il treno entrasse lentamente nella stazione del Lager”.
Il treno giunse ad Auschwitz il 30 giugno 1944. Il numero reale dei deportati che vi erano a bordo non è conosciuto; le persone identificate sono 527, fra cui 21 bambini (nati dopo il 1931) e 150 anziani (nati prima del 1885). Il più giovane si chiamava Umberto Nacamulli ed aveva due mesi mentre la più anziana, Natalie Camerini, aveva 92 anni. Di questi 527 ebrei solo 35 scamparono alla morte.
Graziadio Sed Piazza, classe 1886, fu ucciso al suo arrivo ad Auschwitz, assieme ad altri 295 fra gli ebrei di cui sono note le generalità.
Secondo i documenti conservati nell’archivio del Museo di Auschwitz, gli uomini che all’arrivo superarono la selezione per il gas e furono immessi nel campo furono 180: i numeri di matricola andavano da A-15677 a A-15856; le 51 donne immatricolate presero i numeri da A-8457 a A-8507. Fra i 180 uomini vi era quasi sicuramente Pacifico Sed Piazza.
Secondo le fonti bibliografiche fin qui utilizzate si ipotizzava che Pacifico Sed Piazza fosse morto nel settembre 1944, in luogo ignoto.
La consultazione delle banche dati digitalizzate degli Arolsen Archives – International Center on Nazi Persecution ci consente, però, di ipotizzare ulteriori dettagli tragici alla storia drammatica fin qui raccontata.
Un documento, che potremmo definire una scheda di immatricolazione, attesta che un Pacifico Sed, nato a Roma il 20 maggio 1920, fu internato nel campo di concentramento di Flossenbürg il 22 ottobre 1944 con il numero di matricola 31720. Coincidendo sia una parte del nome, sia la data di nascita, è facile pensare che si trattasse di Pacifico Sed Piazza e che fosse stato trasferito da Auschwitz. Il campo di concentramento di Flossenbürg, era situato a circa metà strada fra Norimberga e Praga, poco lontano dal confine con l’attuale Repubblica Ceca.
La medesima scheda, con una nota manoscritta, attesta che Pacifico Sed lasciò il campo l’8 marzo 1945, in una delle tante marce della morte, diretto al campo di concentramento di Bergen-Belsen, in Bassa Sassonia. La guerra oramai volgeva al termine e il collasso del fronte orientale portò al veloce smantellamento di molti campi di prigionia e il trasferimento dei prigionieri in campi più interni al territorio tedesco. La situazione del campo di Bergen-Belsen andò letteralmente fuori controllo, come descrive brevemente wikipedia alla voce dedicata al campo:
“Il collasso del fronte orientale portava masse sempre più ingenti di prigionieri a riversarsi in Germania; i prigionieri, uomini e donne, vi giungevano sempre più numerosi e in condizioni sempre più precarie dopo estenuanti viaggi di trasferimento. Il numero degli internati al 1º dicembre 1944 era di 15 257; il 1º febbraio 1945 il numero era salito a 22 000; al 1º marzo a 41 520; al 1º aprile 43 042 e al 15 aprile a circa 60 000.
Il sovraffollamento portò al completo collasso delle strutture logistiche del campo: non c’era cibo né acqua potabile sufficienti per tutti. La situazione igienica e sanitaria precipitò, provocando un aumento esponenziale dei morti per malattia (soprattutto tifo) e malnutrizione in un campo originariamente programmato per ospitare 10 000 persone.
Il numero dei morti passò da 7 000 del mese di febbraio a oltre 18 000 nel mese di marzo. Nel campo di Bergen Belsen vi era un solo forno crematorio, per cui i morti venivano normalmente sepolti in fosse comuni, ma il numero dei morti ben presto superò i tempi e le capacità di sepoltura”.
Il campo fu liberato dagli alleati il 15 aprile 1945, che “vi trovarono circa 60 000 prigionieri, una gran parte dei quali moribondi o in pessime condizioni di salute, e migliaia e migliaia di corpi insepolti o accatastati all’interno e nei pressi del campo”.
Al momento non è stata trovata traccia dell’immatricolazione di Pacifico Sed [Piazza] a Bergen Belsen, il ché porterebbe ad ipotizzare che non fosse sopravvissuto alla marcia della morte, di circa 370 km. L’altra ipotesi, non meno terribile, è che, arrivato ancora vivo a Bergen-Belsen, fosse poi deceduto di tifo o di stenti, forse prima della liberazione del campo, o nelle settimane subito dopo, durante le quali non si riuscì ad evitare la morte di oltre 13.000 ex-prigionieri, ormai troppo debilitati per sopravvivere.
In quello stesso campo, fra il febbraio e marzo del 1945, morì di tifo anche Anna Frank.
Bibliografia essenziale:
Picciotto Fargion, Liliana, Il libro della memoria: gli ebrei deportati dall’Italia, 1943-1945, Milano, Mursia, 1991
Picciotto Fargion, Liliana, L’occupazione tedesca e gli ebrei di Roma: documenti e fatti, Roma, Carucci, 1979
Fonti:
-Arolsen Archives, 1 Incarceration Documents / 1.1 Camps and Ghettos / 1.1.8 Flossenbürg Concentration Camp / 1.1.8.3 Individual Documents male Flossenbürg /
Contributo originale per “La storia di Castel Bolognese”.
Per citare questo articolo:
Andrea Soglia (a cura di), Storia di Pacifico Sed Piazza, in https://www.castelbolognese.org
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