Dicembre 1944: quando si nasceva in cantina…

di Andrea Soglia

Tanti di voi conosceranno Paolo Menzolini, barbiere, per oltre 60 anni al servizio dei castellani. Molti non sapranno, invece, la storia della sua nascita, avvenuta nel pieno della sosta del fronte bellico lungo il fiume Senio.
Come si è sempre raccontato, già a fine novembre-inizio dicembre 1944 i castellani trovarono rifugio nelle tante cantine del paese. La famiglia di Paolo fu ospitata nelle cantine della famiglia Zanelli, notissima in paese per l’antica attività della loro locanda e poi per l’attività di commercio di fiori medicinali. La casa Zanelli e le relative attività erano ubicate nella zona che attualmente ospita il supermercato Despar e arrivavano ad affacciarsi sulla via Emilia con gli edifici recentemente demoliti. Sesto Menzolini, padre di Paolo, lavorava per la famiglia Zanelli e viveva nei paraggi, per cui fu abbastanza automatico per lui rifugiarsi nelle cantine Zanelli assieme alla moglie Maria Borzatta (in attesa di Paolo), al figlioletto primogenito Mario e alla madre Giulia Medri.
Le cantine Zanelli, come ricorda Mario Zanelli, erano abbastanza affollate. Vi trovarono riparo Mario con i genitori e il fratellino Piero di pochi mesi; sua zia Cornelia Zanelli e il prozio Epaminonda, l’ultimo garibaldino di Castel Bolognese, già volontario nella Prima guerra mondiale; la prozia Elettra Contavalli, da poco rimasta vedova di Oreste Zanelli, con le figlie Tinetta, Valeria e Silvana (futura moglie di Edmondo Fabbri) e una sorella.
Era il 28 dicembre 1944. Erano in corso i “soliti” bombardamenti e Maria Borzatta entrò in travaglio. La situazione pericolosa impedì ad Antonietta Guidi (Tina Bèglia) di intervenire, per cui Cornelia Zanelli si improvvisò ostetrica. Tutto andò nel migliore dei modi. Una gioia per tutti, in mezzo a tanti lutti. E Cornelia Zanelli, morta nel 2023 a 104 anni e mezzo, ha sempre considerato Paolo anche un po’ figlio suo.

Un’altra storia a lieto fine ebbe luogo in una delle cantine quasi di fronte alla chiesa di San Petronio, dove il 22 dicembre 1944 è nato Gabriele Martelli. E’ stato straordinario, per me, nel marzo del 2024, sentire raccontare questa storia direttamente dalla principale protagonista, ossia Zaura Zaccherini, madre di Gabriele. Alessia e Cristiana Bruni l’avevano conosciuta casualmente qualche mese prima al cimitero di Castel Bolognese, quando erano in visita alle tombe dei rispettivi congiunti. Zaura era accompagnata dal figlio Gianpaolo, che già conosceva Cristiana, e quindi fu immediata la decisione di rivedersi tutti, con me presente, per raccogliere la straordinaria testimonianza nella sua casa di Faenza. Purtroppo Zaura, classe 1925, è scomparsa nel settembre 2024 a 99 anni di età (riposa nel cimitero di Castel Bolognese, ndr). Quando, alla presenza del figlio Gianpaolo, l’abbiamo intervistata, aveva più volte scherzato sull’arrivo della “Giacomina”, nomignolo con cui i romagnoli, e specialmente i faentini, chiamano la morte.
La storia di Zaura (il cui particolare nome di battesimo fu dovuto ad un errore di comunicazione del padre all’anagrafe di Imola: avrebbe dovuto chiamarsi Zaira, al padre veniva in mente Laura, ma ricordava che il nome cominciava con la Z) era iniziata nella vicina frazione di Selva di Imola, dove il padre Domenico gestiva l’osteria–sali tabacchi tuttora presente. Lì si fermava spesso Antonio Martelli (Tonino di Furlot) che dalla natia Castel Bolognese si recava quotidianamente a Imola dove lavorava come meccanico presso la Fiat. Nacque una reciproca simpatia e Tonino, che aveva 13 anni più di Zaura, le chiese di fidanzarsi. Zaura, dopo una lunga riflessione, accettò e il 26 dicembre 1943, nella chiesa di Zello, Tonino e Zaura si sposarono. Zaura ricordava ancora divertita l’aneddoto che, a suo dire, era quello che aveva fatto innamorare definitivamente Tonino. Un giorno, mentre Zaura aiutava i genitori nell’osteria, un signore le chiese se avessero una ritirata. Zaura, ricordandosi le raccomandazioni di suo babbo Minghì (“Quando un signore richiede qualcosa che non abbiamo, rispondete sempre che l’abbiamo appena terminata”) rispose proprio così, perché non sapeva che la ritirata altro non era che la toilette. Tonino era presente e per anni lui e Zaura ridevano moltissimo nel ricordare l’episodio.
Dopo il matrimonio Tonino e Zaura si trasferirono a Imola. Il 13 maggio 1944 Zaura si trovava in stazione a Imola per ritirare delle tomaie e fu testimone del grande bombardamento della città che portò alla distruzione della stazione (ove morì Lodovico Galeati, capostazione, originario di Castel Bolognese). Zaura e Tonino decisero di sfollare, dapprima a Riolo e poi a Castello, appoggiandosi ai genitori di Tonino. Speravano di “andare incontro agli alleati” e invece si trovarono in prima linea. Si rifugiarono quindi in cantina (dove in totale vi erano 18 persone), e quel che accadde lo lasciamo raccontare da Zaura in una testimonianza rilasciata alle pronipoti:

“Gabriele è nato in una cantina di una casa di fronte alla Chiesa di San Petronio, a Castel Bolognese. In quella casa c’erano anche tre o quattro tedeschi al piano di sopra. Noi invece stavamo sempre giù in cantina.
A metà scala c’era una cucina economica dove, a turno, si poteva cucinare quel poco che avevamo e tutto senza sale (questa cosa mi dava molto fastidio).
I tedeschi sapevano bene che noi c’eravamo… bisognava stare attenti quando avevano bisogno di fare dei lavori pesanti. In qual caso, se vedevano degli uomini, li “prendevano” e li “usavano”. Comunque non erano “cattivi”. Ormai erano “messi male”, non avevano neppure i calzini… ( che impressione quando era così freddo!!). E da mangiare glielo portavano solo ogni tre giorni…
Le case intorno erano tutte distrutte… Ogni notte lanciavano tredici granate… Le contavamo… Spesso c’era un polverone che si faticava a respirare.
La casa dove era la nostra cantina aveva il portico. La finestra della cantina permetteva di avere un po’ di luce, ma faceva entrare anche tanta sporcizia, tanta polvere.
In cantina non c’erano topi… forse qualcuno li mangiava (non sarebbe poi così strano: alla Selva c’era uno che li caccia con le trappole e poi li mangiava!!!).
Quando è stato il momento per Gabriele di venire al mondo, c’era in corso un bombardamento… Per fortuna poté venire ad aiutarmi un’ostetrica. Riuscì ad arrivare senza troppi pericoli perché le cantine/rifugi erano state collegate con dei tunnel sotto terra.
Tonino faceva luce con una bici (cosa che si usava solo in casi urgenti). Una bimba che era nel rifugio aveva detto a Tonino: “Fatti coraggio, Tonino”. Tutti erano andati poi sulle scale fino alle 13:45: ora della nascita di Gabriele!
Avevo preparato qualche cosina per vestirlo usando maglie vecchie. Poi avevo qualche vestitino vecchio che mi avevano regalato. In quei giorni con noi c’era zio Mino (che mi fece andare in chiesa per una benedizione di cui non ho capito il significato), c’erano anche Camilla, Carlì e Ghina (che ci avevano ceduto i loro letti e così avevano dovuto dormire, molto sacrificati, in sedie a sdraio).
Siamo rimasti lì fino a metà febbraio, con poco cibo, poca pulizia, con i pidocchi in testa, fitti, fitti… Ogni tanto Marina (sorella di Zaura, ndr), a piedi o in bici, riusciva a portarci un po’ di latte: la ringrazio ancora. Non ne potevamo più. C’erano persone che, in cambio di denaro, portavano notizie a Imola o da Imola. Tramite queste persone, chiedemmo aiuto ai miei. Allora la mamma e mia sorella Rosa vennero a prenderci con un carretto. Per fortuna nessuno ci fermò. Fu molto difficile perché ovunque c’erano macerie. Arrivammo faticosamente alla Selva dove c’erano dei tedeschi; ci fermammo forse perché Elda doveva prendere qualcosa da casa sua. Arrivammo a Imola e oltrepassammo il ponte sul Santerno; noi eravamo impauriti mentre qui le persone erano fuori tranquilli!! Tonino aveva la barba lunga e incolta e “me aiera ardotta!!” Mi vengono in mente quelle scene, è difficile togliersele dalla testa”.

Aggiungiamo che nel tragitto da Castel Bolognese a Imola, con Tonino nascosto in un armadio per sfuggire al lavoro coatto per l’esercito tedesco, si trovarono per strada assieme ad un frate (o presunto tale, purtroppo pare impossibile accertarsi della sua identità) su un somaro, che fu con loro fino a Selva quando Zaura e gli altri si fermarono per presentare Gabriele al resto della famiglia. Riprendendo il cammino, qualche centinaio di metri più avanti trovarono il frate e il somaro morti lungo la strada, colpiti da una bomba. La sosta a Selva aveva salvato la vita a Zaura e a tutti gli altri.
Storie a lieto fine quelle che raccontiamo, in mezzo a tanta desolazione portata dalla guerra. A Castel Bolognese, 80 anni fa, nei giorni di fine dicembre 1944 (e anche successivamente) i bambini venivano al mondo in abituri anche peggiori di quello di Betlemme… Purtroppo, però, la storia non ha insegnato niente e ancora oggi, in altre parti del mondo, queste storie si stanno ripetendo.

Si ringraziano Paolo Menzolini, Mario Zanelli, Alessia e Cristiana Bruni.
Un ringraziamento particolare alla famiglia Martelli

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