Palazzo Ginnasi

Un palazzo gentilizio a Castel Bolognese

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Facciata di Palazzo Ginnasi

Il palazzo Ginnasi, ancor oggi esistente e di recente restaurato, è sicuramente il più imponente di Castel Bolognese. La facciata porticata dà sulla Via Emilia, è di gusto cinquecentesco, ancora non intaccato dall’incalzante barocco. Essa, costruita a mattoni a vista, è scandita da otto aperture del portico con archi a tutto sesto poggianti su pilastri a bugnato. Da essi salgono, fino a raggiungere l’allineamento delle finestre. nove lesene terminanti con un piccolo capitello dorico. Il piano superiore è nettamente diviso in due parti: l’una terminata nel decoro, l’altra non compiuta. I motivi di questa incompiutezza possono essere diversi. Come era usanza all’epoca, un nuovo palazzo non veniva mai edificato ex novo dalle fondamenta ma, per lo più, si fruttavano le precedenti costruzioni, adattandole e conservandone le pareti se necessarie. Esempio di tal genere può vedersi a Faenza in Palazzo Ferniani, ovvero altrove. E’ probabile quindi che il Cardinale, che in molte lettere si lamenta con l’architetto per i costi della costruzione, abbia pensato di non terminare quell’appendice della sua dimora, forse anche perché essa era mal collegata al resto del palazzo, in quanto non terminava in via Rondanini ma, dietro di essa, incombeva a pochi metri la proprietà dei Frati Minori e, dopo la costruzione della nuova chiesa, questa piccola ala di Palazzo Ginnasi si affaccia su di un minuscolo cortile triangolare, avendo il resto della costruzione a destra e, di sbieco, l’altare del Crocifisso di San Francesco con sopra il tiburio e la cupola. Nella parte compiuta, la facciata si apre con sette finestre al piano nobile, scandite da lesene con capitello ionico. Segue il marcapiano sopra il quale si aprono sette finestrelle per il solaio, anch’esse scandite da una semplice lesena che fa tutt’uno con la fascia orizzontale sulla quale è gettato un cornicione di sobria fattura. Le finestre del piano nobile, di discreta apertura, sono incorniciate con un semplice decoro in mattoni ed intonaco; le sovrasta il timpano che s’alterna triangolare o a lunetta. Le finestre del piano terreno erano quadrate con belle cornici e bancali in arenaria; le racchiudevano poderose inferriate in ferro battuto. Tutte sono state eliminate per far posto ai negozi; soltanto due si sono salvate e si trovano nel pronao dell’Ospedale Civile. Le volte del portico sono a padiglione, con archi a tutto sesto, mentre il pavimento presenta una bella decorazione a ciottoli policromi con motivi geometrici, che porta la data del probabile ripristino: 1867. Asimmetrico rispetto alla geometria del palazzo, il portone d’ingresso, ad arco rifinito a bugnato, immette in un androne voltato a botte sul quale si affacciano sei porte sormontate da cornici, ingentilite da decorazioni, in parte disperse, a vasi con festoni e busti di personaggi mitologici che accompagna il visitatore al bel cortile, oggi purtroppo danneggiato a causa delle gravi vicende belliche dell’inverno 1944/1945.

Il cortile si apriva infatti attorno ad un quadriportico rettangolare a doppio ordine che oggi conserva solamente i loggiati verso il palazzo e verso ovest, essendo andate perdute l’ala verso San Francesco e quella su via Rondanini. Su questa strada, si apre ancora oggi il portone carrozzabile. Il doppio porticato, con archi a tutto sesto, è retto da colonnine; quelle al piano terreno, poste sopra un alto basamento, hanno capitelli dorici; le sovrastanti sono coronate da capitelli ionici. Entrambi i porticati presentano volte a padiglione. Dal cortile, una scala a due rampe, di gusto ancora rinascimentale, sale al piano nobile; da qui, attraverso altre due rampe, si accede al piano attico. Sui lati verso la via Emilia e verso ovest del portico superiore si aprivano le sale del piano nobile. Salvo qualche frammento, le decorazioni interne, dovute a Ferraù Fenzoni (1562-1645) e Felice Giani (1758-1823), sono andate in gran parte disperse nel dopoguerra, in seguito alla decisione di demolire i soffitti ed i muri divisori delle stanze per ricavarne un unico ambiente destinato a sala cinematografica. Anche al piano terreno solo alcune sale presentano frammenti di decorazioni a stucco e di affresco.

Abbandonato dalla famiglia Ginnasi verso la fine del secolo scorso, il palazzo subì gli usi più disparati; per lungo tempo ospitò la manifattura ed il magazzino dei tabacchi, poi, dopo la prima guerra mondiale, un laboratorio di maglieria della Ditta Sgarbanti di Bologna. Nel dopoguerra ospitò al piano nobile il cinema centrale (per accedervi fu oltretutto costruita una scala verso la via Emilia ed una verso il cortile), e la sede di un partito politico e di alcune associazioni; al piano terreno negozi e bar.
A causa del ristretto spazio, non si poterono ospitare nel palazzo gli stabili di servizio; questi pertanto furono posti poco lontano, in via Rondanini in una costruzione a due ali che oggi chiude ad ovest Piazza Borghi. Qui trovarono posto le stalle, i ricoveri per le carrozze, le abitazioni della servitù. Anche questo edificio, ultimamente di proprietà Scardovi – Totti, è in fase di avanzato recupero.

Le travagliate vicende della costruzione di palazzo Ginnasi sono documentate in un carteggio, depositato all’Archivio di Stato di Faenza, intercorso tra il Ginnasi ed il Paganelli che copre un arco temporale compreso fra il 1614 ed il 1621; dalla sua lettura, fra proposte di cambiamenti al progetto fatte dall’architetto, doglianze del Cardinale per le spese spesso impreviste, si può intendere come in quel tempo fosse una impresa assai complessa costruire una dimora nobiliare, specialmente quando committente e progettista si trovavano fra loro così lontani ed ogni decisione doveva prendersi attraverso la corrispondenza, perché anche un viaggio dell’uno o dell’altro comportava rischi, spesa ed il rallentamento dei lavori.

Paolo Grandi

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Particolare del cortile interno di Palazzo Ginnasi.

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Lettera autografa del Cardinale Ginnasi all’architetto Domenico Paganelli del 6 settembre 1614. Archivio di Stato in Faenza, Fondo pergamene.



Nota a cura di Andrea Soglia

Nel volume “In presentia mei notarii: Piante e disegni nei protocolli dei Notai Capitolini (1605-1875)” edito nel 2009, sono stati pubblicati due importanti e finora inediti disegni relativi a Palazzo Ginnasi, risalenti al 1652, e che studiati con cura su riproduzioni più definite, potranno svelare ulteriori particolari sulla storia del palazzo e anche dell’antica chiesa di San Francesco, poi ricostruita ad inizio ‘700. I disegni sono conservati nell’Archivio di stato di Roma e furono allegati a una relazione riguardante la suddivisione dei beni del cardinale Ginnasi fra i nipoti. Eccone la descrizione:

I e II – 1652, Bartolomeo Belli, Pianta e prospetto del palazzo del cardinale Domenico Ginnasi a Castel Bolognese, Ravenna. AS ROMA, TNC, uff. 2, vol. 232, cc. 233, 234.

2/16 – Castelbolognese (RA)
1652, dicembre 12*; 1663, dicembre 12*; 1664, gennaio 31
Pianta e prospetto del palazzo del cardinale Domenico Ginnasi a Castel Bolognese.
Bartolomeo Belli, architetto

2 unità (cm 41,5×45; 25,5×40,3) contenenti la pianta e il prospetto, ad inchiostro ed acquerello, del palazzo; la pianta reca una correzione all’altezza della scala d’ingresso, apportata mediante una striscia di carta incollata (piedi 40 di Castel Bolognese, piedi 50 di Castel Bolognese). Sul verso di entrambe le piante un rescritto indica che si tratta della pianta originale prodotta negli atti del notaio del foro civile del Legato di Bologna, Giacomo Pilla.
«Esibizione di relazione» a favore di Domenico e Dioniso Ginnasi, eredi del patrimonio del cardinale Domenico Ginnasi, riguardante la divisione del palazzo sito in Castel Bolognese già di proprietà del sopraddetto cardinale. All’atto è allegato un fascicolo contenente parte della causa discussa davanti al vicelegato di Bologna in cui è riportata anche la deposizione e la stima del palazzo eseguita dal Belli in data 12 dicembre 1652.
Notaio Leonardus Bonanni, vol. 232, cc. 233, 234

Paolo Grandi

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Prospetto di Palazzo Ginnasi nel 1652

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Pianta di Palazzo Ginnasi nel 1652

Immagini e testi tratti da: In presentia mei notarii: Piante e disegni nei protocolli dei Notai Capitolini (1605-1875), Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale per gli archivi, 2009.

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