Ricordo di suor Serafina Brazzalotto (1925-2024)
SUOR SERAFINA BRAZZALOTTO CI HA LASCIATI
Era la decana delle Domenicane di Castel Bolognese
di Paolo Grandi
(testo già pubblicato su Il Nuovo Diario Messaggero del 4 aprile 2024)
È stata una Pasqua di Risurrezione anche per Suor Serafina Brazzalotto che dalla notte fra il 31 marzo ed il 1 aprile 2024 ci ha lasciato per partecipare alla gloria del suo Signore che ha pregato nel Monastero delle Domenicane di Castel Bolognese per quasi 82 anni.
L’avevo incontrata l’ultima volta assieme a mia moglie per lo scambio degli auguri di Natale e ci era apparsa ancora in buona forma, lucida e cordiale come sempre. Ed effettivamente era da un mese che aveva rinunciato a scendere in coro con le consorelle, anche la mattina per le Lodi, vinta dagli acciacchi della vecchiaia. Una monaca da primato, giunta quasi a 99 anni (li avrebbe compiuti a giugno) dei quali 81 e mezzo circa passati qui in questo amato Monastero. . Era arrivata a Castel Bolognese nell’ottobre del 1942 da Castione di Loria nel trevigiano e faceva parte di quell’affollato gruppo di monache giunte dal Veneto in quegli anni. All’interno del Monastero ha lavorato e svolto numerosi incarichi. Ha svolto il lavoro di magliaia anche perché si ricordava come operare con quelle macchine che erano molto simili a quella con la quale si era dedicata a quel lavoro con sua sorella, poi ha lavorato di cucito e, come altre consorelle, ebbe il privilegio di appuntare una stella dorata sul nuovo manto della Patrona di Castel Bolognese. Ha svolto l’incarico di maestra delle Novizie per tanti anni; ha accompagnato col suono dell’organo il canto delle Monache e dei fedeli per altrettanti anni, è stata Priora per nove anni.
E qui voglio lasciarmi trasportare dal ricordo di quando, fin da bambino, assieme alla zia Virginia frequentavo il Monastero, con suor Serafina all’organo e suor Lidia al canto che costituivano una coppia inscindibile per dar lode al Signore. Crescendo, sempre loro sono state le mie maestre del salmodiare e di tanti canti liturgici e sacri che di sicuro non si sentono più ma che tuttora porto nel cuore.
Tempo fa suor Serafina mi aveva offerto la sua testimonianza su don Garavini, benemerito sacerdote castellano, lei ultima monaca vivente ad averlo conosciuto e così lo ricordava fraternamente: “Con noi a volte era scontroso, irascibile, ma ciò nonostante lui ci ha sempre voluto bene ed ha sempre condiviso le nostre gioie e le nostre sofferenze; ci diceva: “Io vi sgrido sempre, vi strapazzo, ma vi voglio bene” e ci difendeva ovunque “Guai a chi dice male di voi!”.
Oggi, di fronte alla sua dipartita, resta quella risposta datami alla domanda un po’ forse scontata ma doverosa fattale per gli 80 anni di professione religiosa: “Ma in questo tempo mai un ripensamento sul bilancio della sua vita?” e la risposta, granitica, è stata “No, mai”. La sua fedeltà è senz’altro già stata premiata nell’Empireo del Paradiso e la voglio da ultimo ricordare con quell’immagine che ci ha lasciato nel documentario “Le custodi della Fede” dove la si vede camminare nel giardino, breviario in mano, accarezzata dal vento con la musica angelica del Canone di Pachelbel e immaginare in quel vento il soffio divino che l’ha condotta la notte scorsa direttamente dal suo Sposo e Signore.
Il funerale si è tenuto mercoledì 3 aprile 2024 alle 15 nella chiesa delle Monache Domenicane.
SUOR SERAFINA BRAZZALOTTO:
DA OTTANT’ANNI NEL MONASTERO DOMENICANO DI CASTEL BOLOGNESE
Il prossimo 15 ottobre compirà 80 anni di vita claustrale
di Paolo Grandi
(testo già pubblicato su Il Nuovo Diario Messaggero del 13 ottobre 2022)
Ha battuto tutti i traguardi raggiunti dalla compianta regina Elisabetta II; eppure non si tratta né di un Capo di Stato, né di una Nobile di sangue blu, ma di una piccola monaca domenicana del Monastero di Castel Bolognese: è suor Serafina (al secolo Imelda Brazzalotto), ha 97 anni e vive in questa comunità claustrale da ottant’anni. L’occasione era ghiotta per porgerle qualche domanda per due motivi: lei è una delle, ancora, poche testimoni del vecchio Castello prima delle distruzioni belliche; inoltre, assieme a suor Lidia, ora scomparsa, erano l’asse portante della musica nel Monastero: suor Serafina suonava e suor Lidia cantava con la sua voce armoniosa ed assieme sono state le mie maestre di canto salmodico. Con l’aiuto delle consorelle ed il benestare della Priora qualche giorno fa l’ho incontrata ancora ben in forma fisicamente, lucidissima e, vista la presenza del fotografo, l’amico Francesco Minarini, la sua prima attenzione è stata: “Ma è pari il velo? Non è storto vero perché altrimenti vengo male in fotografia”!
“Io vivevo a Castion di Loria, in provincia di Treviso, vicino a Castelfranco Veneto; i miei genitori erano contadini ma comunque gestivano un piccolo emporio in paese. La nostra casa era molto umida e forse per questo io ero arrivata sestogenita dopo cinque fratellini tutti morti in tenerissima età. Di fatto ero quindi la primogenita, ma la mia mamma, durante un sogno, aveva capito che io non ero stata generata per stare nel mondo. Dopo di me seguirono altre tre sorelle ed un fratellino. La mia sorella più prossima lavorava con la macchina per la maglieria ed aveva seguito un corso apposito a Treviso; così anche io oltre a dare una mano in bottega, la aiutavo a confezionare le maglie. Mia sorella poi si sarebbe sposata con un grande commerciante di stoffe di Treviso. Fu un momento triste per la famiglia quando subimmo un furto in negozio; questo atto sconsiderato ci mise in grande difficoltà.”
“Crescendo in età mi sentii attratta dalla vocazione; tuttavia in Veneto non esistevano Monasteri femminili, ma solo conventi ed io mi sentivo attratta piuttosto dalla vita contemplativa. Fu così che maturò la scelta di farmi monaca e di entrare nella famiglia domenicana, seppur così lontano da casa; i miei genitori mi lasciarono libera di scegliere. La scelta del Monastero di Castel Bolognese fu dovuta al fatto che una compaesana, suor Teresa Moro (che sarà Priora negli anni ’60 per lungo tempo ndr) era già qui ove l’accompagnò un frate domenicano capitato in Parrocchia per un ciclo di prediche che poi l’aiutò nel suo percorso vocazionale; la seguirono poi altre sue due sorelle ed una decina di ragazze della zona; fra queste una mia amica che poi divenne suor Michelina (per anni portinaia del Monastero ndr). Fu proprio in occasione della sua professione, nel maggio del 1942 che entrai per la prima volta nel Monastero di Castel Bolognese per provarne la vita e la regola monacale. Mi trovai bene e presi così la mia decisione.”
“Il 15 ottobre 1942 entrai definitivamente nel Monastero. Mi accompagnò in treno papà. Ricordo che nell’atrio, assieme a me, c’era un’altra ragazza, un po’ più anziana, pronta ad entrare, anch’ella accompagnata dal padre. Quando fu aperto il portone entrai non prima di aver salutato papà che era rimasto seduto nell’atrio, sulla panca, che mi ricambiava il saluto piangendo. Avevo diciassette anni. Prima di raggiungere il Monastero volli fare un giro per Castel Bolognese. Ricordo di essere passata sotto la torre civica, di aver attraversato la piazza, di aver visto una Via Emilia così scarsa di traffico!”
“Durante la sosta del fronte io fui sfollata a Bagnara di Romagna con le Consorelle più giovani; le più anziane rimasero qui a presidio e difesa del Monastero. A Bagnara fummo accolte in una casa da una signora la quale, pensando di ospitare monache amanti della solitudine, lige e poco socievoli ci accolse con una grande freddezza e con un piglio serissimo ed accigliato. Dopo che ci conobbe così tutte giovani, allegre, giocose ci disse: “non credo più a nessuno” e si pentì per averci trattato dapprima con grande distacco; anzi alla nostra partenza pianse di cuore. A Bagnara eravamo unite ma un po’ sole; il Vescovo ci aveva sciolto dalla clausura ma noi preferimmo restare assieme e fare vita appartata; molte volte ci assalì la paura perché anche nelle vicinanze di Bagnara si accanirono i bombardamenti e anche noi corremmo nei rifugi. Il nostro cruccio maggiore era però ricevere scarse notizie sulle consorelle rimaste a Castel Bolognese e sulle nostre famiglie in Veneto. Noi scrivevamo ma il servizio postale era per lo più paralizzato. Solo ogni tanto ricevevamo qualche biglietto da casa con solo scritto: stiamo bene.” Il che ci rincuorava.
“Arrivò la liberazione e noi tornammo tutte a Castel Bolognese a piedi da Bagnara, desiderose di riprendere la nostra vita di monache ma la sorpresa al nostro arrivo fu spaventosa: il Monastero era stato più volte colpito dai bombardamenti ed era in gran parte inagibile. Ci rimboccammo le maniche ed iniziammo una parziale ricostruzione; appena fu possibile attraversare il Po giunsero in bicicletta dalla pianura veneta i nostri parenti anche con viveri e beni di prima necessità; tra costoro c’era anche papà. A Castion di Loria avevano indetto una lotteria per raccogliere aiuti per noi! Alcuni, specie i parenti di madre Teresa Moro, rimasero qui anche qualche mese per aiutarci materialmente nella ricostruzione.”
“In questi anni dentro il Monastero ho lavorato e svolto numerosi incarichi. Ho lavorato come magliaia anche perché ricordavo come operare con quelle macchine che tanto erano simili a quella con la quale si era dedicata al lavoro mia sorella, ho lavorato di cucito e, come altre consorelle, ho avuto il privilegio di appuntare una stella dorata sul nuovo manto della Patrona di Castel Bolognese. Ho svolto l’incarico di maestra della Novizie per tanti anni; ho accompagnato col suono dell’organo il canto delle Monache e dei fedeli per altrettanti anni, sono stata Priora per nove anni.”
È giunta così anche l’ultima domanda, un po’ forse scontata ma doverosa: “Ma in questi ottant’anni mai un ripensamento sul bilancio della sua vita?” e la risposta, granitica, è stata “No, mai”. Auguriamo nella preghiera a suor Serafina ancora lunghi anni in salute, conservando quello spirito vivace e quella serenità che continuano a contraddistinguerla, certi che il traguardo che lei ha raggiunto è stato superato da poche monache sia dell’ordine domenicano che di altri ordini.
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