La Parrocchia di Borello ricorda gli ultimi due Parroci residenti, che ressero le sorti di questa comunità dal 1941 fino alla fine del XX secolo
di Paolo Grandi
Domenica 10 dicembre 2023 la Comunità del Borello ha ricordato don Luigi Martelli e don Giuseppe Rinaldi Ceroni, i due Parroci che, assieme, furono presenti tra la gente per sessant’anni. Alle 15.30 è stata scoperta e benedetta una lapide che li commemora, nella tomba dei sacerdoti nel locale cimitero, a cui è seguita la Santa Messa in chiesa. L’idea dell’attuale amministratore parrocchiale, don Marco Bassi, di apporre una lapide per ricordarli nel nostro piccolo cimitero, sicuramente aiuterà a mantenere vivo il ricordo del bene ricevuto e a continuare a far vivere la nostra parrocchia, con lo stesso zelo vissuto dai nostri pastori. Piera Guerrini, parrocchiana, che ha abitato fino al matrimonio nella casa al di là della strada, così li ricorda.
Don Luigi Martelli nacque a Bubano il 26 ottobre 1885; ordinato sacerdote il 18 settembre 1909 dal vescovo Francesco Baldassarri, ricoprì gli incarichi di vicario parrocchiale a Croce Coperta dal 1909; fu poi cappellano ed economo spirituale della parrocchia dei San Prospero dal 1912 al 1936 e Parroco al Borello dal 1941 ove morì a 81 anni il 3 febbraio 1967.
Fu parroco durante la sosta del fronte; vide distruggere la vecchia chiesa del Borello e la vide ricostruita nei primi anni ’50. Al suo arrivo in Parrocchia trovò una comunità con tutta la gioventù sparsa nei lontani fronti di guerra; alcuni non fecero più ritorno. Nel lungo inverno 1944/45 molti parrocchiani furono coinvolti in drammatici eventi come accadde alle famiglie Bruni, Galeati, Ronchi. Don Martelli nono trascurò mai di confortare nella fede coloro che erano in lutto. Scomparsa la chiesa, andava di persona dove era necessario sia per benedire una salma che per battezzare o per infondere coraggio in una popolazione abbattuta e priva di tutto.
Poi anche la guerra passò, iniziò la ricostruzione che fu da lui seguita con paziente impegno, specie riguardo la nuova chiesa.
“A noi bambini –ricorda Piera Guerrini- don Luigi faceva catechismo mezz’ora prima di andare a scuola e dispensava noccioline e caramelle. Finito l’orario ci precipitavamo a scuola lungo la strada di Borello che era ancora stretta e ghiaiata. Viveva con l’anziana perpetua che tutti chiamavano “La Gigetta” e non avendo all’epoca l’acqua potabile in casa veniva a prenderla da noi; così pure v’era in canonica il telefono pubblico e lì telefonavano parenti o conoscenti dei parrocchiani. Io ero latrice del contenuto della telefonata al destinatario: don Luigi ne scriveva il testo su un biglietto con la raccomandazione finale: “dare la mancia”.
Era affabile, parlava con tutti ed aveva buoni rapporti anche con le famiglie non praticanti. Dopo il Concilio raccolse tutti i bambini insegnando loro la Messa in italiano; allora nei giorni festivi se ne celebravano due: alle 7.30 e alle 10, poi v’era la Funzione pomeridiana. Suonava con discreta abilità l’armonium e insegnava alle canterine i canti che si eseguivano per le Messe.”
Le tre feste della Parrocchia: Sant’Antonio Abate, San Cristoforo e l’Addolorata venivano celebrate con solennità e non mancava mai la presenza di padre Innocenzo Tramonti, cappuccino originario di Borello e si concludevano sempre con giochi per tutti ed il cinema; i priori le precedevano raccogliendo dalle famiglie le offerte, specie in natura (per esempio il grano per San Cristoforo), che venivano poi rivendute per ricavarne fondi per la festa.
Una cosa che afflisse don Luigi fu il dover rifare il tetto della chiesa, negli anni 1962 o ‘63 a poco più di dieci anni dalla sua ricostruzione, perché le travi erano infestate dai tarli. Durante i lavori le Messe furono celebrate nella sala parrocchiale.
Breve fu la sua malattia; colpito ai polmoni, venne ricoverato nell’Ospedale di Castel Bolognese ove un turno di parrocchiani si organizzò per assicurargli assistenza, ma in pochi giorni morì.
Seguì un breve periodo di vuoto istituzionale poi giunse il nuovo Parroco, don Giuseppe Rinaldi Ceroni.
Don Giuseppe Rinaldi – Ceroni, per tutti don Beppe nacque a Casola Valsenio l’8 dicembre 1919 e fu ordinato sacerdote dal vescovo Paolino Tribbioli il 29 giugno 1946. Venne nominato parroco a Sommorio dal 1946, poi a Sant’Apollinare dal 1953 e parroco al Borello dal 1967. Morì il 29 novembre 1998.
“Noi parrocchiani –continua Piera Guerrini- lo attendemmo all’Oratorio di Sant’Antonio in via Rio Sanguinario e lì giunto lo accompagnammo in processione fino alla chiesa. Giunse con le due sorelle, Maria e Teresa detta Sina e per la Parrocchia fu una novità avere un sacerdote giovane che iniziò a visitare le case portando un nuovo slancio nella frequentazione delle funzioni.
Con la costruzione del teatro, voluta da don Beppe, si riunirono tanti giovani per costituire anche una filodrammatica parrocchiale.
Le sorelle, oltre a fare da perpetue, istituirono l’Asilo infantile grazie ad un titolo abilitante per l’insegnamento nelle scuole dell’infanzia posseduto da Maria. I bambini ospiti erano numerosi e provenivano in gran parte dalla campagna a nord della via Emilia: Borello, Casalecchio, Castel Nuovo ed anche da Zello. L’esperienza iniziò poco dopo l’arrivo di don Beppe e terminò verso la metà degli anni settanta.
Fra le opere realizzate da don Beppe oltre al teatro ricordo il gioco delle bocce realizzato nel sagrato e che ospitava nelle sera d’estate uomini e giovani con i quali lui intesseva interminabili discorsi; poi in chiesa realizzò l’altare con la Madonna di Lourdes. Memorabili i presepi ospitati in chiesa, spesso animati, realizzati dal cognato che era stato gestore di una sala cinematografica di proprietà del Vaticano, a Roma”, conclude Piera Guerrini.
Chi ha un qualche anno, come me, lo ricorda per lo zelo nelle funzioni, le preghiere per i peccatori che sfociavano, massime, nella Messa celebrata per Carnevale “in riparazione dei peccati che si facevano”, quella celebrata nei pomeriggi di assolate ed afose domeniche estive “a rimedio dei peccati che si commettevano al mare” e per le elezioni politiche “per i peccatori che hanno votato male”. E come non dimenticarlo in piazza, verso mezzogiorno, spiccare in mezzo alla folla: abito talare lungo, saturno sul capo a mo’ di don Camillo; tra una chiacchiera e l’altra specie davanti al Caffè Commercio, lo vedevi quotidianamente visitare tutte le banche, anche solo per un saluto agli impiegati.
Poi anche per lui il passare degli anni, la fatica dell’incarico che negli ultimi anni era cresciuta per via di sostituire alcuni parroci vicini trasferiti altrove: a Zello, alla Serra, lo aveva fiaccato e dopo breve malattia ha lasciato per sempre la sua Parrocchia di Borello.
Già pubblicato su:”Il Nuovo Diario Messaggero” n. 55 del 7 dicembre 2023
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