Castel Bolognese e i suoi sei vescovi
di Paolo Grandi
Se la vicina Brisighella trae lustro per aver avuto tra i suoi figli illustri ben sette cardinali, Castel Bolognese può comunque fregiarsi di aver dato alla Chiesa Cattolica, nel corso dei secoli due Cardinali (Domenico Ginnasi e Camillo Zacchia-Rondinini, peraltro solo oriundo) e ben sei Vescovi. Seppure di tutti è pubblicata una biografia, li ricordiamo qui assieme con particolare attenzione alle Diocesi di cui furono titolari allegando varie fotografie reperite sul web.
Girolamo Pallantieri (Castel Bolognese 1533 – Bitonto 1619) francescano minore conventuale, fu dapprima insegnante nelle università di Cremona, Ferrara e Pavia oltre che a Milano e a Padova. Papa Clemente VIII nell’anno 1603 lo nominò Vescovo di Bitonto e lì rimase fino alla morte avvenuta il 25 agosto 1619, distinguendosi per lo zelo, la tanta carità e con tanto gradimento del suo popolo che fu ritenuto degno della beatificazione, proposta tuttora pendente.
Bitonto, situata nell’alta murgia è oggi una città di oltre 50.000 abitanti ed è universalmente riconosciuta per la bontà e la finezza del suo olio. Secondo la tradizione, Bitonto sarebbe stata fondata dal re illirico Botone, dal quale deriverebbe il nome. La diocesi bitontina venne eretta nel IX secolo e Girolamo Pallantieri ne fu il trentaduesimo Vescovo. Nel 1818 la diocesi fu accorpata a quella della vicina Ruvo di Puglia fino al 1982. In quell’anno le due diocesi vennero di nuovo separate; mentre quella di Ruvo nel 1986 fu accorpata a quella di Molfetta – Giovinazzo e Terlizzi, creando la nuova Diocesi di Molfetta – Ruvo – Giovinazzo e Terlizzi, la diocesi di Bitonto nello stesso anno venne accorpata all’Archidiocesi di Bari creando la nuova Archidiocesi di Bari – Bitonto.
La concattedrale di Bitonto è dedicata a San Valentino da Terni e fu innalzata probabilmente nel XII secolo in stile romanico pugliese di cui è uno dei più begli esempi. Il fianco destro è scandito da profondi arconi, l’ultimo dei quali conserva un portale gotico noto come “porta della Scomunica”. L’interno, con pianta a croce latina, è diviso in tre navate absidate. Notevoli il soffitto a capriate lignee con decorazione policroma e l’ambone federiciano, decorato con paste vitree secondo modelli islamici e recante i bassorilievi degli imperatori svevi. La cripta è costituita da un ambiente voltato a crociera e sostenuto da trentasei capitelli, interessanti nei motivi zoomorfi e fitomorfi delle decorazioni. In essa è custodita anche la tomba del vescovo Pallantieri.
Gian Paolo Pallantieri (Castel Bolognese 1540? – Napoli 1606) francescano minore conventuale, si distinse nell’insegnamento della Filosofia e della Teologia in vari conventi sia francescani che benedettini. Il pontefice Clemente VIII, il 15 dicembre 1602 lo elesse Vescovo di Lacedonia, Purtroppo rimase poco tempo alla guida della Diocesi perché a causa di una lunga malattia pochi anni dopo, su consiglio dei medici, volle far ritorno a Castel Bolognese con lo scopo di avere dal clima nativo qualche vantaggio per la sua salute, ma durante il viaggio morì a Napoli il 20 novembre 1606.
Lacedonia è un centro agricolo dell’Appennino campano in provincia di Avellino il cui nucleo storico è collocato su una collina e conserva la sua originaria struttura abitativa, nonostante i tanti terremoti che l’hanno più volte devastata nel corso dei secoli; oggi conta poco più di 2.000 abitanti. Lacedonia è stata sede vescovile fin dall’XI secolo. Simeone, il primo vescovo, è noto per aver inaugurato nel 1059 l’abbazia di San Michele Arcangelo; a lui sono succeduti altri 69 vescovi. Nel 1818 la diocesi ha accorpato l’altrettanto antica diocesi di Trevico, ma a decorrere dal 1986 la stessa diocesi di Lacedonia è stata unita a quella di Ariano per dar vita alla nuova diocesi di Ariano Irpino – Lacedonia.
La chiesa di Santa Maria Assunta è il Duomo di Lacedonia e concattedrale; fu costruita verso la fine del XVII secolo, mentre la cittadina attraversava una grave crisi sismica (il terremoto del 1694 rase quasi completamente al suolo il borgo di Lacedonia). I lavori, voluti dal vescovo Gian Battista La Morea, iniziarono con la posa della prima pietra il 28 settembre 1689 e furono portati a termine nel 1709. Come ricorda una lapide murata all’interno, la cattedrale fu consacrata il 19 ottobre 1766 dal vescovo Nicola D’Amato, a cui si deve anche la decorazione interna dell’edificio e la sua elevazione a basilica. Inizialmente a una sola navata, nel 1860 furono aggiunte le due navate laterali. Danneggiata dai terremoti del luglio 1930 e del novembre 1980, è stata restaurata con alcune modifiche alle strutture. La facciata si presenta nella sua forma a capanna, con bel portale centrale in pietra, e affiancata da una torre campanaria in travertino, edificata nel 1751. L’interno, a tre navate, conserva tele del seicento e del settecento. L’opera certamente più significativa è un altare ligneo del XVI secolo su cui è dipinto un trittico di pregevole fattura, ma di attribuzione incerta; esso si compone, nella sua parte centrale, della figura della Madonna benedicente che tiene una rondine nella sua mano sinistra, mentre ai suoi lati vi sono le figure dei santi Pietro, Giovanni Battista, Michele e Nicola. Le figure dei santi hanno subito il trasporto su tela nel corso dell’Ottocento.
Domenico Ginnasi (Castel Bolognese 1550 – Roma 1639) fu Arcivescovo di Siponto dal 1586 al 1607. Creato cardinale dal 9 giugno 1605, mantenne quella Cattedra Episcopale ancora due anni. Successivamente fu nominato vescovo di Palestrina dal 1626 al 1629; di Porto e Santa Rufina dal 1629 al 1630 e dal 1630 alla morte di Ostia e Velletri.
Nella diocesi garganica, che pur conservava l’antico titolo di Siponto, la Cattedra Episcopale era stata trasferita dall’antica e semidistrutta Siponto a Monte Sant’Angelo, luogo più sicuro e da oltre un millennio meta di pellegrinaggi per il celebre santuario di San Michele. In quegli anni tuttavia il porto e la città di Manfredonia, fondata nel XIII secolo da re Manfredi di Sicilia, figlio di Federico II ed ultimo re svevo, accrebbero d’importanza sia per il fiorente commercio, sia grazie alla pesca, potendo rivaleggiare con Monte Sant’Angelo, e perciò reclamandone il predominio amministrativo e religioso. Fu proprio il vescovo Ginnasi che, oltre a condurre i restauri della antica Cattedrale di Santa Maria di Siponto, portò la sede diocesana a Manfredonia.
Siponto, antichissima città la cui fondazione si fa risalire all’antico popolo preromano dei Dauni, fu scossa da un rovinoso terremoto nel 1223 e da uno successivo, che comprese anche un maremoto, nel 1255 che la ridussero in rovine. La nuova città, Manfredonia appunto, fu in seguito costruita una manciata di kilometri più a est.
Testimonianza dell’antica Siponto è il santuario di Santa Maria Maggiore, antica cattedrale sipontina, che sorge vicino ai resti di una basilica paleocristiana risalente ai primi secoli dopo Cristo. Nel 2016 la Soprintendenza archeologica della Puglia ha affidato un progetto di valorizzazione e conservazione del sito all’artista milanese Edoardo Tresoldi che ha realizzato una ricostruzione dell’antica basilica paleocristiana utilizzando 500 metri quadrati di rete elettrosaldata zincata alta 14 metri e pesante 7 tonnellate,
Nominato cardinale, al Ginnasi furono affidate diocesi suburbicarie, cioè sedi vescovili che contornano Roma e ne costituiscono la provincia ecclesiastica romana.
Girolamo Mezzamici (Castel Bolognese 1573 – Trevico 1636) Sacerdote e Protonotario Apostolico, compì a Bologna gli studi filosofici e teologici. Trasferitosi a Roma, fu assunto dal card. Domenico Ginnasi quale suo segretario privato e lo volle con sé sia a Firenze che in Spagna. Fu inoltre scelto a segretario dei due Conclavi che si succedettero nel 1605, per la morte di Clemente VIII e Leone XI. Dal 1607 fu nominato vescovo di Trevico fino alla morte.
Questo piccolo paesino dell’alta Irpinia che è il più alto Comune della Campania (la sede comunale è posta a 1.000 metri d’altezza), è famoso per aver dato i natali al regista Ettore Scola ma conta oggi meno di 1.000 abitanti. La Diocesi era di antichissime origini, infatti fu eretta nel 964 ma venne soppressa nel 1798 ed accorpata a Lacedonia.
La Cattedrale, dedicata a Maria Assunta, fu edificata fra il V ed il VI secolo con pianta a croce greca. Tuttavia nell’XI secolo, allorquando Trevico fu eretta a sede vescovile, l’edificio fu profondamente modificato tanto che l’ingresso principale venne ricavato nel corpo del campanile. Ingrandita nel Cinquecento, venne gravemente lesionata durante il terremoto del 1694 e poi nuovamente a causa del sisma del 1702. Dopo lunghi lavori di ristrutturazione, patì gravi danni per effetto del terremoto del 1732. Rimodernata a fine Ottocento, venne ancora una volta danneggiata dal terremoto dell’Irpinia del 1980, cui seguì l’ennesimo restauro. Dichiarata monumento nazionale, custodisce le reliquie di sant’Euplio e della martire palermitana santa Rosalia.
Giovanni John Cani (Castel Bolognese 1834 – Rockhampton 1898) Assieme al fratello Antonio, nato nel 1830, frequentò il Seminario Diocesano di Imola e nel 1856 vinse la borsa di studio del Collegio Ginnasi per uno studente di Castel Bolognese a Roma ove frequentò l’Università La Sapienza, laureandosi con dottorati in teologia e utroque jure. A Roma fu raggiunto dal fratello maggiore Antonio, ammesso a studiare al Collegio Romano. Mentre Antonio rimase a Roma ove per anni si dedicò alla Segreteria di Stato vaticana, Giovanni, invece, maturò la vocazione missionaria e, pertanto, chiese ed ottenne di potersi recare nel nuovo mondo del secolo XIX: l’Australia ove giunse nel 1861. Qui, mentre attendeva a prepararsi per un periodo di missione in Nuova Guinea, gli giunse la nomina a Vescovo della nuova Diocesi di Rockhampton.
Questa Diocesi, già sede di Vicariato dal 1876 fu istituita nel 1881 come suffraganea di Brisbane e Giovanni Cani ne fu il primo vescovo. La Diocesi di cui era diventato Pastore si estendeva per oltre 900.000 chilometri quadrati, contava circa 10.000 cattolici, 7 sacerdoti, 8 scuole cattoliche ed un orfanotrofio.
Rockhampton è una grande città dell’Australia nord-orientale, fondata nel 1855 dai fratelli Archer e si trova nello Stato del Queensland; bagnata dall’Oceano Pacifico, è uno dei punti di partenza per raggiungere la grande barriera corallina tempestata di isole e di atolli. La sua economia è prevalentemente agricola, basata sugli immensi pascoli che si estendono nel suo entroterra sino alle pendici della Grande Catena Divisoria, tanto da tener la fama di capitale australiana della carne.
La nuova diocesi comportò anche la necessità dell’erezione di una nuova Cattedrale. Ad essa vi si dedicò con impegno il vescovo Cani che tuttavia non la vide terminata, va vi fu successivamente sepolto. La chiesa, dedicata a San Giuseppe, è un magnifico edificio in stile neogotico disegnato dall’architetto australiano Francis Stanley di Brisbane ed il 17 marzo 1895 il vescovo Cani posò la prima pietra ma i lavori si protrassero per anni; dapprima nel 1899 il vescovo Higgins la completò con un muro provvisorio potendo così aprirla solennemente; poi si pensò al suo completamento per il 1949, ma ciò non fu possibile per via della seconda guerra mondiale e della successiva crisi economica, cosicché il completamento fu possibile solo nel 1982. L’interno presenta un pavimento in marmo italiano a scacchi bianco e nero particolarmente fine, mentre le finestre in vetro policromo furono realizzate a mano in Inghilterra a fine ‘880 ma di recente sono state ricostruite su nuovi telai e raffigurano temi del Nuovo Testamento.
Petronio Gramigna, cappuccino, (Castel Bolognese 1844 – Allahbad 1917) Nasce come Francesco Gramigna e muta il nome con Petronio all’ingresso dell’ordine Cappuccino. Dopo gli studi a Roma partì missionario per l’India nel vicariato di Patna, svolgendo la sua missione per quindici anni e successivamente ricoprendo importanti incarichi nell’ordine Cappuccino nella Provincia indiana. Nel 1904 la Congregazione di Propaganda Fide lo volle Vescovo di Allahbad, ove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1917. Gli successe un altro cappuccino: Mons. Angelo Poli da Casola Valsenio già assegnatogli da qualche anno come coadiutore.
Allahbad si trova nell’Uttar Pradesh, presso la confluenza dei fiumi Gange e Yamuna, a 115 metri sul livello del mare e conta oggi oltre un milione di abitanti. È un importante mercato agricolo (cereali, cotone, canna da zucchero, semi oleosi) e sede di industrie molitorie, tessili, meccaniche e chimico-farmaceutiche; vi ha sede un’università fondata nel 1887. È considerata una città santa, chiamata Prayāga, meta di pellegrinaggi indù ai fiumi sacri, per il bagno rituale nel sangam. Sulla riva sinistra del Yamuna si trovano i vecchi quartieri; più a Nord, fino alla riva destra del Gange, il quartiere europeo.
La Diocesi fu creata nel 1886 dal Vicariato Apostolico di Patna, e Mons. Gramigna ne fu il nono vescovo. Essa nel 2018 comprendeva una popolazione di 42.500.000 abitanti circa, il 14% cattolici. La Cattedrale è dedicata a San Giuseppe; venne costruita nel 1879, e rappresenta un bell’esempio di architettura che si ispira a quella italiana classica. Si dice che gli artigiani e i materiali siano stati portati dall’Italia.
Contributo originale per “La storia di Castel Bolognese”.
Per citare questo articolo:
Paolo Grandi, Castel Bolognese e i suoi sei vescovi, in https://www.castelbolognese.org
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