L’infanzia castellana dello storico e avvocato Emilio Papa

di Andrea Soglia

Una rara immagine di Emilio Papa (dal Corriere della Sera del 3 maggio 2022)

Il 2 maggio 2022 è morto a Torino, sua città di adozione, lo storico e avvocato Emilio Papa. Come ci rammenta Wikipedia “ha insegnato nelle Università di Bologna, di Bergamo e di Torino, nella quale ha esordito quale assistente di Alessandro Galante Garrone e ha poi tenuto, per oltre vent’anni, un corso di Storia dei partiti e dei movimenti politici. Come docente di Storia contemporanea, ha rivolto i suoi interessi soprattutto alla storia delle istituzioni, ma si è interessato anche di fascismo, di storia del movimento operaio e socialista, di storia della magistratura italiana. Autore di una ventina di volumi (molti ristampati più volte) e di centinaia di saggi pubblicati in riviste, si è anche dedicato alla “storia generale” con una Storia della Svizzera e una Storia dell’unificazione europea. Di rilievo anche la sua attività come giornalista (fu tra l’altro consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti e presidente, per tredici anni, della Commissione ricorsi e disciplinare dell’Albo nazionale dei giornalisti) e avvocato (fu difensore di ufficio, benché rifiutato dai brigatisti, nel processo alle Brigate Rosse celebratosi a Torino dal 1976 al 1978 e difensore civico della Città di Torino dal 2004 al 2010)”
Emilio Papa era nato a Imola il 25 dicembre 1931, ma aveva trascorso l’infanzia a Castel Bolognese. Emilio era figlio di una castellana doc, Giovanna (detta Gianna) Zaccherini e di Luigi Papa, originario di Carinola (Caserta), maresciallo dei carabinieri ad Imola. Giovanna era figlia di Emilio Zaccherini (storico mediatore di vini della famiglia dei Macapac) e di Maria Bagnaresi.
Emilio Zaccherini possedeva una bella casa in via (allora viale) Marconi e lì Emilio Papa, con la sorella Loriana, crebbe, stringendo solide amicizie con i ragazzini della zona due dei quali, tuttora viventi, ricordano con affetto e con orgoglio il loro amico d’infanzia poi divenuto un personaggio importante nel mondo accademico.
Ci riferiamo a Tonino Bellosi (oggi residente a Ravenna) e Valentino Donati, che è ben conosciuto dai castellani. Tonino e Valentino non dimenticano quegli anni felici, trascorsi a giocare nel Prato della Filippina, in quello dei Cappuccini e nella zona di via Marconi, in particolare nello stabilimento stracci di Antonio Diversi (e Dintò), nonno di Tonino. Della combriccola facevano parte, fra gli altri, Gianni Tosi (prematuramente scomparso, cugino di Emilio), Thelmo Magnani, Leone Musiani, Goffredo Costa (detto Pera Vuipèna), Sandro Martelli ed ovviamente Emilio Papa, oltre a Tonino e a Valentino. Particolarmente stretta fu l’amicizia fra Tonino ed Emilio, praticamente “gemelli”, essendo nati a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. Tonino e Gianni Tosi non mancarono di assistere alla laurea di Emilio, anche se oramai si era trasferito lontano da Castello.
Loriana Papa ricorda ancora nitidamente gli anni della guerra, dal 1943 al 1945, trascorsi a Castel Bolognese. Emilio in quel periodo frequentò, con Tonino, la Scuola media, istituita provvisoriamente in paese (dove era attiva solo la Scuola di Avviamento) per evitare che i ragazzi si dovessero recare nella vicina Faenza.
Nel periodo di sosta del Fronte i Papa si rifugiarono anche loro nelle cantine, trovando riparo in quella della proprietà di Felice Borghi, sulla via Emilia interna. Il 24 gennaio del 1945 una granata penetrò nella cantina Borghi, uccidendo ben 7 persone, fra cui 5 componenti della famiglia Fenara, sfollata da Bologna. Alla famiglia Papa, rimasta senza un sicuro alloggio, non rimase che trasferirsi a Bologna.
Loriana ed Emilio rimasero sempre legati a Castel Bolognese e agli amici d’infanzia. Tonino Bellosi rammenta che Emilio Papa si considerava un Castellano e amava parlare in dialetto romagnolo con Tonino durante i loro incontri, suscitando gli affettuosi rimbrotti della moglie Maria che non riusciva a capire una parola. Quando, di tanto in tanto, Emilio ritornava in Emilia-Romagna, non perdeva troppo tempo in soste intermedie. Se alle 12 il suo treno arrivava a Bologna proveniente da Torino, alle 14 con Loriana era già a Castello. Aveva anche pensato di trasferirvisi, una volta raggiunta la “pensione”, e di acquistare la casa che era appartenuta al nonno Emilio, salvo poi rimanere a Torino con la moglie Maria e i figli Stefano e Leonardo: il suo Castello, oramai, era troppo cambiato. La casa Zaccherini oggi non esiste più, demolita per lasciare spazio a nuovi edifici residenziali.
Ringraziando Loriana Papa, Tonino Bellosi e Valentino Donati per le testimonianze, alleghiamo a questo profilo “castellano” un bel ricordo, pubblicato sul Corriere della Sera del 3 maggio 2022 da Pier Franco Quaglieni, amico di Emilio Papa.

Torino ha perso Emilio Papa. Studiava la storia difendeva il diritto.
Studioso, storico e difensore d’ufficio delle Br

di Pier Franco Quaglieni

E’ mancato Emilio Papa. La sua morte è per me l’interruzione di una lunga amicizia nata quand’ero suo allievo all’università di Torino e mi chiamò successivamente ad essere suo assistente a «Storia dei partiti», cattedra che tenne per circa vent’anni prima di passare ad insegnare Storia contemporanea.
Furono suoi allievi centinaia di giovani che faranno scelte politiche distanti tra loro come lo storico Oliva, il leader comunista Rizzo e il cattolico Leo, tanto per citare tre nomi: il segno dello spirito liberale del suo magistero, sempre ispirato ai valori della tolleranza, in anni di esasperato ideologismo e di violenze non solo verbali.
È morto a poco più di novant’anni, splendidamente portati, a causa di una banale caduta per strada e ad un intervento chirurgico.
L’ho frequentato per tanti anni, ma oggi voglio solo ricordare il rigore e l’indipendenza dello studioso, la bontà d’animo dell’uomo, il suo entusiasmo, velato da un certo realismo ironico, nel vivere la vita, il suo straordinario e affiatato matrimonio con Maria – da cui ebbe due figli anch’essi avvocati – che è stata la straordinaria donna della sua vita, il suo coraggio nell’accettare di essere tra i difensori d’ufficio delle Br, rischiando la vita.
Sono migliaia le telefonate e le mail che ci siamo scambiati anche nei giorni in cui venne ricoverato in ospedale. Ci sentivamo spesso ed ascoltare una sua opinione per me era sempre molto importante. Ci legava anche la comune amicizia con Norberto Bobbio.
La sua opera parla crocianamente per lui, a partire da un libro che è diventato un classico e che resta ancora oggi insuperato: «Storia di due manifesti», quello fascista di Gentile e quello antifascista di Croce del 1925, un’opera scritta con l’equilibrio dei grandi storici che avevano appreso da Chabod il distacco critico necessario, trattando dei temi più arroventati.
Si dedicò poi allo studio delle società operaie, di un tema complesso come i rapporti tra Fascismo e cultura ed anche delle Brigate Rosse, con il distacco dello storico e non con i pregiudizi di una potenziale vittima del terrorismo.
Di sicura importanza è la sua «Storia della Svizzera» e la sua opera sul federalismo, come appaiono significativi i suoi studi su Carlo Rosselli e sul fascista critico Giuseppe Bottai. Il saggio «Cos’è’ la democrazia», edito nel 2014, rappresenta un’acuta e non rassegnata disamina delle pecche della democrazia, ma anche una sua vigorosa difesa, in anni in cui il populismo e il sovranismo incominciavano a tentare di corrodere le libere istituzioni repubblicane.
Il suo interesse si rivolse anche ai temi dell’unificazione europea di cui aveva intravisto lucidamente tutte le fragilità.
Torino gli deve molto. Si prestò anche ad esercitare il mandato di Difensore civico, una carica oggi abolita. Più volte mi raccontò della sua delusione per quell’esperienza a tutela del «buongoverno», come mi disse citando Einaudi, il Presidente che ricordammo insieme a Dogliani davanti alla sua tomba.

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