Figlia di un Angelo: le ali di Antonia Biancini
(introduzione) Il triste inizio del 2022 si è portato via anche Antonia Biancini, scultrice, residente a Perugia da tantissimi anni ma nata a Castel Bolognese nel 1940 e figlia primogenita del nostro grande artista Angelo Biancini. La ricordiamo con un articolo pubblicato nel 2003 e con alcune immagini tratte da un catalogo di una mostra tenuta a Faenza nel 1996, nella chiesa di S. Vitale, organizzata dal locale Circolo degli Artisti, che Antonia ringraziò per “aver reso possibile il ritornare come Ulisse nella mia terra da tempo lasciata”. La mostra del 1996 fu occasione d’incontro anche con tanti amici d’infanzia di Castel Bolognese che l’hanno sempre ricordata con molto affetto. (A.S.)
di Stefania Mazzotti
articolo tratto da tratto da EE magazine, n. 3, 2003
Esseri volatili che si librano leggeri come piume in volo sono i soggetti prediletti della scultrice di ceramica Antonia Biancini.
Realizzati in gres, rappresentano figure immateriali. Gufi, aquile, uccelli del paradiso, angeli, custodi del bene e della felicità dell’anima. Sono rappresentati privi della terza dimensione, fragili come fogli di carta e dipinti con i colori naturali della terrae delcielo. Volatili eterei che sfidano la forza di gravità e il peso della materia ceramica. “Preferisco il tema dei volatili – spiega la scultrice – per l’elemento aria, per la libertà e la leggerezza che mi comunicano. La mia operazione è quella di cercare di alleggerire la materia. Per questo utilizzo il materiale del gres che, a differenza della maiolica, viene cotto ad altissime temperature e mi permette di creare superfici molto sottili e fragili”. Antonia Biancini, figlia del noto scultore romagnolo Angelo Biancini, è nata del 1940 e si è formata a Faenza presso l’Istituto di Ceramica Ballardini dove ha appreso le potenzialità cromatiche e plastiche del gres, allora sconosciuto a Faenza e introdotto in città dal grandissimo Albert Diatò. “Nessuno di noi – spiega Antonia – avrebbe imparato ad usare il gres se Diatò non fosse arrivato in città. L’intero lavoro di Carlo Zauli non esisterebbe. Io ho imparato il gres da Diatò e poi ho elaborato la mia ricerca personale”. Antonia Biancini, figlia d’arte, si lascia alle spalle il lavoro del padre. L’intera sua opera sembra seguire un percorso opposto. All’inizio della carriera realizza pannelli cromatici di sapore quasi metafisico, privi di forme figurative ed infine approda al mondo etereo degli angeli. Se il padre è legato alla materia e a figure concrete, pesanti, Antonia sceglie la leggerezza e lotta contro la fisicità della materia. Dal padre eredita la stilizzazione delle forme, poi segue il proprio percorso ed approda a soluzioni autonome. “Come tutti i figli d’arte – spiega – ho sempre dovuto lottare contro il complesso e il peso della grandezza di mio padre. Ho sempre cercato di distinguermi. Infatti, uno dei complimenti più belli che mi è stato fatto proviene da un mio collega che mi disse: “Se volevi fare qualcosa di diverso ci sei riuscita”. Antonia ora vive e lavora a Perugia. Ha partecipato a diversi concorsi di ceramica e dal 1965 ad oggi è presente in diverse mostre collettive e personali.
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