Arnaldo Cavallazzi (1878-1946)
Nasce a Castel Bolognese (RA) il 5 settembre 1878 da Raffaele e Maria Contoli, tipografo, poi imprenditore edile. La sua adesione agli ideali libertari in giovane età è probabilmente influenzata dall’esempio del padre, esponente di primo piano dell’anarchismo castellano. Non vanno però trascurati nella sua formazione il ruolo e l’influenza della madre, che proviene da una famiglia di uomini di cultura che annovera ecclesiastici, storici e letterati. Anarchico sarà anche il fratello minore Ribelle. Frequenta le scuole tecniche a Faenza, formandosi poi una discreta cultura politica da autodidatta, attraverso l’intenso studio di libri e giornali anarchici. Il 18 marzo 1897 si arruola volontario nell’esercito. Assegnato al 78° Reggimento Fanteria, consegue il grado di caporale maggiore ed è congedato il 13 settembre 1899. Ritornato nella città natale apre la Tipografia Cavallazzi, nella cui gestione si alterneranno negli anni vari membri della famiglia. Inizia intanto a svolgere attività politica, mettendosi rapidamente in luce come una delle personalità di maggior spicco tra gli anarchici castellani della sua generazione. Nel “Cenno biografico al giorno 15 settembre anno 1900”, compilato dal Prefetto di Ravenna e conservato presso il CPC, viene definito “di carattere serio, eccitabile, capace di energiche risoluzioni e violenti propositi”. Si aggiunge che fa “attiva propaganda fra i giovani operai con discreto profitto”, e che tra i suoi compagni “gode molta influenza perché è uno dei più istruiti ed energici e anche perché figlio del capo partito. La sua influenza è però circoscritta a Castelbolognese. E’ in corrispondenza con tutti i capi anarchici delle Romagne”. Invia corrispondenze al “Combattiamo” di Genova e a “L’Agitazione” di Ancona. Riceve giornali anarchici dall’Italia e dall’estero, e anche stampe, circolari e opuscoli. Nel 1900 partecipa a tutte le riunioni clandestine organizzate dagli anarchici locali e a quelle pubbliche e private della Lega dei partiti popolari. Verso la fine dell’anno, nel clima repressivo seguito al regicidio di Bresci, viene denunciato per il reato di associazione sediziosa con il padre e con tutti gli altri componenti il nucleo organizzatore del gruppo socialista-anarchico di Castel Bolognese. Il 4 dicembre 1900 viene prosciolto dal Tribunale di Ravenna, insieme a tutti gli altri imputati, per insufficienza di indizi. Seguono alcuni anni relativamente tranquilli, anche se non mancano alcune denunce e processi. L’episodio più clamoroso, in cui viene coinvolto insieme al padre e al fratello Ribelle, ha luogo il 22 ottobre 1905. Durante una conferenza tenuta a Castel Bolognese dal repubblicano Pirro Gualtieri di Cesena, il delegato di P.S. interrompe l’oratore e ordina lo sgombero della sala. Nel trambusto che segue vengono arrestate una decina di persone fra cui l’oratore, Armando Borghi di passaggio intervenuto in sua difesa, e alcuni anarchici del paese compresi i Cavallazzi. Il giorno dopo, mentre gli arrestati vengono trasportati al carcere di Faenza in tre carrozze trainate da cavalli, Borghi riesce a liberarsi delle manette e a darsi alla fuga, permettendo agli altri occupanti della vettura (Arnaldo e Raffaele Cavallazzi, insieme all’oratore Gualtieri) di fare altrettanto. Al processo, svoltosi il mese successivo a Ravenna, Arnaldo viene condannato a 25 giorni di reclusione e a lire 83 di multa. La collaborazione ai giornali anarchici prosegue con le corrispondenze inviate a “L’Aurora” di Ravenna, fondata nel 1904. Assume la presidenza in occasione di un Convegno regionale anarchico tenutosi a Castel Bolognese il 20 ottobre 1907. Si impegna anche nell’attività sindacale. Nello stesso 1907 diventa presidente della Lega di resistenza dei braccianti (creata nel giugno 1906), dopo esserne stato uno dei maggiori promotori. All’inizio del 1908 viene nominato presidente, segretario e cassiere della lega muratori, all’interno della quale prevalgono gli elementi anarchici. Assume la vice-presidenza, e poi la presidenza, del Corpo dei Pompieri volontari, fondato a Castel Bolognese nel gennaio 1909. Assolverà volontariamente a questo compito per circa trent’anni, fino allo scioglimento del Corpo in epoca fascista (tra l’altro, la squadra di C. parteciperà nel 1919 alle operazioni di soccorso dopo il terremoto a Vicchio del Mugello). Compie inoltre vari atti di coraggio fin dalla più giovane età, salvando persone dalle acque e dal fuoco. Tra il 1907 e il 1909 lascia la Tipografia nelle mani del fratello. In seguito dà vita a una propria impresa edile, che in breve tempo diviene una delle maggiori del paese, arrivando a contare fino a una ventina di operai. Si è nel frattempo sposato, e presto la famiglia si amplia con la nascita di 3 figli. Nel desiderio di dare un fattivo contributo alla soluzione dei problemi della popolazione, non esita a entrare a fare parte di commissioni pubbliche municipali, da cui la maggioranza dei suoi compagni si tiene lontana per prevenzioni ideologiche. Nel 1911 è membro, insieme all’anarchico Oreste Zanelli, della Commissione Comunale per l’Igiene. Nel 1914 si schiera contro l’intervento dell’Italia in guerra. Richiamato alle armi l’8 maggio 1915, subito dopo il ricevimento dell’avviso si mette “a Castelbolognese a fare attivissima propaganda in quelle campagne per sollevare i coloni per una pubblica manifestazione per la sera dell’8 stesso, contro la guerra”. Costretto a partire e aggregato al 133° Battaglione di Milizia Territoriale di Bologna, viene congedato il 23 gennaio 1919 col grado di sergente maggiore, promosso e decorato per avere salvato dei feriti. Nell’immediato primo dopoguerra si prodiga gratuitamente per gli operai disoccupati, ricevendoli la sera nei locali dell’Ufficio Tecnico comunale per registrarli e fare avere loro un sussidio. Il suo congedo coincide con una fase di rilancio del movimento anarchico castellano, che vede ingrossarsi le sue file con l’afflusso di una nuova leva di militanti. Le diversità generazionali si fanno avvertire, e si formano due gruppi sulla base dell’età. C. diviene il responsabile del gruppo degli adulti, mentre il gruppo giovanile è animato soprattutto da Nello Garavini. Entrambi partecipano come delegati dei due gruppi castellani a vari Convegni anarchici emiliano-romagnoli, e sono presenti anche al Congresso nazionale di Bologna della UAI (1-4 luglio 1920). L’ascesa del fascismo comporta aggressioni e persecuzioni per tutti gli oppositori. Il 15 ottobre 1922, durante una manifestazione di reduci, C. è accusato di avere offeso la bandiera della locale Sezione Combattenti, e per salvarsi dai fascisti che gli danno la caccia, deve fuggire e restare per qualche tempo fuori paese. Dopo l’avvento al potere di Mussolini, subisce innumerevoli perquisizioni domiciliari ad opera dei carabinieri istigati dai fascisti locali, al ritmo di una ogni settimana o quindici giorni, per circa sette o otto anni, fin verso il 1929. Subisce anche alcune aggressioni da uno squadrista suo vicino di casa, capo-manipolo e poi seniore della milizia, che manifesta un particolare accanimento nei suoi confronti. Nel 1927 è arrestato insieme a molti altri oppositori del regime a seguito dell’attentato subìto a Ravenna dal gerarca Ettore Muti. Gli arrestati castellani, circa una ventina tra anarchici e socialisti, vengono rilasciati a piccoli gruppi nelle settimane successive, ma C. e altri 5 ricevono l’ammonizione, che comporta l’arresto e la prigione nel caso di ogni infrazione anche minima. L’ammonizione gli sarà revocata nel giugno 1929, ma la sorveglianza nei suoi confronti, per quanto allentata, proseguirà fino alla caduta del fascismo. Dopo l’8 settembre 1943 collabora alle iniziative clandestine di un gruppo animato da Padre Samoggia, un frate cappuccino che cerca di fornire aiuto agli sbandati, agli evasi dai campi di concentramento, ai perseguitati politici e ai renitenti alla leva, fornendo ricoveri e abiti civili (per questo il frate sarà arrestato, tradito da una spia). Nell’ultimo anno di guerra e in particolare durante l’inverno 1944-45, allorchè il fronte si ferma sul fiume Senio e i tedeschi tengono in ostaggio la popolazione civile impedendone l’evacuazione, C. ha modo di dimostrare grandi doti di generosità umana e di spirito di sacrificio, prodigandosi in favore dei concittadini sottoposti a tremendi disagi e pericoli. Dal 30 novembre 1944 al 15 maggio 1945 costituisce e dirige la squadra di soccorso dell’UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea), che senza alcun compenso si occupa di dare soccorso ai feriti rimasti sotto le macerie dei bombardamenti e sepoltura ai morti, e inoltre svolge servizio antincendio e anticrollo, tra molti pericoli (lo stesso Arnaldo resterà ferito a un piede da una scheggia di granata, e due componenti della squadra, tra cui suo genero Ariovisto Liverani, moriranno). Salva inoltre dalla completa distruzione l’Archivio comunale e un affresco della Madonna del XVI secolo della Chiesa di S. Sebastiano, colpita dai bombardamenti. Partecipa alle riunioni del Comitato Cittadino, e in seguito della Consulta Comunale, organismi formati da esponenti di varie correnti politiche antifasciste, che si propongono di garantire l’ordine pubblico e affrontare le necessità della popolazione. All’interno della Consulta, creata il 1 gennaio 1945, C. assume compiti di carattere sanitario, assistenziale e annonario. Il 4 gennaio 1945, di sua iniziativa e con il consenso dei membri della Consulta, nonostante l’età ormai avanzata C. compie un viaggio a piedi fino a Bologna per domandare che Castel Bolognese (tagliata fuori dal resto della provincia di Ravenna a causa del fronte) sia aggregata a quella provincia e per chiedere viveri e medicinali. L’impresa ha successo, con notevole sollievo per la popolazione castellana ormai allo stremo. Dopo la Liberazione, C. in rappresentanza degli anarchici entra a fare parte del nuovo CLN unitario creato il 30 aprile 1945. Si occupa della rinascita del movimento, dando impulso all’attività del risorto Gruppo anarchico e stabilendo contatti coi compagni delle altre città romagnole. Muore a Castel Bolognese l’11 maggio 1946. Il 5 ottobre 1947 gli verrà concessa una Medaglia d’Argento al Valore Civile alla memoria, in riconoscimento dell’opera prestata a favore della popolazione civile durante la fase finale della guerra.
FONTI: ACS, CPC, ad nomen; Archivio privato Scilla Cavallazzi Liverani; BLAB, Fondo Anarchici Castellani; N. Garavini, Testimonianze, dattil. inedito; Intervista a Scilla Cavallazzi Liverani, rilasciata a G. Landi e F. Zama il 21 luglio 1986; BCDP-CB, Sezione Locale, Miscellanea.
Bibliografia: scritti su C.: A. Borghi, Conferma anarchica (Due anni in Italia), Forlì, “L’Aurora”, 1949; Id., Mezzo secolo di anarchia (1898-1945), Napoli, ESI, 1954; O. Diversi, Il territorio di Castelbolognese, Imola, Galeati, 1972; A. Donati, Sul Senio il fronte si è fermato. Castelbolognese 1943-1945, Castel Bolognese, Grafica Artigiana, 1977; Comune di Castelbolognese, Testimonianze e documenti della Resistenza a Castelbolognese, Faenza, Centro Stampa Comunale, 1981; Castelbolognese nelle immagini del passato, Imola, Grafiche Galeati, 1983; Il movimento anarchico a Castelbolognese (1870-1945), Castel Bolognese, Grafica Artigiana, 1984; S. Cavallazzi Liverani, Sopravvivere ad ogni costo fu l’incitamento che Arnaldo Cavallazzi rivolse in modo esemplare alla popolazione di Castelbolognese, “Vita Castellana”, n. 1 (n. s.), 1985; G. Landi, Una famiglia di anarchici castellani: i Cavallazzi, in Aspetti della società tra Ottocento e Novecento, Castel Bolognese, Grafica Artigiana, 1987; C. Martelli, Fascismo antifascismo resistenza guerra di liberazione a Tredozio e in altri comuni della Romagna, s.l., s.n., 1993.
Gianpiero Landi
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