Antonio Borghesi (1853-1936)
Nasce a Castel Bolognese (RA) il 16 giugno 1853 da Giuseppe e Cecilia Borzatta, cameriere. Nel 1861, ancora bambino, si trasferisce con i genitori a Imola (BO) dove poi risiederà in prevalenza, lavorando come cameriere d’albergo. Prima ancora di compiere i venti anni aderisce all’Internazionale e ne diviene uno dei membri più attivi e determinati. Nelle fonti di polizia viene definito “fanatico”, “di carattere apparentemente mite, ma di animo perverso” e “capace di qualunque azione criminosa”. È considerato pericoloso per la propaganda “specialmente se tra giovinetti per la parola facile e persuasiva che ha; per l’attitudine a collaborare nei giornali sovversivi. Egli inoltre è uomo d’azione, capace di dirigere un movimento e di agire personalmente a seconda dei casi”. Nel 1879 viene processato con altri 17 internazionalisti e condannato dal Tribunale di Bologna a 18 mesi di carcere per “associazione di malfattori”, ma viene poi assolto in appello (dove la difesa è assunta dall’avv. Giuseppe Ceneri). Tra il 1880 e il 1883 è socio del Circolo Socialista di orientamento costiano, a cui all’epoca aderiscono anche gli anarchici imolesi. Nel gennaio del 1884 si dimette dal Circolo con una lettera (pubblicata da “La Questione Sociale” di Firenze) in cui si dichiara “vecchio internazionalista” e “anarchico comunista rivoluzionario” e attacca violentemente “le vergognose transazioni del deputato Andrea Costa”. Aderisce quindi alla sezione dell’Internazionale che si sta ricostituendo ad opera di Adamo Mancini, Giuseppe Benati, Antonio Castellari e altri. Nel luglio 1886 subisce un’altra condanna a 3 anni per furto. Per sottrarsi alla pena ripara all’estero ma viene estradato. Scontata la pena e rientrato a Imola, è uno dei promotori “della costituzione della Sezione anarchica” locale, di cui diviene “uno dei capi”. “È presuntuoso, ama distinguersi e vuol comandare; egli è perciò anche capo dell’associazione fra camerieri” di Imola. Nell’aprile 1892, in prossimità del 1° Maggio, viene arrestato per “associazione a delinquere”, ma viene dichiarato il non luogo a procedere per insufficienza di prove. Gira spesso in Romagna a scopo di propaganda, ed “esercita molta influenza nel suo partito”. Scrive su vari giornali anarchici (tra cui il periodico imolese “La Rivendicazione”, dove usa lo pseudonimo Jamba, e il numero unico “La Canaglia” ), ed è in corrispondenza con Amilcare Cipriani e altri esponenti influenti del movimento. Nel 1894 è occupato come cameriere presso il Caffè Ristorante della Stazione di Castel Bolognese, gestito dalla madre dell’anarchico Ugo Biancini, e ne approfitta per ospitare nel locale riunioni politiche e per tenere relazioni con i compagni dei circondari di Imola, Faenza e Lugo, in transito lungo la linea ferroviaria. Questa attività, che vede coinvolti anche lo stesso Biancini, Raffaele Cavallazzi e l’imolese Adamo Mancini, allarma le autorità che prendono provvedimenti. Nell’ottobre 1894 B. viene condannato a 3 anni di domicilio coatto che sconta poi, a partire dal gennaio successivo, a Porto Ercole, alle Tremiti, a Ustica e a Ponza. Liberato in anticipo il 1 novembre 1896, rientra a Imola dove nel 1898 viene di nuovo arrestato per associazione a delinquere, ma si dichiara poi il non luogo a precedere per insufficienza di prove. Firma la protesta per il processo di Ancona a carico di Malatesta e compagni per “associazione di malfattori” pubblicata nel Supplemento de “L’Agitazione” nell’aprile 1898, e la successiva protesta per un altro processo agli anarchici del capoluogo marchigiano per “associazione sediziosa” (“L’Agitazione”, luglio 1900). Nel frattempo nel 1899 si sposa. Nel 1901 si iscrive al PSI, dove aderisce alla tendenza sindacalista, dimostrando però limitato interesse per le questioni politiche, dedicandosi prevalentemente al lavoro e alla famiglia. Nel 1907 si trasferisce definitivamente per lavoro a Milano, dove viene assunto come fattorino e non dà più luogo a rimarchi. Nel 1919 si distacca anche dal PSI. Negli anni successivi risulta simpatizzare per il fascismo, divenendo anche venditore ambulante de “Il Popolo d’Italia”. Muore a Milano il 26 dicembre 1936.
FONTI: ACS, CPC, ad nomen; ASBo, GP, Registri vari: Registro-Rubrica degli Affiliati ai Partiti Sovversivi (1895-96); SASI, GSP., 1878-1900; BLAB, Fondo Anarchici Castellani; AFAI, Fondo Anarchici Imolesi.
BIBLIOGRAFIA: Il movimento anarchico a Castelbolognese (1870-1945), Castel Bolognese, Grafica Artigiana, 1984.
Gianpiero Landi – Tomaso Marabini
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