Un castellano alla guida dei riolesi “volanti”
di Sante Garofani
Negli anni “70 a Riolo Bagni (rinomata stazione di cura e soggiorno) d’estate, c’era lo “struscio” di corso Matteotti, il mitico dancing “La Lanterna”, il concorso canoro per voci nuove “Anemone d’oro” e le Terme, con puntuale massiccia invasione pacifica di villeggianti.
Il progetto
Correva l’anno 1971 quando un lungimirante imprenditore riolese, Giuseppe CASADIO (detto Pignò), contitolare con il cugino Elio PASINI dell’azienda F.A.S. * (Fabbrica Articoli Stampati), pensò in quell’estate di realizzare una pista di pattinaggio nella zona Rio Vecchio (ora sede di Acqualand), nei terreni di sua proprietà, sottostanti la sua abitazione di via Senio, 2.
(*) produceva ogni genere di articoli in lamiera stampata come cavatappi per bibite, pattini a rotelle per bambini (quelli allungabili) e una vasta gamma di prodotti e giocattoli d’importazione, nonché le prime racchette da tennis in legno laminato multistrato.
La realizzazione
Per attuare questo progetto, Casadio si avvalse della consulenza di un esperto e competente istruttore di pattinaggio artistico imolese, Cesare Grandi e di un suo dipendente, Iorio Bertozzi, che in seguito sarà responsabile – vendita pattini.
La FAS chiuse per ferie e bisognava fare in fretta per completare l’opera prima della riapertura aziendale. Fu un susseguirsi di lavori ben coordinati. Venne steso il getto di cemento dove successivamente i piastrellisti avrebbero posato le mattonelle di graniglia, levigate quanto bastava per non essere troppo scivolose. Fu realizzato il bar e il punto noleggio pattini. Contemporaneamente gli elettricisti, Tattini & figlio, installarono i fari che avrebbero illuminato la pista in notturna. Curiosità: per accorciare i tempi si tese la rete di protezione utilizzando l’auto di Pignò, una potente Opel Admiral con cambio automatico (modello come foto sotto).
La strada che collegava la riolese con la pista dei pattini (via Rio Vecchio) partiva dal “botteghino” di fronte al bar pizzeria “I Pini”. Era quasi completamente sterrata, l’asfalto comunale terminava all’ex pensione Leandra (ora casa per anziani) e poi null’altro che ghiaia e polvere. Solo l’anno successivo il comune ne allargò la carreggiata e l’asfaltò completamente.
Le macchine, in arrivo alla pista, parcheggiavano a lato fiume in una ex cava per l’estrazione della ghiaia. In seguito la forte pendenza esistente venne colmata per riportare quello spazio a livello strada.
L’inaugurazione avvenne un pomeriggio di inizio settembre del 1971 (forse sabato 4 o domenica 5). Il sito venne chiamato ufficialmente Ranch Park, ma sul cartellone apparve stampato erroneamente “Parc”, cosa che generò non pochi “mal di pancia”. Nessuna cerimonia, nastro da tagliare e personalità istituzionali, ma per l’occasione venne organizzata una grande esibizione di pattinaggio artistico con atleti di caratura nazionale dei gruppi CAMST (Campioni d’Italia), Bononia e ASBI UISP di Imola. Qui immortalata in due rari documenti fotografici di grande valore storico.
Dopo la manifestazione tutto lo staff (atleti compresi) furono invitati a cena a villa Casadio e fino a notte, con una vista panoramica da sogno, festeggiarono con musica, prosciutto, piadina e buon vino.
La pista era lunga 40 metri e larga 20. In seguito venne allungata di altri 10 metri (lato Acqualand) riservata ai principianti e bambini. Era circondata da una palizzata alta circa 1 metro e 20 cm. con alla base assi di legno longitudinali per attutire i colpi dei pattinatori in erba, che cercavano disperatamente quell’appiglio per non cadere. Era dotata di un bar con relativi bagni (gestito dalla moglie di Renato Bacchilega detto Malgàz), del punto noleggio pattini con annesso magazzino (gestito da Enea Grandi padre di Cesare e da Renato con suo figlio), di prospicienti sedili dedicati ad indossare in tranquillità i pattini prima di entrare nel vortice della pista. Una tettoia, per proteggere i clienti dal sole, venne costruita solo l’anno successivo. Giovani alberi, ombrelloni, panchine e sedie pieghevoli in legno erano disseminati ovunque intorno a quel rettangolo.
Quattro altoparlanti, fissati sui pali dell’illuminazione (si pattinava poco oltre la mezzanotte), trasmettevano gli annunci per il pubblico e la musica direttamente gettonata nel jukebox del bar.
50 lire una canzone, tre 100 lire. Il caffè costava 80 lire, il ghiacciolo 30, rigorosamente Sammontana. Il biglietto orario per il noleggio dei pattini costava 300 lire. Chi invece ne era proprietario pagava solo 300 lire e poteva restare in pista tutto il tempo che desiderava. Immancabile il calcio balilla, il tavolo da ping-pong ed attrazioni a gettone per i più piccini.
Le frequentazioni
Quasi tutti gli ospiti estivi dei 50 tra alberghi, pensioni ed affittacamere, di pomeriggio e sera, facevano meta fissa in quella nuova attrazione. A pochi metri dal Senio, in estate, si poteva godere di un fresco ristoratore, ma in certe giornate di vento anche dell’olezzo proveniente dall’allevamento poco distante Pollo-Poggiolino. I più “scafati” sui pattini facevano le corse, giocavano a strega, riparandosi dietro i malcapitati principianti, facevano il “cariolino” ed i più temerari, con pista semi vuota, il salto delle sedie, ma la speranza era di farsi notare per poi “agganciare” la ragazza che saliva a pattinare, insegnarle i primi rudimenti e magari chiederle di andare a fare due passi al parco delle terme. Particolare: per rendere più aderenti le ruote in legno si usava furbescamente bagnarle. L’effetto per la tenuta in curva era temporaneo, ma unico. La musica dagli altoparlanti, mescolata al rollio continuo di ruote e cuscinetti, non si fermava mai, tutti gettonavano il brano preferito: Bertè, Battisti, Baglioni, i Delirium, i Bee Gees, i Credence C. Revival ed i Pooh.
La produzione FAS
Visto il successo la FAS iniziò a produrre una nuova linea di pattini da velocità e artistico (ad uso dilettantistico e competitivo), inizialmente solo per il noleggio. In seguito furono poi messi in vendita e gli acquisti aumentarono esponenzialmente. Nonostante la supremazia sul mercato della pesarese Boiani con il modello “Star Master”, in poco tempo quasi tutti i giovani di Riolo e dintorni possedevano un paio di pattini FAS (costo medio £.18.000).
La nuova produzione FAS inizio anni ’70
Improvvisamente la notorietà di questa pista dilagò ad Imola (già con una importante tradizione), a Faenza, Lugo, Castel Bolognese e Casola Valsenio. Alla sera arrivavano intere compagnie di giovani da tutti i paesi vicini, sfoggiando le loro maxi moto, all’epoca per lo più giapponesi, ed i ragazzini restavano a guardarle incantati. L’auto che andava per la maggiore era la Mini Minor, sogno di chi era in odore di patente. La pista raggiunse il massimo del suo splendore tra il 1972 e il 1975. Al di là dei vari campanilismi, nacquero amicizie indissolubili ed amori di un’estate, alcuni rivelatisi poi duraturi.
Le rivoluzionarie modifiche tecniche FAS (a cura di Cesare Grandi)
Se si osserva il depliant FAS, che mostrava la gamma allora disponibile, si può notare come si presentava questo nuovo pattino non più a morsetto, ma con le scarpe avvitate sulle piastre.
Era il risultato di un’idea del forlivese Federico Guardigli (7 volte campione del mondo di pattinaggio su strada) che Pignò aveva incontrato per avviare questa nuova produzione. Le piastre, in alluminio fuse in conchiglia dalla Tazzari di Imola, venivano finite con una verniciatura a forno in un primo tempo di color azzurrino poi definitivamente verdi
La prima crociera FAS
Lo stesso per le crociere, insomma una visione di pattino non proprio professionale. La piastra inoltre era chiusa sotto e dava l’impressione di una trave pesante mentre la verniciatura allungava notevolmente i tempi di produzione delle piastre stesse. Vennero modificate le conchiglie in modo che le piastre si presentassero aperte sotto con i due tiranti visibili che davano un notevole senso di snellezza.
La crociera ridisegnata
Altra modifica riguardò le crociere che furono irrobustite con fazzoletti di rinforzo triangolari e dotate di sgancio rapido con levetta al posto delle linguette elastiche che il più delle volte si deformavano per lo sforzo e saltavano via. Altra cura particolare fu rivolta allo snodo del perno della crociera e della sede nella piastra che assunsero la forma sferica rendendo minimo il gioco sugli sterzi e il doppio gommino.
Un discorso a parte meritano le ruote da strada che crediamo valga la pena di ricordare.
Lo stampatore delle ruote era a Milano e produsse uno stampo pilota per iniezione che sfornava una sola ruota alla volta affinché fosse perfettamente concentrica con le sedi per i cuscinetti. Iniziammo la sperimentazione ordinando alcuni treni di ruote con una prima mescola di materiale plastico. Il giorno dopo giungevano a Riolo col corriere e verso sera ci si incontrava con il forlivese Zecchi tipografo del depliant e Guardigli. Troppo dure, scivolavano senza possibilità di dare spinta. Telefonata a Milano e dopo pochi giorni altri treni di ruote e altro test. Troppo morbide una fatica boia a farle andare avanti. A farla breve dopo cinque o sei tentativi finalmente la ruota perfetta, che collaudammo per almeno 100 chilometri con usure trascurabili. Il percorso dove venivano effettuati i test era la strada di Villagrappa che partiva dalla via Emilia di fronte allo stabilimento della Becchi fino a Castrocaro. Federico Guardigli oltre a essere un grande atleta era persona molto affabile e genuina, un vero romagnolo, sempre disponibile a dare una mano o un consiglio e un vero amico. A volte la sera ci veniva a trovare a Riolo con altri pattinatori della sua squadra e a quel punto non ce n’era più per nessuno, la pista si svuotava, ma tutti rimanevano a guardare con grande ammirazione e sorpresa la folle velocità di quegli scalmanati in una competizione di alto livello. Le ruote erano di acero, di diametro piccolissimo per essere col baricentro il più in basso possibile, i cuscinetti secchi come le foglie in autunno. venivano detersi con una goccia di olio per macchina da cucire.
Una ventina di minuti che Pignò tollerava, poi tutto ritornava tranquillo per gli ospiti paganti.
Ben presto i nuovi prodotti FAS incrementarono la loro presenza sui campi di gara e diversi campioni di pattinaggio venivano a trovarci in FAS con le richieste più svariate. Non abbiamo mai detto di no perché ogni idea era buona per ulteriori sviluppi ed innovazioni.
Ci venne a trovare la campionessa Annalisa Massazza di Milano accompagnata dal suo fidanzato Giovanni Pettenella campione di ciclismo sulla pista. Il pattino che preparammo per lei aveva le ruote anteriori piccole e quelle posteriori grandi come le auto di F1, il piede stava così inclinato in avanti quasi a dare più spinta.
La piastra alleggerita
Preparammo anche 5 paia di pattini super alleggeriti e con la piastra ridotta a due circonferenze unite dai tiranti, le crociere avevano il perno eccentrico per permettere la taratura degli sterzi secondo il piede dell’atleta ma soprattutto le viti del gommino ribassate e completamente forate: molti grammi in meno! Non meno importanti le scarpe della Chester, comode come pantofole!
Il perno eccentrico
Purtroppo uno di questi eccentrici si ruppe mentre il Marelli era in testa alla 5 Campanili, una classica di alto pregio che ogni atleta avrebbe ambito vincere.
Fortunatamente quel giorno il furgoncino della FAS non era presente sul campo di gara altrimenti…
Altra esperienza ai campionati italiani di pattinaggio artistico a Siena. Ricordate le ruote da strada che erano troppo dure? Bene, le facemmo provare ad una ragazza per gli esercizi obbligatori: scorrevano lisce come l’olio, al punto che in molti ce le chiedevano e vendemmo tutte quelle che avevamo a disposizione. Iniziarono le gare, tutto perfetto, poi a un certo punto le ragazze non stavano più sui cerchi del tracciato e incominciarono a scivolare questa volta come se fossero state sull’olio. Morale, sul tracciato si era depositato un velo plastico lasciato da quelle ruote che crearono non pochi problemi all’organizzazione. Da quel giorno furono bandite dalle piste le ruote in materiale plastico, tranne le famose Waldeck tedesche, che però erano costosissime.
Nasce il gruppo sportivo
Venne creata una squadra riolese di pattinaggio, in seno alla UISP Vallesenio. Allenatore del gruppo velocità era il castellano Sergio Garofani. Una quindicina di ragazzi fantastici con una sola presenza femminile, mascotte del gruppo, Donatella Casadio figlia di Pignò. Di norma l’allenamento consisteva nel partire dal Bar Firenze, di fronte alle terme, fino a raggiungere Villa Vezzano e ritorno. Privi all’epoca di caschetti e dispositivi di protezione, ma con le ruote verdi adatte alla strada, sviluppate dalla FAS per guadagnare in aderenza, sicurezza e avere minor consumo (vedi foto sotto).
Diversi trofei e medaglie furono raccolti in manifestazioni e competizioni paesane sul territorio, sia singolarmente che di squadra. Unica nel suo genere resta la mitica Riolo T. – Casola V. e ritorno (24 km. totali). Il massimo però fu raggiunto con la partecipazione ai Campionati Italiani UISP di Poggio Renatico 16 -17 settembre 1972. La Vallesenio, agli esordi, giunse 16a tra le 16 società presenti (presenti 400 atleti). Per la trasferta si utilizzò il mitico Volkswagen T1 a nove posti, con i colori societari (bianco giallo e rosso), condotto da Sergio Garofani.
Tessere di alcuni degli atleti di quel periodo
Giuseppe Casadio e la moglie Carla il 25/26 maggio 1974 a Gardone Riviera,
giorno in cui la FAS riceve il premio AIPE
Il lento declino
Come sempre succede ogni cosa è figlia del suo tempo. Accadde che a Lugo costruirono una pista. A Faenza, in zona Santa Lucia, ne realizzarono un’altra quasi il doppio di quella di Riolo. L’effetto novità cominciò a perdere la sua valenza. Molti di quei giovani cominciarono a frequentare le scuole superiori fuori paese, altri entrarono nel mondo del lavoro, altri ancora partirono per il servizio di leva, alcuni si sposarono. Successivamente poi la regolamentazione dell’accesso alle cure termali con il SSN (1989) subì delle importanti restrizioni. Cosi che a fine anni ’90 Casadio passò di mano la società e nel 2002 la mitica pista, tra il generale disinteresse, venne asfaltata per fare posto ad pista per kart elettrici, mantenendo però il perimetro originario.
Rievocazioni storiche
In ben tre occasioni quei ragazzi di un tempo hanno rievocato quegl’anni, soprattutto grazie all’appassionato e coinvolgente lavoro di Mauro Fraschetti.
Pattini di allora, gelosamente custoditi, riesumati. Una piccola pista affittata, poco distante da quella di un tempo. Musica anni ’70 e pizzata finale. Un po’ di nostalgia, ma tanta spensieratezza ed allegria nel ritrovarsi dopo decenni.
Le 3 locandine delle rievocazioni
SI RINGRAZIANO PER IL PREZIOSO ED ESSENZIALE CONTRIBUTO STORICO, DOCUMENTALE E FOTOGRAFICO:
– Cesare Grandi
– Mauro Fraschetti
– Donatella Casadio
– Paola Casadio
– Eugenio Bassetti
– Sergio Garofani
– Claudio Giovannini
– Massimo Fesce
– Marcello Amorati
– Francesco Valli
– Gianfranco Mongardi e Carla Geminiani
La pagina, pubblicata nell’aprile 2021, è sempre aperta a modifiche ed integrazioni e quindi sarà sempre possibile ovviare ad eventuali errori ed omissioni (non intenzionali). Nuovi contributi saranno i benvenuti.
Contributo originale per “La storia di Castel Bolognese”.
Per citare questo articolo:
Sante Garofani, Un castellano alla guida dei riolesi “volanti”, in https://www.castelbolognese.org
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