Carlo Pallantieri (1525?-1571)
Carlo (1525?-1571) è figlio di Alessandro Governatore di Roma; fin da giovane si dedicò all’arte militare. Ebbe il titolo di Cavaliere di San Giorgio procuratogli dal padre mentre era Procuratore Fiscale in Roma. Il Duca di Savoia, presso il quale prestò servizio, lo creò Cavaliere dell’Ordine di San Lazzaro. Passato al soldo del Pontefice Pio IV, si prodigò nella riappacificazione della provincia del Piceno.
All’Archivio di Stato di Roma si trova la sua sentenza di condanna a morte e, dalla pur sua faticosa lettura, si intende che egli sia stato alquanto scapestrato. La sua casa, a Roma, era non lontana da quella del padre, nell’attuale via di Panico, un tempo Monte Giordano. Era solito accompagnarsi per l’Urbe, giorno e notte, con una compagnia di amici rissosi e facili all’uso delle armi. Proprio una sera, all’epoca della vacanza pontificia (tra il 9 dicembre 1565 ed il 7 gennaio 1566) rientrando di notte a casa insieme alla solita compagnia scoppiò un diverbio tra tal Bartolomeo Fantino suo compare, ed un certo Giacomo; dapprima tra i due volarono pugni indi quest’ultimo, vistosi sopraffatto, cercò di trovar riparo presso la vicina chiesa di Santa Cecilia. A questo punto spirito nisi diabolico instigatus, dice la sentenza, si sentì Carlo urlare “Ammazza, ammazza”, inseguendo il fuggitivo, che fu da lui ferito gravemente alla testa con un colpo di spada. Il povero Giacomo cercò agonizzante il suo ultimo rifugio presso il palazzo del cardinale Sponte, ma un colpo di grazia infertogli dal Pallantieri lo fulminò. La compagnia infine impedì ai servi del Cardinale, accorso dal frastuono, di trasportare il corpo del poveretto all’Ospedale di Santo Spirito in Sassia. Del delitto venne accusato il Fantino che fu rinchiuso in carcere; attraverso testimoni falsi, subornati e prezzolati (la falsa testimonianza era un’arte per i Pallantieri…) egli venne assolto e scarcerato, ma la Polizia concentrò i suoi sospetti sul Pallantieri che venne, a sua volta, arrestato e carcerato in Tor di Nona. Il Fantino, spacciandosi per un suo servitore, ottenne un permesso di fargli visita ed i due, attraverso i tetti della prigione, tentarono l’evasione ma furono ripresi per strada. Inutile fu il tentativo del Pallantieri di difendersi che, riacciuffato, subì il processo terminato il 16 marzo 1571 (appena tre mesi prima del padre) con la lettura della condanna alla pena capitale ed alla confisca di tutti i suoi beni.
Questo Carlo potrebbe essere il padre di Alessandro Pallantieri fondatore del Collegio. Lo farebbero pensare tre inequivocabili indizi: l’aver avuto il nome di battesimo del nonno, tradizione tuttora viva in tante famiglie, il conservare il titolo di Cavaliere, probabilmente ricevuto dal padre ma, soprattutto, aver disposto col suo testamento un bene immobile sul quale già aveva provveduto Alessandro il Governatore di Roma: si tratta “del Loghetto, che d° Sig. Testatore ha fuori della Porta del Molino detto la Casetta, con il terreno attaccato alla Casa, che confina con la via pubblica da due lati M. Ottaviano Contoli, e le ragioni di S. Petronio.” che egli lascia in usufrutto alla sorella Clarice. Questa invece la disposizione del Governatore di Roma: “Un leghatto patrimoniale detto la Casetta, fuori della porta di Castel Bolognese acciò si tenga un prete, il quale abbia a fare continuamente memoria nella sua Messa e pregare per la anima mia, e per la conservazione della mia casa e dei miei figli” fatta in favore della chiesa del Rosario “che si trova in casa mia, da molti anni in qua in Castel Bolognese”. Benchè i beni del Governatore fossero tutti confiscati, quelli di Castel Bolognese, successivamente, vennero rilasciati agli eredi, e questo avrebbe permesso al secondo testatore di disporne. Questa ipotesi, tuttavia, non è suffragata dalla chiara volontà testamentaria di Alessandro che, dando direttive per la fondazione del collegio, ordina che ne usufruiscano con precedenza il figli “di M. Giorgio, e M. Scipione insieme Fratelli, e già figliuoli di M. Achille Pallantieri Cugini del detto Sig. Testatore”. Ciò significa che Carlo, padre di Alessandro e Clarice, avrebbe avuto un fratello chiamato Achille, che però non risulta tra i figli del Governatore di Roma.
tratto da: GRANDI P., “Il Collegio Universitario Pallantieri in Bologna”, Castel Bolognese 1999.
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