Monsignor Vincenzo Poletti, benemerito di Castel Bolognese nella bufera della guerra

(a cura di Andrea Soglia)

Vincenzo Poletti (dalla memoria funebre, Fondo Stefano Borghesi, Biblioteca comunale di Castel Bolognese).

“Benemerito di Castel Bolognese fu monsignor Vincenzo Poletti, ispettore della Croce Rossa, che veniva in paese da Bologna di notte carico di medicinali. Purtroppo Castello non gli ha mai espresso la gratitudine per quello che aveva fatto. Io ho potuto constatare che c’erano molte resistenze a riconoscere le benemerenze se venivano dal clero, per la settarietà dei partiti politici”.
Così dichiarava il notaio Antonio Bosi, in un’intervista rilasciata nel 2005, nel corso della quale aveva ricostruito il difficile periodo di fine 1944 ed inizio 1945, quando la linea del Fronte si era assestata lungo il Senio a pochi passi dal nostro paese. E in effetti l’importante contributo dato dal sacerdote di origine solarolese Vincenzo Poletti per alleviare le sofferenze della popolazione civile non solo di Castel Bolognese, ma anche di tutti i paesi vicino al Senio, non è molto conosciuto.
Lo scopo di questa pagina è far conoscere maggiormente l’operato di Vincenzo Poletti nel periodo bellico e non si propone di ricostruire la biografia di un personaggio importante per il mondo cattolico ed il mondo accademico: si limiterà soltanto ad alcuni cenni biografici, per la maggior parte provenienti da un testo scritto dal magistrato solarolese Giuseppe Toni (1915-2009) in presentazione di una conferenza tenuta dal Poletti ad Aosta nel 1976.

Vincenzo Poletti era nato il 4 settembre 1906 nelle campagne di Solarolo, in via Orticini, non molto lontano dal confine con Castel Bolognese.
“Entrò giovanissimo nel Seminario di Faenza – scrive il giudice Toni – e primeggiò subito per le sue doti di serietà, studio ed impegno. Compiuti gli studi superiori di laurea in teologia, diritto e filosofia all’Università Gregoriana in Roma con gli eminenti docenti quali Billot, Boyer, Cappello, dopo aver frequentato corsi speciali tenuti da Garrigou-Lagrange e Chenon si laureò in Storia della Filosofia Medioevale all’Università di Bologna con la guida di Rodolfo Mondolfo, Saitta e Tarozzi.
All’Università di Kiel in Germania seguì corsi di filologia e di ricerca filosofica per un biennio ed in seguito frequentò le lezioni di filosofia scolastica dettate da Silva-Tarucha all’Università di Friburgo.
Assistente di Filosofia e poi libero docente all’Università di Bologna”, pubblicò, prevalentemente dopo la Seconda guerra mondiale, monografie e numerosi articoli, con particolare riguardo alle figure di San Pier Damiani e Anselmo d’Aosta.
Il giudice Toni ci dice che egli fece “parte di un gruppo di intellettuali oppositori alle dottrine del fascismo, gruppo legato al Console d’Italia a Basilea e al Principe Caracciolo amico di B. Croce. Organizzò nel 1938 a Faenza un centro di assistenza a perseguitati politici colpiti dalle leggi razziali e nel 1943, come Vicario Generale della Diocesi, costituì un ufficio di ricerche per prigionieri di guerra riuscendo ad ottenere dalla Croce Rossa di Berna molte centinaia di messaggi e indirizzi di militari in campi di concentramento in Africa, India e Australia”.
Nell’autunno del 1944, come scrive il Poletti stesso, si trovava sfollato nei pressi di Castel Bolognese. Il 6 ottobre 1944 si sviluppò un’azione di rappresaglia che coinvolse la popolazione delle parrocchie di Tebano, Biancanigo, Campiano, Pergola e Castel Bolognese. Molti castellani furono fermati e trattenuti per giorni nella chiesa di Biancanigo ed altri trasferiti al comando tedesco di villa San Prospero. L’intervento di Monsignor Poletti e di altri, fra cui don Sermasi e don Antonio Tambini, contribuì a salvare e liberare vari castellani.
Nella sua qualità di volontario per l’assistenza alle popolazioni del fronte del Senio, entrò in stretto collegamento coi rappresentanti del C.L.N. di Bologna e di altri paesi della fascia occidentale del Senio e – scrive lo stesso Poletti “Quando, con una Commissione, i cui componenti facevano parte del C.L.N., mi presentai al Prefetto di Bologna dott. Fantozzi per ottenere sussidii ed assistenza in favore della popolazione e su designazione dello stesso C.L.N. fui nominato Subcommissario per i collegamenti ufficiali con la provincia”. Ricordiamo che dal 4 gennaio 1945 Castel Bolognese, rimasto isolato da Ravenna, era stato aggregato alla provincia di Bologna a seguito della richiesta fatta da Arnaldo Cavallazzi che si era recato appositamente a Bologna a piedi.
A Castel Bolognese Monsignor Poletti in particolare si occupò della distribuzione dei viveri e dei medicinali, portati da Bologna, e del trasferimento di civili e di feriti. Oltre ad essere subcommissario prefettizio di Castello, fu anche per un certo periodo Commissario Prefettizio di Cotignola.
Il giudice Toni così descrive l’operato di Mons. Poletti: “Durante la guerra, mentre il fronte stagnava sulla linea gotica e le popolazioni del Senio erano martoriate dai soprusi tedeschi e sistematicamente flagellate dalle artiglierie alleate, per circa otto mesi seppe organizzare un servizio di assistenza, trasferendo, con un gruppo di intrepidi giovani da lui guidati, oltre 7.000 profughi soccorrendo qualche migliaio di feriti e facendo affluire nei rifugi delle zone assediate oltre 600 quintali di viveri, raccolti a Bologna.
Sfidò impavido i tiri delle granate e delle mitragliatrici e per cinque volte rimase ferito. Poi venne arrestato e processato”.
In un articolo pubblicato su Il Piccolo del 21 aprile 1946, e che qui proponiamo, Monsignor Vincenzo Poletti racconta gli ultimi momenti della Guerra e l’arrivo degli Alleati ad Imola. E’ un documento notevolissimo.
Chiudiamo questa pagina con qualche ulteriore nota biografica. Il giudice Toni ci dice che “a guerra finita, con la famiglia semidistrutta e la sua splendida biblioteca di 3.000 volumi totalmente perduta, riprese ugualmente l’attività accademica e le preferite ricerche filosofiche. Ha occupato posti di responsabilità, come quello di Vicario generale della Diocesi di Faenza, ha da facondo oratore e brillante dialettico fatto sentire alta e tonante la sua autorevole voce di predicatore dai pulpiti di Romagna, ha insegnato nel liceo classico e scientifico di Faenza, è mecenate insigne, valorizzatore di giovani e meritevoli artisti e lui stesso un artista: le sue rose i suoi fiori, le sue creazioni botaniche sono opera d’arte”.
Vincenzo Poletti morì a Faenza il 30 novembre 1979. Dalla memoria funebre traiamo le ultime importanti notizie biografiche: “Prelato domestico di Sua Santità, canonico della Cattedrale di Faenza, professore incaricato di Filosofia morale nell’Università di Bologna”.



Un anno fa al di là del Senio

di Don V. Poletti

Tutta la fascia del Senio, da Riolo Bagni ad Alfonsine, era in fiamme ai primi di aprile del 1945. I bombardieri e i caccia, da iperbolica altezza, per due giorni sganciarono i tremendi e micidiali ordigni; spezzarono e sconvolsero il terreno quasi palmo a palmo, e poi le artiglierie di tutti i calibri rovesciarono infernalmente decine di migliaia di granate; il fronte del Senio dopo cinque mesi di sosta era frantumato!
Coi miei volontari, a cui si erano aggiunti generosi militi della Croce Rossa di Imola, la mattina del sabato santo (29 marzo ’45) avevamo portato viveri e medicinali alla martoriata Cotignola e riempito al ritorno le lettighe con feriti, malati e vecchi. Poi nei giorni seguenti a Solarolo, Barbiano, Massalombarda, Medicina, Sassomorelli; la sera del 7 aprile a Castelbolognese con viveri e relativo trasporto di feriti. A Imola tutti gli ospedali erano rigurgitanti, ma gli involucri di corpi dilaniati e perdenti sangue da ogni parte s’avvicendavano ininterrottamente. Chi ha vissuto quelle giornate, non fatica a immaginarsi un quadro apocalittico!
Automezzi di tutti i generi furono utilizzati – perfino un furgoncino a tre ruote dell’Unpa di Bologna si incolonnò la mattina dell’11 coi grossi camions e con le autolettighe che il buon prof. O. Scaglietti mise a mia disposizione.
Arrivati ad Imola iniziammo il primo carico di feriti più gravi. Verso sera anche i camions del “Putti” erano al completo, e, con gli auguri dei sanitari e degli amici – ricorderò sempre con riconoscenza il caro Mancini – le macchine si misero in moto verso Bologna. Nei pressi di Castelsanpietro, otto cacciabombardieri avevano intenzione di attaccarci: gli autisti si lanciarono dalle cabine. I feriti gemevano. Con una enorme bandiera bianca e croce rossa, ritto in mezzo alla strada mi sforzai di fare segnalazioni; dopo qualche minuto gli apparecchi si disposero ai lati dell’Emilia, e… scortarono il convoglio fino alle porte di Bologna; noi veramente avremmo preferito non avere un simile onore!
Il giorno 12 a Medicina e nei pressi di Massalombarda per raccogliere feriti.
Il 14, scartando il desiderio di amici che mi consigliarono di attendere gli alleati a Bologna, decisi di ripartire per il fronte ed andare invece io incontro all’avanzata: difatti a mezzogiorno una lettiga della Croce Rossa veniva verso la Romagna. Portavo con me una decina di kg. di medicinali e materiale da medicazione. A S. Lazzaro di Savena due apparecchi ci attaccarono rabbiosamente.
La lettiga si incendiò subito, gli autisti un po’ contusi ritornarono indietro; mentre io, quantunque ferito ad una spalla, volli proseguire. Giunsi a Castelsampietro alle 15 circa senza incidenti di sorta. Al posto di blocco, il solito controllo dei documenti. Attraversato il Sillaro, febbricitante per la ferita e stanchissimo mi rianimai guardando l’indicatore stradale che segnava 10 km. da Imola.
I tedeschi minavano la strada; distintamente si udiva il fragore della battaglia; gli apparecchi volteggiavano a bassa quota perlustrando indisturbati: mi ritenevo fuori pericolo… tedesco ormai, ma invece mi fu intimato l’alt!
Senza preamboli, una faccia da delinquente per professione, mi grida: “Partigiano” e mi largisce un paio di calci e di manrovesci. Tento sottrarmi alla violenza di quell’energumeno, mostrando permessi e indicando il bracciale della Croce Rossa, sul quale era stampata la mia qualifica di volontario per l’assistenza alle popolazioni del fronte. “Niente buono: tu pastore partigiano”. Gli rispondo nella sua lingua, richiamandolo al rispetto della croce rossa: segue una scarica di pugni e di urtoni…
Ricondotto a Castelsampietro, e chiuso in una stanzaccia dove bivaccavano alcuni militari, ebbi la sensazione che di là non sarei più uscito. Fui perquisito e derubato dei medicinali e del poco denaro che portavo con me. Dopo avermi somministrato, senza parsimonia, una buona dose di maltrattamenti, mi dissero a più riprese che mi avrebbero fucilato. Approfittando del diverbio sorto tra quei barbari per la spartizione del povero bottino, uscii sulla strada e con la gola bruciata dalla sete, insanguinato e barcolante mi incamminai più sollecito che potei verso Imola, dove giunsi alle 18.
Frastuono pauroso, fumo, scoppi, raffiche e schianto di spezzoni: la città è avvolta da un fragore assordante. Busso all’ospedale, chiuso per timore di qualche sorpresa nazista; grido le mie generalità e subito mi aprono: mi pare di udire campane a festa! Medici, personale, cittadini qui rifugiati pochi istanti dopo escono sul portone per applaudire la prima pattuglia che avanza: un ufficiale italiano della “Friuli” vedendomi con l’elmetto mi abbraccia con effusione.
Così a Imola terminava per noi la guerra. In questa città, entrati profughi la notte del 4 gennaio, eravamo stati accolti con una bontà superiore ad ogni immaginazione. Per vari mesi migliaia di infelici, cacciati dalle loro case distrutte, recanti, con la loro più squallida miseria, l’angoscia di lutti e di sofferenze indescrivibili, furono assistiti come tanti fratelli.

(da: Il Piccolo, 21 aprile 1946)

Don Vincenzo Poletti (al centro, in prima fila) con i colleghi e le allieve del Liceo Torricelli durante l’anno scolastico 1941-42 (foto tratta dal sito www. liceotorricelli.it).

Bibliografia essenziale:
-Relazione di Mons. Dr. Prof. Vincenzo Poletti, Aosta 4 febbraio 1976, tema: “Anselmo da Aosta, filosofo mistico”, con presentazione di Giuseppe Toni
-Dichiarazione rilasciata da Mons. Prof. Dr. Vincenzo Poletti, in Oddo Diversi, Dall’ultima trincea tedesca sul Senio, Castelbolognese 1943-1980, Imola Galeati, 1981
-Stefano Borghesi (a cura di), Antonio Bosi, un testimone diretto, in www.castelbolognese.org
-Vincenzo Poletti, Un anno fa al di là del Senio, in Il Piccolo, 21 aprile 1946

Si ringrazia Lucio Donati per la gentile collaborazione

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