In gita con la Murina
di Paolo Grandi
“Vai in gita? Viene la Murina? Allora vengo anche io, mi vado a segnare”. A Castello era facile ascoltare discorsi come questi prima di una gita perché avere Anna Negrini nel gruppo era un divertimento assicurato che triplicava se con lei venivano anche Tino Biancini (Tino d’Olga) e Giovanni Scardovi (Cavurì).
Il suo posto era in fondo al pullman, al centro, e di lì dirigeva la baldoria, perché proprio grazie a lei anche il più devoto pellegrinaggio si trasformava in baldoria.
Canzoni, balli, barzellette anche osè riempivano il lungo tempo del viaggio. Ad ogni sorpasso Anna si piazzava davanti alla vetrata posteriore del pullman e iniziava a fare la “sciantosa” ondeggiando le anche, alzando le gonne e spesso facendo vedere le mutande. L’autista che rispondeva col clacson aveva senz’altro gradito lo spettacolo! E che dire quando i pullman non avevano il servosterzo ed i tornanti delle strade alpine erano stretti e costringevano l’autista a fare manovra! Anna cominciava allarmata “Donn, donn, la curira la và indrì, donn u jè e buròn, adess andè tott zò!” poi continuava “andì tott davanti acsè a fasì manc pes da drì e forse la curira l’an và zò” e finalmente a manovra eseguita “Bravo autista!”.
Un giorno a Venezia, con don Cenni andammo a mangiare in un ristorante dietro piazza San Marco dove (strano a dirsi…) mangiammo anche bene ad un prezzo onesto e che, tra l’altro, non ho più ritrovato. A fine pranzo Anna si cimentò in un rumore proveniente dal profondo dello stomaco che riempì la sala e fece tremare il locale. Tutti si voltarono e lei, angelica: “Beh! Ho fatto il ruttino!” “E poi in Giappone questa è buona educazione, cum ch’a sì indrì la mi zent!”
Ma con Tino e Cavurì si apriva un vero e proprio teatrino. I tre recitavano la parte della famiglia: Tino, il babbo severo; Anna la mamma indulgente, Cavurì il figlio un po’ ritardato e balbuziente. La gente che incontravamo nelle gite spesso ci credeva e magari li fermava per avere informazioni tipo: “Ma vostro figlio è vecchio” “O sì signora –rispondevano loro- l’abbiamo avuto da giovani, tittavamo ancora!” oppure “sembra vecchio perché e timido ma è più giovane di quanto fa vedere!” e Cavurì in silenzio annuiva. Per l’anagrafe Cavurì era più vecchio essendo nato nel 1902, seguiva Tino del 1904 e Anna del 1914.
Ho in mente quella volta in piazza a Bolzano, al ritorno dal santuario di Pietralba, che loro recitavano come al solito la famiglia e Cavurì, vedendo un cane attraversargli davanti iniziò ad urlare “Mama, babb, guardì guardì, un canapè” indicando il cane. La frase era tra l’altro ambigua perché e canapè poteva indicare e can a pè, cioè il cane a piedi (che era appena passato) o il canapè cioè il letto singolo! La gente della piazza si voltò, noi ridevamo come dei matti e loro a recitare coi bolzanini la parte della famiglia! Un’apoteosi del comico.
Per qualche tempo anche Anna organizzò alcune gite strampalate come lei e dalle mete impossibili: una di queste era Montecarlo. Si partiva a mezzanotte e si rientrava alla mezzanotte successiva; un tour de force al quale tuttavia molti si sottoponevano: non partiva mai con posti vuoti!
Contributo originale per “La storia di Castel Bolognese”.
Per citare questo articolo:
Paolo Grandi, In gita con la Murina, in https://www.castelbolognese.org
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