La Preservazione dalla Peste e il culto della B.V. della Concezione
Nel corso del XVII secolo il territorio di Castelbolognese era ancora annesso alla Legazione di Bologna, il cui Reggimento eleggeva il Pretore e ne esercitava il governo laicale e civile, mentre l’ecclesiastico era amministrato dal Vescovo di Imola. Castelbolognese era noto soprattutto per aver dato i natali all’eminentissimo Cardinale Domenico Ginnasi, Decano del Sacro Collegio, morto a Roma all’età di 89 anni nel 1639. Un biografo del Ginnasi, l’abate castellano Cesare Mezamici, sottolineava la floridezza del sito e la civile convivenza, di cui Castello poteva godere nel ‘600: “…vi sono Monisteri di Religiosi, di Monache professe, e claustrali, molte Chiese, varie Confraternite, e per ricovero degl’Infermi, e de’ Pellegrini, l’Hospitale, e per sussidio de’ bisognosi, e de’ poveri il Monte della Pietà; oltre l’esser in sito ameno, fecondo, popolato e di aere salubre, vi habitano famiglie Civili, dovitiose, e nobili…”
Non si può tuttavia ignorare il generale livello di sottosviluppo della società italiana nel XVII secolo. Le misere condizioni in cui viveva gran parte degli abitanti delle città e della campagna, unite alla precaria situazione igienica e ai frequenti eventi bellici, perturbatori dell’equilibrio politico-sociale, rendevano le popolazioni meno resistenti alle malattie epidemiche. Tra queste sono da ricordare il tifo petecchiale e la peste, gravissimi flagelli che infierirono anche sugli abitanti della nostra regione, decimandoli, specialmente nel corso del XVI e del XVII secolo.
Negli anni 1629-1630, mentre tutta l’Europa era sconvolta dalla guerra dei Trent’Anni, la Romagna fu di nuovo esposta ad un’epidemia di peste bubbonica, rimasta celebre, perché fa da sfondo storico alle vicende dei “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni. Nell’autunno del 1629 la peste era comparsa nel Ducato di Milano, dove già si erano verificate una carestia e un’epidemia di tifo petecchiale. A disseminarla furono i Lanzichenecchi, mercenari tedeschi diretti all’assedio di Mantova: discesero dai Grigioni e seguirono la via del Lago di Como, fin dall’inizio della Valsassina; continuarono poi dalle terre di Lecco, lungo l’Adda e lasciarono ovunque profonde tracce dell’orribile male. L’epidemia segui perciò una delle strade di maggior traffico dell’epoca: colpì, oltre Milano, Bergamo, Mantova, Verona, Venezia; penetrò in Emilia da Parma a Bologna fino alle porte della Romagna e si placò poco oltre la linea del Santerno, senza risparmiare le città di Imola e di Lugo.
Nonostante le consuete “cautele e preservazioni” imposte dai Tribunali della Sanità, il flagello si diffuse e imperversò per quasi due anni senza remissione. A Milano, secondo i dati del Tadino, i morti sarebbero stati 183.000. Nei lazzaretti di Bologna, ove si segnalò l’opera assistenziale dei Padri Cappuccini, trovò la morte oltre un quarto della popolazione. L’approssimarsi del terribile morbo aveva gettato nel panico gli abitanti di Castelbolognese. Poiché nelle vicine località, colpite dall’epidemia, le misure prese dalle autorità non avevano sortito alcun effetto, la popolazione castellana, memore delle grazie ricevute in passato, confidò nell’aiuto divino. Per mezzo del magistrato ricorse al Vescovo di Imola, pregandolo di consentire una solenne processione coll’Immagine della B.V. della Concezione, che da antica data si venerava nella chiesa di San Francesco. Ciò avvenne il 15 giugno 1630. Da quella data, per trenta giorni consecutivi durante i quali incombeva più che mai il pericolo del contagio, l’Immagine della Madonna rimase scoperta, con l’esposizione del SS. Sacramento, ai fedeli di ogni età e condizione che impetravano con la preghiera, oltre alla remissione dei peccati, la grazia di essere preservati dal flagello della peste. Si tramanda oralmente (e se ne trova riscontro nell’ex voto tuttora conservato) che la Vergine Immacolata, per alleviare il popolo dal timore della morte, apparisse sulle mura del Castello, benedicendo il paese. Castelbolognese fu in realtà preservato dalla peste: anche se dalle campagne vicine giungevano notizie allarmanti ancora dopo il 1630, il centro abitato circondato dalle mura rimase sempre immune dal contagio. Ne abbiamo conferma, oltre che dall’ex-voto, dal libro dei morti, conservato nell’archivio parrocchiale di San Petronio, dove il numero dei decessi registrati nel 1630 è contenuto nei limiti della norma e nessuno di essi viene attribuito alla pestilenza (nel 1629 vi furono 28 decessi, nel 1630 ve ne furono 25 e nel 1631 solamente 12).
Verso la fine dell’estate, in seguito a un violento temporale, l’epidemia cessò quasi all’improvviso in tutte le regioni che ne erano state colpite, anche se il pericolo del contagio si protrasse ancora a lungo nel tempo. I Castellani vollero manifestare la loro gratitudine alla Patrona, decretando di allestire ogni anno, nel triduo della Pentecoste, solenni festeggiamenti religiosi e popolari: un impegno votivo, che dal 1631 ad oggi si è sempre rinnovato nella fedeltà alla devozione religiosa dei nostri avi espressa nell’epigrafe, che ancor oggi ricorda la Preservazione, presso l’altare dedicato alla Patrona nella chiesa di San Francesco.
Dopo il voto pronunciato per la Preservazione dalla Peste, l’Immacolata Concezione divenne il centro della pietà religiosa castellana. Tuttavia, essendo la statua risalente al XV secolo, è più verosimile ritenere che sia stata conosciuta e venerata fin da quell’epoca.
D. Alessandro Pompignoli
Testo tratto da: Il voto della Pentecoste e la tradizione religiosa castellana: studi e testimonianze. – Imola : Grafiche Galeati, 1981. (In testa al frontespizio: 350° anniversario della preservazione dalla peste, Castelbolognese 1631-1981.)
Alcune fotografie e didascalie sono tratte da: La Madonna di Castel Bolognese: storia, devozione, cronaca / a cura di Pier Paolo Sangiorgi. – Castel Bolognese: Itaca, 1993. – 95 p. : ill. ; 25 cm. (In testa al front.: Comunità parrocchiale di San Petronio.)
Lascia un commento