Giovanni Antonio Antolini (1753-1841)
Architetto e ingegnere
Cfr. M.GIULIA MARZILIANO, Giovanni Antonio Antolini, architetto e ingegnere (1753-1841), Gruppo Editoriale Faenza Editrice, Faenza-Bologna, 2000 prima edizione; 2003 seconda edizione.
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Giovanni Antonio nasce a Castel Bolognese nel 1753 da Giovanna Francesca Tagliaferri e da Gioacchino Antolini;(1) compie a Imola e a Bologna gli studi di ingegneria idraulica (2) e dopo il periodo di praticantato si stabilisce definitivamente a Roma (1775). Partecipa ai lavori per la bonifica delle Paludi Pontine (3) e, con spirito politecnico, si dedica alla osservazione e al rilievo delle architetture eminenti, manifestando la sua attenzione antiquaria per l’arte edificatoria classica e classicistica.
Egli stesso narra (4) di essere stato destinato architetto dal Cardinale di Jorck per il quale eresse alcuni edifici nella città di Frascati; fu l’architetto delle Commissioni Carrara e Vinci costituitesi per la gestione degli ospedali e degli orfanotrofi dell’Umbria: su incarico di Monsignor Vinci costruì l’orfanotrofio e gli ospedali di Fabriano, per il Cardinal Carrara progettò gli orfanotrofi e gli ospedali sia di Todi che di Perugia; a Bettona avrebbe progettato e diretto i lavori di costruzione della pescaia e del mulino per la Comunità, ambedue situati sul fiume Topino, affluente del Tevere.
Nel 1785 pubblicava la sua prima opera di letteratura architettonica intorno all’Ordine Dorico (5) e veniva insignito Accademico Clementino nella città di Bologna, a riconoscimento dell’autorevolezza culturale già pienamente delineata in ambiente romano dove, nel 1787, avrebbe partecipato al dibattito per la ricollocazione dell’obelisco di Psammetico II, detto “di Campo Marzio”, con una proposta progettuale utilizzante stilemi neo-egizi; dello stesso anno è la monumentale guglia di granito per la città di Pesaro. (6)
Raccomandato dal Cardinale Boncompagni e dal Cardinale Borgia, dal 1789 al 1791 Antolini è impegnato per la “Congregazione delle Acque” a Cannara (Perugia) nelle opere di rettifica dell’alveo del fiume Topino, progettando il taglio dell’ansa fluviale al fine di impedirne le esondazioni nei territori circostanti; contemporaneamente portava a termine l’elaborazione di una cartografia tematica della città di Assisi, in cui rileva gli andamenti e le diramazioni degli acquedotti della città, avendo parte in non meglio precisate operazioni architettoniche e idrostatiche effettuate dalla “Commissione Torretti”; successivamente, ancora in Assisi, progettava il palazzo Bini, il casamento Tini e il pubblico portico costruito in travertino (tutti realizzati sotto la sua direzione) mentre dall’Università di Catania riceveva l’incarico per la progettazione di un monumento, in bronzo e marmo, che avrebbe dovuto essere eretto sulla piazza principale di questa città.
In seguito, a ragione della notorietà raggiunta e della competenza dimostrata nel settore dell’architettura idraulica, fu chiamato a progettare e dirigere i lavori per la realizzazione di un ponte sul fiume Puglia, nel territorio di Todi (1792); quale consulente esperto nella causa giudiziaria promossa dalla famiglia Di Pietro venne incaricato di verificare le operazioni idrometriche per la bonifica di un vasto territorio situato alla foce del Tevere, denominato “Campo Salino”, del quale elaborò piante, sezioni, etc.; incaricato di valutare lo stato di un ponte sul fiume Tevere, a tale riguardo esibiva alla Comunità di Città di Castello sia un piano di ristrutturazione dell’esistente, sia un piano per la fabbricazione di un nuovo ponte da erigersi in sua sostituzione, progettando inoltre per la stessa Comunità due ponti in legno, (7) uno sul fiume Selce e l’altro sul fiume S. Giustino.
La frenetica attività di quel periodo registra l’adattamento dell’esistente mulino di Spello, nel quale Antolini si occupava di perfezionare tutti gli “ordigni idraulici”, e il progetto di ampliamento del palazzo Pianetti (1796) a Jesi, città in cui portava a termine la ristrutturazione interna nella chiesa della Madonna delle Grazie (1797); dalla Deputazione del Teatro nuovo, ancora a Jesi, avrebbe avuto l’incarico di redigere un progetto che venne realizzato sotto la sua assistenza e direzione (1798), mentre in sincrono gli veniva commissionata una proposta progettuale per un teatro da erigersi nella città di Camerino, e riceveva alcuni incarichi professionali a Faenza e a Castel Bolognese.
È datato al 1796 il primo documento che testimonia la presenza di Antolini nel territorio faentino, dove si occupò di rimettere in pristino lo stato di navigabilità del Canale Naviglio e di erigere, come monumento al Bonaparte, un Arco Trionfale; (8) nel contempo progettava la sistemazione interna del Palazzo Laderchi, il “Nuovo Borgo” (1797) e la villa di campagna dei Laderchi (1798), assumendo inoltre l’incarico per la ristrutturazione interna del palazzo Milzetti e per l’adeguamento funzionale della chiesa di S. Stefano che, sconsacrata, veniva destinata a ospitare il Circolo Costituzionale cittadino; nello stesso anno si trovava impegnato nella progettazione del nuovo Ospedale di Castel Bolognese. (9)
Nel giro di un biennio sarebbe stato dichiarato vincitore di tutti concorsi architettonici che la Repubblica Cisalpina aveva bandito per la realizzazione di una serie di monumenti commemorativi da erigersi in Milano,(10) ma in quegli anni era Roma il centro culturale preminente dove si stava consolidando il dibattito sul rinnovamento estetico, il centro culturale in cui si sperimentava anche una importante avanguardia di giovani pittori che, riuniti intorno a Felice Giani, davano vita alla nota Accademia della Pace: questo cenacolo di artisti (11) riconosceva nell’Antolini un riferimento culturale di indubbia autorevolezza e l’architetto romagnolo era considerato quale tramite tra l’ambiente culturale romano e quello milanese.
A far data dal 1798 si rafforzano ulteriormente i rapporti con le Istituzioni della città di Milano dove, nell’anno successivo, si stabilirà essendo stato eletto membro di una importante “Commissione delle Acque” della Repubblica: ha inizio il periodo milanese di Giovanni Antonio Antolini che, nominato componente di un organismo della Cisalpina, dopo appena qualche mese viene sollecitato a redigere una proposta progettuale per un ulteriore Celebrativo: il 16 dicembre 1800 consegna lo studio di massima del suo noto progetto per il Foro Bonaparte, presentato a Napoleone il 7 maggio 1801; non solo il progetto fu approvato,(12) ma ebbe una favorevolissima accoglienza anche tra i competenti e i dilettanti di architettura.
Poi designato architetto della fabbrica del Duomo di Milano, avrebbe ricoperto questo ruolo fino al 1803, anno in cui dava alle stampe il suo trattato sull’Ordine Corinzio;(13) nel settembre l’Amministrazione milanese decideva di accantonare definitivamente il progetto del Foro Bonaparte, mentre l’Accademia di Belle Arti in Bologna lo nominava Professore di Architettura, componente della Commissione Permanente di Architettura e della Commissione Permanente di Prospettiva; al principio del mese di novembre, sarebbe stato chiamato anche dall’Università di Bologna, dove gli veniva attribuita la Cattedra di Architettura (che terrà sino alla fatidica data del 1815).
Napoleone Bonaparte è Re d’Italia nel maggio del 1805 e subitamente Antolini è nominato Architetto Regio; con questa qualifica già dall’agosto viene inviato a Mantova per condurre la ristrutturazione interna e gli adeguamenti funzionali necessari ai Reali Palazzi e Palazzo Te, essendo designato Ispettore degli stessi; dal 1806 è annoverato tra i Professori onorari dell’Accademia di Belle Arti in Carrara ed è destinato Architetto Ispettore della Corona nei bolognesi Palazzi Caprara; nello stesso anno conclude per il Bonaparte la perizia estimativa e i lavori nella Villa Pisani a Strà (Venezia), e pubblica la Descrizione del Foro Bonaparte, dove chiarisce le sue intenzioni progettuali.
A Venezia, il giugno 1807 lo vede riconfermato nell’incarico per una proposta di adeguamento funzionale del palladiano Convento della Carità, da destinarsi a sede dell’Accademia delle Belle Arti, ma la proposta che non convincerà la committenza, fin dal principio non aveva destato gli entusiasmi dello stesso progettista; nell’ottobre di quell’anno dichiara terminati i lavori di manutenzione effettuati alla Biblioteca di S. Marco.
Nel novero dei progetti veneziani va assegnato un ruolo rilevante alla serie di riflessioni condotte intorno alla opportunità di trasformare il Palazzo Ducale in residenza per il Bonaparte: non ritenendo l’edificio adeguato allo scopo, in quella occasione Antolini indicava tale destinazione d’uso per le Procuratie Nuove, presentando un progetto di adattamento delle medesime; a questa prima indicazione progettuale ne fece seguito una successiva, con la quale si proponeva la demolizione della chiesa di S. Geminiano, su espressa richiesta del Vicerè, e un ulteriore terzo progetto (modulato secondo i desideri di Napoleone) che tuttavia non sarà realizzato poiché sembra non fosse sempre gradito quel suo peculiare comportamento improntato alla cautela, alla preoccupazione di contenere le alterazioni dell’assetto morfologico e strutturale del lato occidentale di Piazza S. Marco e delle aree adiacenti.
Come Architetto Regio dei Palazzi del Regno in Bologna, Modena e Mantova, successivamente Antolini sarà impegnato nelle opere di riadattamento del Palazzo Ducale di Modena (1811), mentre in sincrono prosegue nell’attività didattica e si appresta alla stesura delle Idee elementari di Architettura Civile per le Scuole del Disegno che saranno pubblicate nel 1813, periodo in cui si segnala anche l’inizio ufficiale della collaborazione di Filippo Antolini con il padre, chiamato a Milano quale membro della Commissione incaricata per la progettazione del monumento sul Moncenisio (1813).
Due anni dopo Giovanni Antonio progetta il “vasto edifizio della filatura de’ cotoni per il gran Cairo d’Egitto, che doveva contenere le numerose macchine a tal uopo inventate, fatte costruire e spedite dal celebre meccanico signor cav. Morosi” (Antolini, 1842, p. 346), e viene congedato, concludendo bruscamente il lungo periodo dell’insegnamento universitario; costretto per ragioni politiche ad allontanarsi da Bologna nel 1815, si trasferirà nuovamente a Milano.(14)
Quest’ultimo periodo è connotato da un grande dinamismo dell’Antolini, frequentemente in Lombardia, in Emilia Romagna, in Toscana: lavora alla stesura delle Osservazioni ed aggiunte ai Principii di Architettura Civile di Francesco Milizia (che, già ultimate nel 1816, saranno pubblicate in Milano nel corso dell’anno seguente) e hanno inizio i sopralluoghi nel territorio veleiate per l’organizzazione della sua campagna di rilievo architettonico, i cui primi esiti saranno dati alle stampe nel 1819. (15)
Nello stesso anno è chiamato a Brescia per la progettazione della cupola del Duomo nuovo poi realizzata su progetto del Cagnola. È particolarmente attivo in area lombarda, nel Bresciano e nel Comense; risiede a Milano (16) ma è frequentemente chiamato a Brescia per sovraintendere ai lavori di ristrutturazione interna progettati per il Palazzo di Teodoro Lechi (1821-1823) seguiti fino al dettaglio della definizione degli arredi, mentre nel contempo (1822) trascorre alcuni mesi a Varese e a Bellagio presso la residenza di Giovanni Serbelloni dal quale è sollecitato a fornire alcune proposte progettuali. Nel 1826 è a Milano, chiamato a far parte della Commissione giudicatrice del concorso per la Porta urbica orientale e qualche mese più tardi è presente in Romagna, dove dirige un cantiere in territorio cesenate.(17)
In questo periodo cura la riedizione milanese di tutte le sue opere (18) e già dal 1827 è in trattative con l’Amministrazione della città di Livorno, per la quale dovrebbe redigere alcuni progetti, contemporaneamente serrando proficui rapporti con l’ambiente della Corte Granducale di Toscana,(19) della quale era assiduo frequentatore da oltre un decennio.
Datano al 1832 e 1833 i suoi soggiorni di molti mesi a Livorno e a Firenze, ospite anche dell’architetto Pasquale Poccianti, impegnato nella realizzazione del Cisternone;(20) nuovi lunghi soggiorni e contatti professionali di Antolini, oramai ottantenne, sono testimoniati in territorio pisano (1834) e successivamente ancora a Firenze.
Per la propria formazione di architetto integrale, Giovanni Antonio Antolini aveva saputo destare l’appassionata ammirazione di tanta committenza anche internazionale (21) e, sebbene la sua competenza professionale si fosse a lungo misurata all’interno della prassi architettonica, fondamentale è l’attitudine che egli dimostra per la riflessione teorica espressa nella compilazione di una rigorosa trattatistica con finalità didattiche e pratico-divulgative, che sarà continuamente aggiornata fino al 1832.
Nella sessione del 4 marzo 1839, veniva nominato Socio d’Arte “per acclamazione” dell’I.R. Accademia della Belle Arti di Milano, nella quale già dal giugno 1801 era stato dichiarato Socio del Corpo Accademico con atto del Governo.(22)
Morì il giorno 11 marzo 1841 all’età di 87 anni e 6 mesi, e fu sepolto il 14 marzo a Bologna, nel cimitero della Certosa.(23)
TITOLI E RICONOSCIMENTI DI G.A.A.
- Accademico d’Onore dell’Accademia Clementina dell’Istituto delle Scienze e delle Belle Arti di Bologna;
- Accademico d’Onore della R. Accademia di Belle Arti di Carrara;
- Accademico d’Onore dell’Accademia di Belle Arti di Parma;
- Accademico fra i Professori dell’Accademia delle Belle Arti di Firenze;
- Insignito da S.A.I. e R. il Granduca di Toscana con l’Ordine al merito di S. Giuseppe;
- Membro della Accademia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti;
- Membro Corrispondente dell’Accademia Reale delle Belle Arti dell’Istituto di Francia;
- Socio Corrispondente dell’Accademia del Subasio in Assisi;
- Socio Corrispondente della R. Accademia delle Belle Arti di Napoli;
- Socio d’Arte per acclamazione della I.R. Accademia delle Belle Arti in Milano;
- Socio Onorario della I.R. Accademia delle Belle Arti in Milano;
- …“e Socio di varie altre d’Italia” (Antolini, 1828, 1829, 1831, frontespizi).
LETTERATURA ARCHITETTONICA PRODOTTA DA G.A.A.
L’ordine dorico, ossia il Tempio d’Ercole nella città di Cori umiliato alla Santità di N. S. Papa Pio VI, Roma, 1785 (2a edizione, Milano, 1828);
Prospetto della Gran Piazza e Tempio Vaticano, Roma, 1789; (24)
Piano economico-politico del Foro-Bonaparte. Presentato coi Disegni al Comitato di Governo della Repubblica Cisalpina il dì 25. Frimale anno IX. Repub., Milano, 9. Brumale anno X. Repubblicano;
Disegni del Foro Bonaparte in 24 gran tavole, calcografia Antolini, 1802;
Il Tempio di Minerva in Asisi confrontato colle tavole di Andrea Palladio, Milano, 1803 (2a edizione, Milano, 1828);
Descrizione del Foro Bonaparte, Parma, 1806;
Idee elementari di Architettura Civile per le scuole del disegno, Bologna, 1813 (2a edizione, Milano, 1829);
Osservazioni ed aggiunte ai Principii di Architettura Civile di Francesco Milizia, Milano, 1817 (2a edizione, Bologna, 1827-1828); (25)
Le rovine di Veleia misurate e disegnate, Milano, 1819-22 (2a edizione, Milano, 1831);
Principj di Architettura Civile di Francesco Milizia, prima edizione milanese illustrata per cura del professore architetto Giovanni Antolini, Milano, 1832;
Biografia dell’architetto Giovanni Antonio Antolini, scritta da sè medesimo, in: «Giornale Arcadico di Scienze, Lettere ed Arti», tomo XCI, Roma, 1842.
NOTE
(1) Segretario comunale e notaio.
(2) Da alcuni curricula manoscritti conservati presso la Biblioteca Comunale di Forlì – Raccolta Piancastelli, Romagna Carte, Autografi (da ora abbreviati in BCFo) si apprende che suoi maestri furono Virgilio Baruzzi e Nicola Codronchi. Antolini compie il corso filosofico matematico presso l’Archiginnasio di Bologna (da ora BCBo), dove ottiene il grado di Ingegnere Architetto. Quest’ultima annotazione sulla biografia antoliniana è contenuta in un documento manoscritto dal bibliotecario dell’Archiginnasio; senza data, ma riferibile agli ultimi anni del XIX secolo (in considerazione dell’ordinamento della Sezione Ritratti, che risulta completata verso il 1910) il documento è allegato alla incisione all’acquaforte, su disegno di Maria Antolini, conservata presso il Gabinetto Disegni e Stampe.
(3) Dal 1775 al 1777, sotto la direzione del Rapini; in seguito dovette abbandonare l’incarico poiché colpito da febbri malariche.
(4) Nei puntuali curricula manoscritti che, come già annotato, sono custoditi presso la Biblioteca Comunale di Forlì.
(5) L’Ordine Dorico ossia il Tempio d’Ercole nella città di Cori umiliato alla Santità di Nostro Signore Papa Pio Sesto da Gio. Antonio Antolini architetto, in Roma, nella stamperia Pagliarini, 1785.
(6) Anche per questo progetto avrebbe ottenuto l’apprezzamento del Pontefice che gli accordava un nuovo contributo finanziario.
(7) Uno di legno e di un solo arco di singolar costruzione” (BCFo, Romagna Carte, Autografi, 25/91); “di legno di una nuova maniera di contrasti” (ivi, 25/92); “di una nuova maniera di legno” (ivi, 25/93).
(8) Inaugurato nel 1797, l’Arco fu poi abbattuto dagli Austriaci (1799); successivamente venne iniziata la sua riedificazione (1800) mai condotta a termine, e quindi nuovamente demolito.
(9) La costruzione dell’edificio venne eseguita sotto la direzione del fratello Paolo, suo collaboratore e costante collegamento con la committenza romagnola. La prima pietra fu posta nel 1802, le parti strutturali e la copertura della fabbrica ebbero termine nel 1803, ma l’Ospedale fu ultimato e solennemente inaugurato nel 1813.
(10) Da certa odierna storiografia Giovanni Antonio Antolini è riconosciuto essere l’architetto “ufficiale della Rivoluzione”.
(11) Vincenzo Balestra, direttore dell’Accademia della Pace in Roma fu scolaro e cognato dell’architetto Antolini.
(12) Il progetto del Foro Bonaparte non sarà realizzato “sebbene incominciata e solennemente posta fosse la prima pietra fondamentale” (Antolini, 1817, p. 137). Per l’approfondimento delle pur note vicende si rimanda alla bibliografia specifica.
(13) Il Tempio di Minerva in Assisi confrontato colle tavole di Andrea Palladio Architetto di Vicenza da Giovanni Antolini architetto, Milano, dalla Stamperia di G.G. Destefanis, 1803; l’opera di letteratura architettonica prende in esame gli aspetti del rilievo archeologico mettendo in luce alcuni errori, anche di restituzione grafica, compiuti dal Palladio
(14) Nel 1816 è con Pelagio Palagi, anch’egli bolognese, che dall’anno precedente aveva aperto una Scuola d’Arte a Milano.
(15) Le Rovine di Veleia misurate e disegnate da Giovanni Antolini Professore di Architettura, Milano, Società Tipografica de’ Classici Italiani, 1819; la seconda parte dell’opera sarà pubblicata tre anni dopo, per i medesimi Tipi.
(16) La sua abitazione milanese è presso la Casa Bussi, in Contrada Delle Meraviglie.
(17) Nel 1827 afferma di non poter accettare un incarico che il forlivese Pietro Paolo Petrignani desidera affidargli, giustificando il rifiuto con i numerosi impegni che lo avrebbero condotto prima a Bologna e successivamente a Milano (BCFo).
(18) Il Tempio di Ercole in Cori, edizione seconda emendata in vari luoghi ed accresciuta di tavole. Milano, 1828; Il Tempio di Minerva in Asisi confrontato colle tavole di Andrea Palladio, edizione seconda emendata ed accresciuta di una disamina d’altri antichi monumenti. Milano, 1828; Idee elementari di Architettura Civile per le scuole del disegno, edizione seconda accresciuta di un’Appendice. Milano, 1829; Le rovine di Veleia, edizione seconda. Milano, 1831; Principj di Architettura Civile di Francesco Milizia, prima edizione milanese illustrata per cura del professore architetto Giovanni Antolini. Milano, 1832. Nel 1833 è in trattative con l’editore Schieppati per la riedizione dei disegni del Foro Bonaparte; il manoscritto e le tavole sono conservate presso BCBo, Archiginnasio, Gabinetto Disegni e Stampe, car. 9, nn. 1342-1344.
(19) Il Granduca lo onora con il prestigiosissimo “Ordine di S. Giuseppe”.
(20) Nel prospetto principale dell’edificio sono esibite marcate affinità con il progetto delle Terme antoliniane nel Foro Bonaparte.
(21) Operatore colto e incisivo, nel periodo romano sarà riferimento per una committenza di aristocratici europei: incaricato dal Duca di Curlandia (Provincia del Baltico nella Russia detta Europea) per la progettazione della facciata del Palazzo di Corte e della Cappella Ducale a Mitau (ora Jelgava, Latvia); dal Conte Weltem di Bruxelles; dal Conte di Rewenlou di Copenhagen; dal Conte Offemberg della Slesia prussiana, etc. Occorre annotare come la committenza privata, dall’Antolini ritenuta “minore” (Serbelloni, Pianetti, Milzetti, etc.) non fosse oggetto di attenzione puntuale nella compilazione dei suoi curricula nei quali liquida assai sinteticamente questi episodi, affermando solo che: “vari altri disegni fece per fabbriche nella Lombardia e Romagna; alcune delle quali furono eseguite colla sua direzione” (Antolini, 1842, p. 345).
(22) Repubblica Cisalpina, 15. Pratile, Anno IX. Repubblicano.
(23) Lasciano davvero perplessi le vicende che riguardano la tumulazione di Giovanni Antonio Antolini, risultanti da una mia indagine condotta presso gli archivi della Certosa di Bologna. Egli ebbe sepoltura “provvisoria” in nicchia dal 1841 al 1859; in questa data, quando il nipote Federico acquistava una modesta tomba a seguito del decesso del proprio padre Filippo, gli Antolini vennero riuniti nello stesso sepolcro, tuttavia la lapide voluta da Federico tributa onori al solo ricordo di Filippo e nessun altro nome vi è inciso.
(24) Antolini non fa mai cenno, neppure nei suoi curricula, a questa pubblicazione che risulta introvabile (e sconosciuta ai bibliotecari consultati); è tuttavia segnalata da alcuni storiografi.
(25) Per cura di Anton Maria Cardinali ha inizio nel 1826 (a Bologna, dalla Stamperia Cardinali e Frulli) la pubblicazione delle Opere complete di Francesco Milizia risguardanti le Belle Arti e l’impresa editoriale si svolge in un arco di tempo di tre anni, in cui sono dati alle stampe i nove tomi dell’opera omnia.
Del 1827 (nel tomo VI la parte prima e nel tomo VII la parte seconda) e del 1828 (nel tomo VIII la parte terza) sono i Principii di Architettura Civile di F. Milizia, edizione arricchita di note ed aggiunte importantissime dove si è proceduto alla re-impaginazione delle Osservazioni ed aggiunte antoliniane, ora collocate a piè di pagina come note integrative al testo del Milizia. Appena qualche anno dopo (1832) verrà pubblicata la prima edizione milanese dei Principj di Architettura Civile di Francesco Milizia, prima edizione milanese illustrata per cura del professore architetto Giovanni Antolini il quale con più mature riflessioni ha riformate le note già edite, ed aggiunte quarantatre osservazioni tutte nuove; ed un metodo geometrico-pratico per costruire le volte” (Antolini, 1832, frontespizio).
Testo di Maria Giulia Marziliano per castelbolognese.org
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