Giovanni Santandrea (1859-1926)
Nasce a Castel Bolognese (RA) il 3 agosto 1859 da Luigi e Maria Zaccarini, ferroviere. Frequenta la terza classe elementare. Aderisce in gioventù all’anarchismo, ed è uno dei più attivi militanti castellani della generazione della Prima Internazionale. Risulta essere già anarchico quando viene assunto nelle Ferrovie nel 1880. A Castel Bolognese gode di discreta influenza tra i suoi compagni, e le fonti di polizia già relativamente agli anni Ottanta lo definiscono “molto fanatico per il partito socialista-anarchico” di cui sarebbe “uno dei caporioni” a livello locale. È intimo degli anarchici castellani Raffaele Cavallazzi e Michele Fantini, del repubblicano e garibaldino Giovanni Emiliani e di Andrea Costa, e anche in seguito, quando dovrà allontanarsi dal paese per un lungo periodo, si manterrà in contatto con loro. Considerato dalle autorità “alquanto intelligente” anche se fornito di poca cultura, risulta essere un assiduo lavoratore che trae il sostentamento dal proprio lavoro e che “si comporta bene” verso la famiglia. Anarchico è anche uno dei due fratelli, Pietro, destinato a una sorte tragica: morirà suicida nel 1890 per evitare il servizio militare, e gli anarchici romagnoli ne faranno un simbolo delle loro campagne antimilitariste (cfr. “I Miserabili”, Imola, n.u., 5 ottobre 1890). Un terzo fratello, Domenico, è invece socialista. Dopo il suo ingresso nelle Ferrovie (inizialmente come facchino, poi come manovale e deviatore), S. svolge una intensa attività di propaganda, specialmente indirizzata ai suoi compagni di lavoro. Partecipa agli scioperi, aderisce al combattivo Sindacato Ferrovieri Italiani (SFI), autonomo dalla CGdL e in cui sono presenti numerosi anarchici e sindacalisti rivoluzionari, e ne diviene il responsabile locale. La sua attività lo rende inviso ai superiori e alle autorità, e per punizione a partire dal 1883 circa viene ripetutamente trasferito per lavoro in Stazioni diverse: a Villa Savio (RA), poi a Ravenna, a partire dal 1895 a Montemarciano (AN), infine a Rimini. Durante la permanenza a Ravenna il Prefetto segnala l’assiduità con la quale fin dal 1892 frequenta i più noti anarchici locali, tra i quali vengono citati Ludovico Nabruzzi, Antonio Lanzoni, Emanuele Dradi, Caio Ghirardini, Salvatore Cicognani. A causa dei trasferimenti della famiglia (è sposato con Filomena Maddalena Santandrea) quasi tutti i 7 figli, di cui quattro sono maschi e tre femmine, risultano nati in località diverse. Sotto l’influenza del padre e a contatto con i compagni che frequenta, i quattro figli maschi diverranno tutti anarchici in giovanissima età (si distingueranno per la loro attività militante soprattutto Giuseppe, Pietro e Libero, mentre Teo preferirà rimanere sempre ai margini del movimento, pur condividendone gli ideali). Riesce a tornare definitivamente a Castel Bolognese solo nel 1900. Continua a frequentare le riunioni e la compagnia degli anarchici, ma con gli anni riduce progressivamente la sua attività, e dal 1914 non è più considerato pericoloso. Dopo la Prima Guerra mondiale e l’avvento del fascismo la casa in cui vive è oggetto più volte di perquisizioni domiciliari da parte della forza pubblica, ma in dipendenza ormai più della presenza dei figli che della sua. Muore a Castel Bolognese il 29 settembre 1926.
FONTI: ACS, CPC, ad nomen; BLAB, Intervista a Giuseppe Santandrea (registrazione fonica) a cura di G. Landi, Castel Bolognese, 21 giugno 1984; ivi, Fondo Anarchici castellani.
BIBLIOGRAFIA: A. Taracchini, L’associazionismo anarchico a Castelbolognese, in Associazioni e personaggi nella storia di Castelbolognese, Imola, Galeati, 1980; Il movimento anarchico a Castelbolognese (1870-1945), Castel Bolognese, Grafica Artigiana, 1984.
Gianpiero Landi
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