10 marzo 1944: 80 anni fa il primo bombardamento di Castel Bolognese
di Paolo Grandi
Fino all’autunno del 1943 la guerra, che pur infuriava da più di tre anni, rimase lontano da Castel Bolognese. Quell’8 settembre nel quale gli altoparlanti e la radio annunciarono l’armistizio diede alla popolazione la speranza in una prossima fine del conflitto; ma il peggio per l’Italia tutta doveva ancora arrivare e quella gioia durò quanto un fuoco di paglia.
Anche a Castel Bolognese negli anni della guerra uomini e donne avevano donato le “fedi” di matrimonio per l’oro alla Patria poi gli oggetti di rame per uso domestico; infine nel maggio del 1943 toccò alle campane delle chiese che furono requisite per fonderne il bronzo a favore dell’industria bellica.
Proprio in quel settembre 1943 dal nord Italia scesero molti soldati tedeschi che si impossessarono delle città ed anche Castel Bolognese. Qui, racconta Maria Landi: arrivarono un’automobile ed una motocicletta con alcuni ufficiali i quali diedero le consegne e condizioni al Podestà, ai Carabinieri, al personale della ferrovia. Era la prima volta che gli elmetti germanici apparivano tra di noi e poco a poco occuparono ogni spazio ed ogni casa.
Fu imposto il coprifuoco, cosicché la Messa di Natale fu celebrata in un San Petronio semibuio alle diciassette del 24 dicembre, seppur animata dai soldati tedeschi che cantarono Stille Nacht, fra le reminiscenze del “Sant’Ambrogio” di Giuseppe Giusti. Ma il nuovo anno era carico di venti di guerra.
Il 14 febbraio 1944, poco dopo le ore 13, preceduto dal passaggio di un nugolo di aeroplani anglo-americani, si udì un formidabile scoppio che terrorizzò tutta la popolazione. Per sfuggire alla caccia tedesca essi liberarono nove bombe che caddero e scoppiarono in mezzo ai campi presso la località “La Selva” in comune di Imola, poco oltre la Torretta, senza apportare danni all’infuori di qualche vetro frantumato.
Ma il 10 marzo, come ricorda don Antonio Garavini nella cronaca parrocchiale (1), Castel Bolognese ebbe il suo battesimo del fuoco: la sera verso le 22.20 si udì uno scoppio che fece tremare tutti i vetri e dopo dieci minuti un altro più forte e più prossimo. Il primo era avvenuto nella vicina stazione ferroviaria di Faenza, il secondo nel nostro Borgo, quest’ultimo fortunatamente senza vittime. Un autocarro che stazionava nel Borgo coi fari accesi fu mitragliato da un aereo alleato; il bersaglio fallì perché il camion restò illeso ma i proiettili caddero sopra le ultime case del Viale dei Cappuccini abitate tutte da operai. Le schegge si conficcarono nei muri e si sparsero un po’ dovunque. L’unico danno un po’ sensibile, oltre una buona dose di spavento, fu la caduta di alcune pietre dentro la stanza del giovane barbiere Peppino Roda, degente a letto da parecchi mesi per il mal di cuore. Esse caddero proprio vicino al letto, senza minimamente toccarlo. Da quella notte le poche luci pubbliche schermate furono spente, e il buio più completo regnò in tutto la città.
Pochi giorni dopo, il 22 marzo e per la prima volta, verso le 14,30 suonò l’allarme anche a Castel Bolognese mediante la campana maggiore dell’Arcipretale, salvatasi dalla requisizione. Poco dopo, proveniente da est, passò in più ondate a quota altissima una fitta formazione di apparecchi anglo – americani in direzione ovest, valutata tra i 200 ed i 400 velivoli. Si accese sul cielo della città una lotta tra un apparecchio alleato ed un caccia tedesco che ebbe la peggio, fu abbattuto e precipitò in aperta campagna presso il monte della Giovannina vicino a Campiano. Il pilota si salvò col paracadute, andando a finire alla Serra. La popolazione, terrorizzata, in parte fuggì in aperta campagna, altra si rifugiò nei sotterranei. I negozi rimasero chiusi per più ore e rari passanti si videro per le strade. Poi, allontanatisi gli apparecchi, come se fossero a poca distanza, rintronarono i colpi delle bombe, scuotendo fragorosamente le vetrate e perfino il suolo. Sulle 17 vi fu il ritorno della formazione aerea che attraversò il cielo senza conseguenze, così la popolazione con un senso di sollievo ma sempre in preda a un certo panico tornò alle case e alle proprie occupazioni. Di lì a poco il campanone di San Petronio a distesa diede il segnale del cessato allarme.
(1) In realtà nella cronaca parrocchiale, probabilmente scritta qualche tempo dopo nel marasma che stava travolgendo il paese, don Garavini data il primo bombardamento all’11 marzo 1944. La vera data è il 10, come riporta Il Piccolo del 19 marzo che descrive la parte dell’episodio avvenuta a Faenza:
“Faenza subisce la prima incursione aerea.
Circa le ore 22,15 di venerdì 10 corrente un aereo nemico [sic!] sorvolando la stazione ferroviaria lasciava cadere una bomba sul deposito macchine colpendo una locomotiva in pressione che scoppiava di schianto. Si sono avuti danni materiali, crollo di parte del fabbricato e del muro di cinta di fronte alla strada di San Silvestro e rottura di vetri e porte in stabili prospicienti e retrostanti la stazione stessa. Soprattutto si sono avuti a lamentare otto feriti e tre morti nelle persone dei ferrovieri Calderoni Domenico, Cecotti Armando e Maraci Enrico. Alle rimpiante vittime del dovere la cittadinanza, raccogliendo l’invito fattole con pubblico manifesto dal Commissario Prefettizio, ha tributato funerali imponentissimi”.
Domenico Calderoni è sepolto nel cimitero di Castel Bolognese. Nativo di Ravenna, risultava residente a Bologna ma, probabilmente, era domiciliato a Castel Bolognese
(nota a cura di Andrea Soglia)
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